“La Diocesi ha commissionato dei lavori” – .

“Non sappiamo chi sia il proprietario della Chiesa del Carmine ma sappiamo che è in uso alla Diocesi che deve eseguire i lavori di messa in sicurezza”. Questa in sintesi la difesa del Comune di Aversa contro il ricorso presentato dalla Diocesi di Aversa al Tribunale amministrativo regionale della Campania che ha chiesto la sospensione dell’ordinanza con cui il sottocommissario di Aversa ha disposto la messa in sicurezza della Chiesa sita in via Abenavolo.

Secondo Giuseppe Nerone, legale del Comune di Aversa, “emerge con evidenza che gli edifici A e C sono di proprietà demaniale e sono in corso di consegna al Ministero della Giustizia, mentre per quanto riguarda l’edificio B, oggetto dell’ordinanza impugnata da della Diocesi, il Comune non ha titolo di proprietà. È utile segnalare che questo immobile è stato da ultimo oggetto di disposizioni da parte della Diocesi, che ha commissionato i lavori di restauro nel 2013, tramite la Soprintendenza. Fin da ora appare chiaro che non possono sussistere dubbi circa la detenzione del bene e le disposizioni effettuate su di esso dal ricorrente”.

Secondo il legale dell’organizzazione “non può trascurarsi che il ricorrente ha da un lato chiesto ed ottenuto finanziamenti per la ristrutturazione del bene e oggi si ritiene soggetto non legittimato ad operare per la messa in sicurezza del bene stesso, in quanto non esiste, nessun atto di restituzione del bene si ripete”. Il Comune, quindi, ha chiesto ai giudici amministrativi di respingere il ricorso e l’istanza cautelare che si deciderà martedì prossimo, 23 aprile.

Intanto nei giorni scorsi c’è stato il rilascio temporaneo dell’intero complesso del Carmine per consentire ai tecnici inviati dal Demanio di verificare il mancato rispetto dell’ordinanza di messa in sicurezza del complesso sito in via Abenavolo. L’istanza è stata presentata lo scorso marzo dalla Direzione regionale Campania dell’Agenzia del Demanio che, d’intesa con il Comune di Aversa, ha scritto al Tribunale di Napoli Nord e alla Procura normanna chiedendo il rilascio del complesso del Carmine.

L’Agenzia del Demanio e il Comune “si sono impegnati a valutare, dal punto di vista tecnico-organizzativo, i lavori provvisionali finalizzati all’ottenimento del certificato di cessato pericolo una volta accertata l’inosservanza della Diocesi di Aversa”. In realtà il Demanio è stato destinatario anche di una nuova ordinanza per mettere in sicurezza il complesso sito in via Abenavolo. Anche in questo caso l’ordine non è stato eseguito.

È stato il Vescovo della Diocesi di Aversa a citare in Tribunale il Comune, in qualità di suo legale rappresentante, dopo essere stato destinatario di un’ordinanza firmata l’8 febbraio scorso dal sottocommissario Eugenio Riccardelli con oggetto: “Misure necessarie per l’eliminazione di qualsiasi pericolo per l’incolumità pubblica e privata presso l’immobile sito in Aversa alla Via Abenavolo n. 43”, con cui il Sottocommissario Prefettizio del Comune di Aversa “ordina al Legale Rappresentante della Diocesi di Aversa (ossia il Vescovo), di seguire ad horas e comunque entro e non oltre 15 giorni dalla notifica i lavori necessari per eliminare ogni pericolo per l’incolumità pubblica e privata presso l’immobile di Aversa alla Via Abenavolo n. 43”, prevedendo altresì, tra l’altro, che “in caso di inosservanza delle disposizioni della presente legge sarà presentata denuncia all’Autorità Giudiziaria ai sensi dell’art. 650 cp”.

Per ora la prima tornata è stata vinta dalla Diocesi di Aversa. Sulla base dell’istanza presentata dai legali della Diocesi, la Procura della Repubblica di Napoli Nord ha revocato la custodia giudiziaria del complesso ex Carmine al responsabile dell’ufficio beni ecclesiastici don Ernesto Rascato e lo ha affidato al Comune di Aversa in la persona del comandante della polizia municipale Stefano Guarino (che non è un dirigente del Sito né il legale rappresentante dell’Ente). In ogni caso, il Tribunale di Napoli Nord non è entrato nel merito della controversia relativa alla proprietà dell’immobile ma ha, di fatto, estromesso la Diocesi, confermando che essa non gode di diritti reali sull’immobile.

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