Ferzan Özpetek racconta la sua storia – .

Ferzan Özpetek non ha bisogno di presentazioni e, al suo quarto titolo in libreria, il direttore si conferma molto apprezzato anche nel suo ruolo di romanziere.

In Cuore nascosto (Mondadori), in classifica ormai da quasi due mesi, Özpetek è tornato nella sua Romala città dove tutti i destini si intersecanodire la storia di un sogno nel cassetto e di a segreto in attesa di essere rivelato. Il protagonista, Alicearriva nella Capitale di primi anni novanta grazie ad un contributo generoso e inaspettato eredità; con lei, un pesante fardello di dolore che spera di lasciarsi alle spalle e il desiderio di diventare un’attrice. La scoperta di un vecchio atelier rimasta chiusa per anni la porterà a seguire la scia dell’ una storia d’amore nascosta tra quadri e pagine di diario, scoprendo giorno dopo giorno qualcosa in più di se stessa.

Özpetek, intervistato da ilLibraio.it in occasione dell’uscita del libro ci ha parlato del suo rapporto con la scrittura e l’arte.

Partiamo dall’inizio: come è nata l’idea del romanzo?
“Mi sono ispirata al racconto di una mia amica, attrice, che, come la protagonista Alice, da bambina conobbe una zia che viveva a Roma, una donna estroversa alla quale era affezionata e con la quale parlò più volte in gli anni successivi”.

Ma?
“A differenza di quanto accade nel libro, lei era una zia ‘di sangue’. Questa zia le lasciò in eredità un appartamento a Roma e, grazie all’appartamento, anch’esso abbastanza grande, si trasferì a Roma, affittò stanze e iniziò la sua carriera di attrice. Insomma, le ha cambiato la vita. Sono partito da questa storia e poi ho costruito tutta un’altra storia”.

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Cosa ti dà scrivere un romanzo rispetto a scrivere un film? Trovi differenze sostanziali in queste due modalità di narrazione?
“Quando scrivi un romanzo, lo fai da solo. Mi sveglio abbastanza presto, alle 6.30-7, e inizio a scrivere, a volte solo quattro o cinque pagine, che altre volte magari diventano dieci. E questa attività solitaria mi diverte. Poi mando quello che ho scritto alla mia redattrice, Nicoletta Lazzari, che raccoglie tutto fino a un momento di confronto dal vivo, in cui lo rileggiamo insieme e ne parliamo. Invece quando si lavora a un film la sceneggiatura si scrive con altri sceneggiatori e ci sono vari momenti di condivisione con la troupe e gli attori, insomma è più un lavoro di squadra. In realtà in entrambi i casi quello che mi interessa è la condivisione con il lettore o lo spettatore che, alla fine, è la stessa cosa. Nella mia vita e carriera condividere emozioni e pensieri con gli altri è sempre stato fondamentale. Quando giro una scena di un film penso sempre agli spettatori, e mi chiedo se persone che non conosco proveranno le stesse emozioni che ho provato io, e la stessa cosa succede quando scrivo un libro.”

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In Cuore nascosto ritorna un tema a lei caro: quello della famiglia. Ci troviamo di fronte ad una famiglia che, almeno prima della svolta definitiva, è fonte di problemi e di forti negatività, mentre lo stimolo positivo alla vita viene da chi ne è fuori.
“In questo romanzo non troviamo una famiglia ‘normale’, ma con problematiche profonde, che condizionano il comportamento dei personaggi: dal rapporto di Alice con la madre naturale, a quello con la zia Irene, che non è propriamente sua zia, ma indica la strada. Anch’io, nella mia vita, ho avuto persone che mi hanno guidato e dato consigli, ho avuto diverse ‘zie Irene’, a cominciare da mia madre stessa. Quindi in questa storia ho voluto ricreare questo tipo di legame. Anche il destino gioca un ruolo.”

Come?
“Gli eventi negativi o i dolori rivelano poi un lato positivo. E infatti, nel colpo di scena finale, a poche pagine dalla fine, il lettore capisce il senso di tutto il romanzo: è una cosa che molti lettori mi hanno detto di apprezzare”.

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Recitare, dipingere… dentro Cuore nascosto l’espressione artistica è parte fondamentale della costruzione dell’individualità, balsamo ma anche fonte di dolore.
«Prima di fare cinema, quando ero ancora all’università ed ero in Italia da tre anni, litigavo molto con mio padre, che a un certo punto ha smesso di darmi sostegno economico. Allora andai a lavorare da un corniciaio, come Tancredi [un personaggio del romanzo, n.d.r.], e durante le pause dipingevo sulla carta da imballaggio dei quadri. I clienti, vedendo questi miei lavori, hanno cominciato ad acquistarlo. Sono diventato una sorta di pittore improvvisato. Ne ho fatti tanti e tanti venduti (anche quello di Sei ignorante è un mio dipinto), per circa due anni.”

Poi?
“Ho avuto l’opportunità di lavorare con Massimo Troisi, e dalla pittura sono passato al cinema, ma anche adesso c’è gente che mi scrive per dirmi che hanno un mio quadro a casa. Per me le arti sono sempre state molto legate tra loro, e il lato figurativo della pittura, ultimamente, ritorna anche nelle immagini di film e romanzi”.

C’è un altro personaggio nascosto: Roma, una città che incarna sia la possibilità che la tragedia. Quella Roma è quella di Cuore nascosto?
“Mi sarebbe piaciuto ambientare il romanzo nella Roma degli anni Settanta, la città in cui sono arrivato da giovane, con grandi sogni e curiosità, e che ho amato. Era una città meravigliosa, con persone dalla mentalità molto aperta. Invece, poi, ho preferito ambientare la storia negli anni Ottanta-Novanta, nella zona in cui vivo, quella di Campo dei Fiori, ma anche quella è una Roma che ho vissuto e che ricordo bene, quindi ho raccontato con molta facilità la vita di quel periodo. Una vita diversa da quella di oggi, con ritmi diversi, ma Roma è comunque meravigliosa, è la città dove ho scelto di fermarmi”.

Infatti, pensando alla società che fa da sfondo alla storia, trovi delle differenze sostanziali con l’Italia di oggi?
«C’è una differenza enorme, che però non credo dipenda dalle persone, anche se la pandemia le ha rese più irritabili, impazienti e aggressive…, ma da come sono cambiate la comunicazione e il nostro modo di vivere, con internet e gli smartphone . Incontrarsi di persona o attraverso uno schermo è molto diverso, una volta incontravamo le persone per strada, a cena, condividevamo tanti più aspetti della vita. Oggi molte amicizie, ma anche numerose storie d’amore, si vivono attraverso il cellulare. Se Alice fosse arrivata a Roma oggi, la sua storia sarebbe stata completamente diversa”.

Trovi che la nostra quotidianità avrebbe impoverito la storia del romanzo?
“Sì, avrei dovuto raccontare la storia in un modo completamente diverso. Incontri, conoscenze, ma anche ricerche di lavoro sarebbero state mediate da internet. Alice avrebbe controllato tutto da uno schermo, invece di andare in giro, rispondere agli annunci, ricevere informazioni dalle persone”.

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