Kamala Harris e il vicolo cieco dei Democratici – .

Kamala Harris e il vicolo cieco dei Democratici – .
Kamala Harris e il vicolo cieco dei Democratici – .

Dopo la prestazione disastrosa del presidente americano Joe Biden nel dibattito televisivo contro il suo avversario Donald Trumpdiverse voci si sono levate nell’opinione pubblica americana – tra cui quella del New York Times – che chiedono all’occupante 81enne della Casa Bianca di fare un passo indietro e dimettersi prima convenzione Partito Democratico di Chicago il 19 agosto. Lo staff del presidente ha già smentito quest’ultima ipotesi: in altre parole, Biden non ha alcuna intenzione di ritirarsi dalla corsa, anche se la pressione mediatica potrebbe aumentare nel corso delle prossime settimane.

Perché Harris non è una carta vincente

I repubblicani della Camera hanno chiesto di invocare il 25° emendamento, un articolo – richiamato, almeno in parte, più volte nella storia americana – secondo il quale il presidente “non è in grado di esercitare i poteri e i doveri” del suo ruolo, consentendo così al vicepresidente Kamala Harris assumere la carica di presidente. Al netto delle suggestioni che vedono il centro Michelle Obama o il governatore della California Gavin Newsom, il vicepresidente è l’ipotesi più concreta e credibile per i democratici nel caso in cui Biden dovesse cambiare idea e ritirarsi. Il presidente americano potrebbe infatti chiedere agli oltre 4mila delegati che lo hanno sostenuto alle primarie di convogliare i loro voti su Harris. Un passo che sarebbe facilitato da Biden se dovesse dimettersi prima della convention di agosto.

Il flop del vicepresidente

C’è un problema: Kamala Harris ha ampiamente deluso le aspettative negli ultimi anni alla Casa Bianca al fianco di Joe Biden ed è molto impopolare: il suo indice di gradimento, infatti, è stabilmente sotto il 40%secondo la media CinqueTrentotto“I suoi sondaggi – nota il New York Times – sono rimasti ostinatamente bassi, in linea con quelli di Biden. E ancora l’anno scorso, alcuni democratici si preoccupavano in privato che lei fosse un peso per la campagna elettorale”. Gli elettori si chiedevano dove fosse finita la Harris che avevano incontrato durante la campagna presidenziale del 2020 o durante il suo mandato da senatrice.

In passato, questo non è sempre stato il caso per i vicepresidenti degli Stati Uniti: Dick Cheney ha gestito sostanzialmente la politica estera di George W. Bush, mentre lo stesso Joe Biden, con Barack Obama, ha avuto la possibilità di brillare. Kamala Harris no: è sempre rimasta nell’ombra e questo può pesare molto in una prospettiva futura. Come spiega UsaTodaysecondo la media di RealClearPolling Harris sarebbe in una posizione di svantaggio ancora maggiore rispetto a Biden se dovesse candidarsi contro Donald Trump. L’ex presidente è in vantaggio sul vicepresidente del 6,6%, 49,3% contro 42,7%. Le medie di Polling reale e chiaro mostrano che Trump è in vantaggio su Biden di soli 1,5 punti, con il 46,6% contro il 45,1% del presidente.

Avvocato 59enne nato a Oakland, nel California, da padre di origini giamaicane e madre indoamericana, prima donna a diventare vicepresidente degli Stati Uniti, ex procuratore generale della California e prima ancora di San Francisco, Kamala Harris sembrava avere tutte le carte in regola per diventare la nuova star del democratico ma negli ultimi anni non è mai riuscita a entrare in contatto con l’elettorato ed è più impopolare di Joe Biden. Per prima cosa ha fatto arrabbiare i liberale del partito quando, nel 2021, nel suo primo viaggio all’estero in Guatemala e Messico, tenne un discorso in cui fece appello ai migranti guatemaltechi, esortandoli a “restare a casa”; poi un’inchiesta di Politico ha rivelato come Harris fosse sostanzialmente incapace di gestire uno staff di 22 collaboratori ed ex collaboratori e funzionari, che ha descritto “un clima cupo e spesso molto teso” negli uffici del vicepresidente americano.

Il dilemma post-Biden

C’è solo un dato che ci dà speranza Kamala Harris. In un recente sondaggio, il 41% degli elettori democratici l’ha scelta come ipotetica candidata per le elezioni presidenziali del 2028, sopra il segretario ai trasporti Pete Buttigieg (15%) e Newsom (14%). “Gli assistenti e gli assistenti di Harris ritengono che la vicepresidente abbia rafforzato il suo profilo negli ultimi mesi, diventando più abile e sicura di sé dopo mesi di viaggi ufficiali e campagne”, scrive Politicoriportando la situazione caotica nella casa democratica dopo il dibattito trasmesso su La CNN. Immagine rafforzata? Forse, ma non certo tale da rappresentare quel jolly da tirare fuori dal cilindro nel momento di massima difficoltà per i democratici, che rischiano seriamente di cedere le chiavi della Casa Bianca a Donald Trump il prossimo novembre.

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