“Volevano distruggermi. Il processo è stato ingiusto, non sono un imprenditore” – .

Eminenza Giovanni Angelo Becciu, perché ha deciso di parlare?
«Perché di fronte all’ingiustizia non dobbiamo tacere. La Bibbia dice di non lasciar tramontare il sole senza che venga fatta giustizia al povero defraudato. Era considerato un peccato che gridava vendetta davanti a Dio. E da quasi quattro anni sono stato defraudato del mio onore, del mio ministero episcopale e della mia serenità. È molto più di un tramonto».

Non pensa che la sua storia segni un cambio di fase, in cui l’uso disinvolto del denaro in Vaticano non è più consentito? La condanna per appropriazione indebita e frode in prima istanza parla chiaro.
“Non ho commesso alcuna frode o appropriazione indebita e lo grido a gran voce. In un processo bisogna trovare i responsabili di chi ha fatto un uso incontrollato del denaro. E soprattutto di chi ha commesso un reato. Nego di essere stato tra questi, ho agito sulla base di quanto studiato e proposto dai nostri uffici. Inoltre, l’investimento della somma è stato autorizzato dal mio Superiore, l’allora Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone.”

Eppure si ha la sensazione che con Francesco cerchino una trasparenza che punisca comportamenti precedentemente abituali. Non lo dicono forse gli investimenti nel palazzo vaticano a Londra?
«Non so se i comportamenti a cui ti riferisci fossero abituali, in ogni caso non mi occupavo di investimenti. Come sostituto avevo molto altro a cui pensare. Per la Segreteria di Stato c’era un ufficio apposito che si occupava di questa materia e mi sono limitato a seguire le loro indicazioni. Inoltre l’ufficio mi ha presentato come più vantaggioso per la Santa Sede l’investimento che comprendeva anche il Palazzo di Londra. Dov’era il crimine? Ho forse ottenuto un vantaggio personale? Nessuno! E poi attenzione, quando la Segreteria di Stato ha deciso di acquistare l’intera proprietà del Palazzo, io non ero più il Sostituto”.

Non ha sottovalutato il fatto che certi comportamenti, quando c’è un processo, non sono più considerati legali?
«Se vuoi dire che oggi abbiamo una magistratura vaticana dotata di una sorta di imperatività, forse. Da anni si sentono notizie di processi, e poi processi. Ma l’immagine di una Santa Sede coinvolta in ogni momento nei processi porta a credere che il Vaticano sia composto da persone dedite al male. E questo non contribuisce alla sua reputazione positiva”.

Forse anche casi come il tuo non contribuiscono.
«In effetti mi addolora, ma con il processo a mio carico il Vaticano ha perso un’occasione unica per mostrare al mondo come amministrare la giustizia rispettando i diritti degli accusati. Mi ha fatto male essere stato presentato come un cardinale imprenditore. Non sono. Non è mai entrato nelle mie tasche un centesimo e il processo lo ha ampiamente dimostrato. Non ho disonorato il Vaticano, ho dato la vita per la Chiesa, servendola in tutto il mondo, nelle diverse nunziature, con dedizione e impegno”.

È rimasto sorpreso dai controversi quattro riscritto del Papa con il processo in corso?
«Che io sia rimasto sorpreso ha poca importanza, ma è grave che due dei più illustri canonisti del mondo siano stati molto critici fino a mettere in dubbio la validità dei quattro documenti. Ciò che mi ha sorpreso soprattutto è stato il cambiamento della regola sul Tribunale chiamato a giudicare cardinali e vescovi. Una regola ad hoc!»

Ha detto che si sentiva svantaggiato come imputato.
«Certo, ma l’ho accettato dal Papa. Il Santo Padre mi ha detto di sottopormi al giudizio con calma, perché sarebbe stato il modo migliore per dimostrare la mia innocenza. Purtroppo il processo non ha soddisfatto le aspettative di Papa Francesco e ha finito per non accertare la verità. E poi non c’è stata parità tra le parti, perché sono stato l’unico a entrare in Aula con una “condanna”, quella di chi era già stato privato delle prerogative cardinalizie e presentato come colpevole da una violenta campagna mediatica di dimensioni mondiali».

Hai scritto che il processo era «la fossa del Vangelo». Non pensi che sia un’esagerazione?
“No, non è stata un’esagerazione. Mi dispiace sottolinearlo, ma in un processo in cui non ho sentito che si cercava la Verità, non è stata osservata la carità, non è stato mostrato rispetto per gli altri, sono stati pronunciati falsi giuramenti, è stata fatta calunnia, non ho trovato il Vangelo.”

