Macron, il bambino prodigio rimasto solo – Notizie – .

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“Solo, abbandonato, in questo popoloso deserto che chiamano Parigi”: resta solo Emmanuel Macron, l’enfant prodige della politica francese, il cui rischio (o il troppo orgoglio?) di indire elezioni anticipate dopo la sconfitta elettorale alle elezioni europee del 9 giugno rischia ora di rivelarsi un impietoso boomerang politico, il possibile declino di una certa idea di Francia e di Europa. In molti, in queste ultime settimane di campagna elettorale lampo con la République sull’orlo di una crisi di nervi, hanno cercato di dare un senso all’annunciato scioglimento dell’Assemblée Nationale, ritenuto da molti incomprensibile se non addirittura autolesionista: che bisogno c’è di indire elezioni anticipate, consegnando la seconda economia dell’Unione all’incognita degli estremi, quando Macron avrebbe potuto continuare a governare (seppur senza maggioranza assoluta in parlamento dal 2022) per altri tre anni?

Tra le risposte più gettonate, in questa folle estate parigina che tra meno di un mese ospiterà le Olimpiadi del 2024 senza ancora sapere chi guiderà il governo, c’è un ragionamento quasi sacrificale: “Meglio coabitare ora con il Rassemblement National di Jordan Bardella che lasciare le chiavi dell’Eliseo nel 2027 all’estrema destra (Marine Le Pen)”. Sarebbe questa la mossa da poker del più giovane presidente della Quinta Repubblica, sempre più incompreso in patria e all’estero, basti pensare allo sdegno internazionale suscitato a febbraio dalle sue dichiarazioni sull’invio di truppe in Ucraina.

Una mossa molto rischiosa, quella dei sondaggi, la cui reale efficacia si potrà quindi apprezzare solo tra tre anni, nella corsa per l’Eliseo 2027, a meno che il presidente, attuale ‘capro espiatorio’ di tutti i mali del Paese, non se ne vada presto, come dice la stessa Le Pen sognerei. Le elezioni politiche anticipate del 30 giugno e del 7 luglio sono “un atto di fiducia nei confronti del nostro popolo, un momento storico per il nostro Paese”, assicura Macron, ormai ai minimi termini di popolarità davanti a un Jordan Bardella con il vento in poppa, aggiungendo che “il ritorno al popolo sovrano era l’unica decisione repubblicana” possibile.

video Francia, Macron e la moglie Brigitte votano a Le Touquet

Un momento di “chiarimento” per tutta la Francia, è il ragionamento di Macron, in un contesto in cui “le forze dell’estrema destra sono intorno al 40%. Qualcosa che non possiamo ignorare”. Riportando la parola alle urne, il presidente in crisi continua a sperare in un grande “salto” repubblicano, nell’unità dei francesi contro ogni forma di estremismo, sia esso incarnato dal Rassemblement National o dalla France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon (una delle principali componenti del cartello di sinistra Nouveau Front Populaire), come ai tempi del ‘Front Républicain’ del 2002 nel ballottaggio tra Jacques Chirac e Jean-Marie Le Pen. Altra epoca, e altra percezione dei francesi. Che in questo caso non sembrano voler in alcun modo aderire all’appello di Macron, esasperati da un presidente accusato di arroganza e ritenuto troppo lontano dal popolo.

Il Rassemblement Nazionale? “Non ha mai governato. Per una volta vogliamo provare qualcosa di diverso”: è questa una delle risposte più frequenti, come se la scelta lepenista fosse soprattutto una scelta di alternanza dopo 7 anni di Macron all’Eliseo. Mentre c’è chi si chiede se al di là del livello di competenza o meno dei vari presidenti via via in carica nel quinquennio (e ogni volta regolarmente detestati: prima di Macron, Hollande e Sarkozy non erano da meno) non è la verticalità in sé della Quinta Repubblica francese, che conferisce al detentore dell’Eliseo poteri di ‘monarca repubblicano’ rari in Europa, per non provocare una spaccatura tra il presidente e i suoi cittadini.

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