Il cervello di Henry Kissinger – Corriere.it – .

Il cervello di Henry Kissinger – Corriere.it – .
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Alla soglia di 100 anni (la data esatta è quella del 27 maggio 2023), poche settimane fa, Henry Kissinger ha avvertito il mondo dei pericoli di AI e ChatGPT dalle pagine del giornale di Wall Street.

Suo, di intelligenzanon teme certo il confronto: lucido, brillante, visionario, con un occhio sempre rivolto al presente ma ancor più al futuro.

Tutti vorremmo tagliare il traguardo del secolo con un cervello in forma come il tuo o come quello del critico d’arte, pittore e filosofo Gillo Dorflesche espose i suoi disegni a 106 anni alla Triennale di Milano, o dall’architetto brasiliano Oscar Niemeyerche all’età di 103 anni inaugurò l’Auditorium che porta il suo nome a Ravello in costiera amalfitana.

Cosa c’è dentro queste menti che sono rimaste eccezionali fino a un’età molto, molto avanzata? Niente di (troppo) diverso da quello che ognuno di noi ha nel cranio secondo Giulio Mairaneurochirurgo dell’Università Humanitas di Milano e presidente della Fondazione Atena Onlus per la ricerca nelle neuroscienze: Maira, una delle più grandi conoscitrici del cervello, spiega infatti che questo organo ha «una straordinaria capacità, neuroplasticità. Significa che per tutta la nostra vita continua a cambiare, reinventarsi, imparare: è una capacità massima nel bambino, ma non scompare mai. Alla nascita, il cervello è come una foresta piena di alberi spogli, che man mano si infittisce: negli anni alcuni alberi muoiono, ma quelli che rimangono possono svilupparsi e dare sempre nuovi rami, foglie, fiori».

Rimanendo nella metafora vegetale, tutti temiamo che con il tempo la “foresta” nella nostra testa si dirigerà inesorabilmente verso un inverno senza verde. È vero, cervelli come quello di Kissinger sono solo rare eccezioni?
«Invecchiando, il cervello perde cellule e sinapsi, le connessioni tra le cellule; la trasmissione dei messaggi neuronali peggiora, ma grazie alla neuroplasticità gli effetti possono essere compensati. Il declino cognitivo, quindi, non è un destino inevitabile o necessario, anzi può essere contrastato».

Allora qual è il segreto di un cervello che non invecchia?
“Prima di tutto serve una buona genetica: il DNA non determina l’evoluzione del cervello ma se influisce negativamente sulla nostra vita, perché favorisce certe malattie o lo sviluppo di abitudini malsane, difficilmente il sistema nervoso invecchierà a il suo meglio”.

Chi in famiglia ha casi di menti non così brillanti in età avanzata dovrebbe preoccuparsi?
«No, perché conta molto la riserva cognitiva (la capacità di compensare eventuali danni e/o alterazioni cerebrali mantenendo una buona funzionalità, in pratica la resilienza del cervello, ndr), che costruiamo attraverso la capacità di creare durante la nostra esistenza nuove connessioni cerebrali, nuove sinapsi, nuove reti di neuroni per realizzare il nostro patrimonio di conoscenza. Il cervello è come un muscolo, più lo usi e meglio funziona: mantenerlo attivo ogni giorno significa mantenerlo scattante, brillante. Anche da anziani”.

Qual è l’esercizio giusto per il cervello-muscolo?
«Il pensiero, l’attività cerebrale fondamentale: i pensieri viaggiano attraverso le connessioni tra i neuroni, più esercitiamo il pensiero, più riusciamo ad apprendere cose nuove, sempre più velocemente».

Non è mai troppo tardi per allenare il cervello?
«No, perché può sempre imparare, svilupparsi, apprendere grazie alla neuroplasticità. Ma deve entusiasmarsi: il cervello si annoia, dobbiamo fargli pensare a qualcosa che ci appassiona. Solo attraverso l’emozione ciò che viviamo arriva nella nostra memoria, diventa insegnamento, fa davvero sviluppare le capacità cognitive: ciò che contraddistingue l’uomo è che ha superato il mero istinto di sopravvivenza degli altri animali, ci si emoziona perché si cerca la qualità nella vita, non solo sopravvivenza. Ecco perché ciò che ci lascia passivi è inutile e non fa ‘crescere’ il cervello».

Qualche esempio?
«Bambini e ragazzi dovrebbero avere meno cellulari e tablet, più libri. Molti poi usano male il cervello, lo danno per scontato, lo maltrattano con stili di vita scorretti: dall’alimentazione scorretta alla sedentarietà, dalla scarsa qualità del sonno al bere poca acqua. Prevenire il deterioramento cognitivo con uno stile di vita sano è un investimento personale, ma anche per la società: la scienza ci ha dato la longevità, che però ha senso solo se arriviamo al traguardo con la mente ancora intatta e per farlo è fondamentale non fumare, evitare droghe, trattare malattie minacciose come l’ipertensione. Anche se poi tutti i grandi vecchi dovrebbero ringraziare la madre».

Ringraziare “mamma” per i geni “buoni”? O per altro?
«Perché la traiettoria del nostro cervello, quella che nella terza e quarta età può portarci ad avere una mente acuta o annebbiata, è un nastro che si srotola dal concepimento in poi: tutto ciò che ci accade da quando siamo nella pancia di avanti la mamma ha un effetto sulla capacità cognitiva. È un grande viaggio durante il quale il cervello cambia, si sviluppa, affronta difficoltà che possono minare la sua integrità: ciò che saremo a novant’anni o cento anni dipende da quello che abbiamo vissuto e da come lo abbiamo vissuto, dall’equilibrio che abbiamo in grado di trovare nelle avversità. E sì, anche da come i nostri genitori si sono presi cura di noi, perché i rapporti con gli altri, fin da piccoli, sono un altro pilastro per il benessere del cervello”.

È vero che la solitudine “uccide” i neuroni?
“Nessun neurone fa molto da solo, così come nessuno di noi può fare molto senza gli altri. Le reti, le connessioni sono il vero segreto dell’essere umano: nel cervello, dove l’insieme delle connessioni tra le cellule crea la coscienza, l’immaginazione, la creatività che ci rende straordinari; come persone, perché abbiamo bisogno degli altri per essere felici. Lo hanno detto filosofi come Aristotele, Umberto Eco, Zygmunt Bauman e la scienza lo ha dimostrato: le relazioni sociali sono il segreto della felicità, ma anche della capacità della nostra “foresta” cerebrale di creare nuovi rami, svilupparsi e guadagnare in saggezza e visione con ogni anno che passa. Qualcosa che, del resto, l’intelligenza artificiale non può realizzare: elabora una quantità enorme di dati, ma non ha la capacità di interpretare i fenomeni come può invece fare un uomo saggio e anziano con l’esperienza di Kissinger».

 
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