Forse l’ha resa negativa anche la registrazione della telefonata con Francesco fatta a sua insaputa. Qualcosa di serio, non credi?
«Sono corsa subito da Papa Francesco per spiegarmi e scusarmi. E lui ha capito. Ero disperata e la disperazione dell’imputato innocente è ancora più drammatica. Il Papa era uscito da poco dall’ospedale e giravano voci allarmanti sulle sue condizioni di salute, con il processo che incombeva. Non volendo indicarlo come testimone, gli ho chiesto se poteva mettere per iscritto le cose che solo lui e io sapevamo: che mi aveva autorizzato a mediare per la liberazione di una suora colombiana in Mali. Mi ha chiesto di scrivere la lettera che poi gli ho inviato. Ma in risposta ne ho ricevuta una dura, severa, firmata da lui ma con un linguaggio che non era il suo, in cui non lo riconoscevo. Ho avuto dei dubbi. L’ho richiamato, perché era la mia unica salvezza. E ho registrato la nostra conversazione. Ma non ho mai utilizzato quella registrazione, né l’ho resa pubblica».

Ed è stato usato contro di lei. Ma il silenzio degli altri cardinali per lei non è un brutto segno?
«Sono passato dalla fase del lebbroso isolato a quella in cui durante il processo, quando si cominciava a capire che le accuse erano tutte inconsistenti, ho ricevuto un crescendo di manifestazioni di solidarietà».

Molto privato, però.
“Al Concistoro ho avuto un’accoglienza cordiale. Ho scritto in una lettera che avrei voluto una difesa forte, ma soprattutto dopo un atto d’accusa offensivo. Non si tratta così un cardinale, anche se è accusato, è innocente fino a prova contraria. Non dovresti trattare nessuno così”.

Quando arriveranno le motivazioni della sentenza?
“Non lo so ed è difficile prevederlo.”

Il processo di appello potrebbe iniziare con il Giubileo del 2025.
«Sarebbe bene che arrivasse prima. Altrimenti temo che sarebbe un danno enorme per la Chiesa e per il Giubileo stesso».

In caso di amnistia, accetteresti di essere graziato dal Papa?
«Sinceramente non penso all’amnistia o alla richiesta di grazia. Spero che la Corte d’appello riconosca la mia innocenza. Sai che non riesco ancora a capire di cosa sono stato accusato e condannato?»

Niente da rimproverare alla consulente di intelligence Cecilia Marogna per aver speso soldi in beni di lusso?
“Ho sempre agito in buona fede e perseguendo un obiettivo nobile. Sono stato condannato per aver frodato il Papa in questa vicenda: è un’assurdità totale. Quella era un’operazione umanitaria concordata con il Papa e sono stato autorizzato da Lui a portarla a termine.”

Resta il mistero sul perché il 24 settembre 2020 sia entrato al Papa da cardinale e ne sia uscito da ex.
“A dire il vero, non me ne sono andato da ex cardinale, ma con la sospensione delle prerogative cardinalizie. Purtroppo, qualcuno ha detto al Papa tante falsità contro di me, dopo sette anni di rapporti leali e sinceri. Per me, resta un buco nero. Dovevano distruggermi, senza processo. Speravano che mi ritirassi in Sardegna, senza combattere. Ma non l’ho fatto e non lo farò. Griderò al mondo la mia innocenza con la forza della verità. Una forza interiore che è ancora più forte da quando sono stato condannato.”

Ti senti ingannato?
«Non dal Papa, ma dal modo in cui sono stato ingiustamente catapultato in questo processo. Proprio durante il processo è emerso che era stata ordita una congiura da due signore per spingere monsignor Alberto Perlasca, che era stato accusato nella vicenda degli investimenti, a incriminarmi. Cosa possiamo dire allora dei messaggi inviati dalla signora Genoveffa Ciferri al Promotore di Giustizia coperti di “omissione” dall’accusa? Sono 126, di cui siamo riusciti a leggerne solo 6. Perché? È diritto della difesa averli in mano. Tra le altre cose che non so spiegare è perché si sia avverata la profezia fattami dalla suddetta signora in tono minaccioso nel luglio 2020 e confermata nel processo, che avrei perso di lì a poco il cappello cardinalizio e che monsignor Perlasca sarebbe stato pienamente riabilitato in Vaticano!»

hai una domanda?
“No, ma resta una storia inquietante.”

 
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