il libro che racconta la storia del devastante terremoto del 1693 in Sicilia – .

il libro che racconta la storia del devastante terremoto del 1693 in Sicilia – .
il libro che racconta la storia del devastante terremoto del 1693 in Sicilia – .

C’è la sua amata Sicilia, nobile e orgoglioso. Eccolo quadro storico rivolto all’indietro come sempre, altra caratteristica inevitabile dei romanzi di Costanza DiQuattro, che questa volta, però, tradisce quell’universo tardo ottocentesco al quale ci aveva abituato nelle sue opere precedenti per portarci ancora più in là attraverso i secoli, nell’ultima parte del Seicento. Ma soprattutto ancora una volta – dopo il Barone Corrado Arezzo, protagonista di Donnafugata, con cui la scrittrice siciliana ha esordito nella narrativa nel 2020; Dopo monsù Fortunato o il farmacista Antonio Fuscocon il vizio del gioco d’azzardo che cerca il riscatto nell’amicizia con un ragazzo malato e senza futuro, attorno al quale ruota L’arrocco siciliano pubblicato poco più di un anno fa – troviamo un altro personaggio maschile tormentato.

Camilleri e la Sicilia letteraria: il romanzo corale nell’ultimo libro di Costanza DiQuattro

di Ilaria Zaffino

30 settembre 2021

Padre Bernardo L’Arestia Corbara è un parroco di periferia, dissoluto e disobbediente, sopraffatto dall’amore e dal dubbio, che senza vocazione né convinzione, piuttosto costretto dalla nobile famiglia da cui proviene, si è consacrato a Dio ma tra questo e la passione per una donna non esita a scegliere la seconda vivendo nel peccato. L’ira di Dio, che dà il titolo al romanzo, si abbatte su di lui, almeno secondo il parere della piccola comunità iblea che gli sfugge abbandonando la sua canonica. E questa è la cosa più violenta terremoto che il11 gennaio 1693 distrutto tutto Val di Noto: uno degli eventi sismici più devastanti della storia d’Europa, di gran lunga il più forte terremoto registrato nel territorio italiano, con una magnitudo di 7,31, sessantamila vittime e 45 centri abitati distrutti, racconta l’autore in una nota. Sottolineando come sia stato proprio dalle ceneri di questo evento catastrofico – il suo sciame sismico continuò per tre anni – che poi sia sorta una delle aree architettoniche più belle del mondo. Il tardo barocco siciliano è infatti figlio di quelle rovine.

E alla sua Sicilia, che cade e si rialza, con questo libro e con la storia di Bernardo, che riflette la natura stessa dell’uomo che, nonostante la disperazione, trova la forza per andare oltre, ha voluto rendere omaggio. L’ira di Dio, quarto romanzo di Costanza Di Quattronato nel 1986 a Ragusa dove vive e, oltre a scrivere, dirige il Teatro Donnafugata, è infatti un inno alla rinascita, prima di tutto della sua terra e degli uomini che vi hanno edificato monumenti alla bellezza. Uomini attraversati da contraddizioni e dubbi che padre Bernardo, pur essendo frutto della fantasia dell’autore, incarna perfettamente.

Con la sua parabola di dannazione e redenzione – fin da quando lo vediamo, nelle primissime pagine, prepararsi a dire messa come “un uomo condotto al patibolo”; pieno di veleno per la baronessa madre che vede come “il diavolo”; innamorato della procace perpetua Tresina e di quel figlio appena nato che può tenere tra le sue braccia solo per pochi giorni; accecato dal lutto per una felicità che il terremoto gli ha strappato; finalmente illuminato dal progetto di rinascita umana e urbanistica – è proprio nella figura di Bernardo L’Arestiacosì ben delineato, che Costanza DiQuattro dimostra ulteriore maturità nella sua scrittura.

E nel ritratto corale di un’umanità che ha perso tutto e tuttavia non volta le spalle alla “felicità di scoprirsi vivi, capaci di rialzarsi dopo essere caduti” si nascondono alcune delle pagine più belle dell’intero romanzo. Un’umanità che ha il sorriso rassicurante dell’ Bernardo, “dominato dalle passioni e sopraffatto dalle responsabilità”, ma anche i volti del fratello Eligio e il chierichetto Gasparino sul quale non spicca mai il rammarico della mutilazione, di padre Costante, amico di una vita che non condanna anche dove non approva, di «U ciumararu»IL “Mecia» e le due zitelle, le uniche fedeli che frequentano la canonica chiacchierata del peccato. Un’umanità, infine, che l’autore ci presenta attraverso una sapiente mescolanza di registri acuti – soprattutto nelle descrizioni di Ibla “consunta e stanca”, con case addossate ad altre case e chiese che coprono altre chiese – e incursioni dialettali che contribuiscono a dar vita a figure ataviche e quindi memorabili. E che confermano come, nel regalarci questo affresco corale della sua Sicilia, Costanza DiQuattro continui a ispirarsi alla lezione dei grandi. A cominciare dal suo amato Verga.

Il libro

L’ira di Dio di Costanza DiQuattro (Baldini + Castoldi, 272 pagine, 19 euro)

 
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