LE COOPE DI COMUNITÀ CREANO POSTI DI LAVORO IN ABRUZZO MONTANO, MA DA UNA REGIONE A ZERO EURO IN SETTE ANNI

L’AQUILA – Nel corso della campagna elettorale per le elezioni regionali del 10 marzo, tutti o quasi gli aspiranti consiglieri hanno indicato che la priorità della legislatura, se eletta, sarebbe stata quella di mobilitare risorse e creare posti di lavoro e servizi per contrastare lo spopolamento del territorio. piccoli centri dell’Abruzzo interno. Spesso in modo vago e fumoso. Tuttavia, il fatto che l’Abruzzo interno rappresenti già un territorio pioniere per numero di cooperative di comunità operanti, oltre 30, entità imprenditoriali costituite dagli stessi abitanti e dalle realtà presenti sul territorio, e che già creano decine di posti di lavoro, operando in turismo, nei servizi alla popolazione, nell’agricoltura, nella valorizzazione e gestione del patrimonio.

Peccato però che la Regione Abruzzo, dopo essere stata tra le prime in Italia ad approvare nel 2015 una normativa ad hoc, la legge regionale 25, che istituiva e regolamentava le cooperative di comunità, non abbia mai investito un centesimo nel finanziamento dello specifico capitolo di spesa, a differenza di quanto accaduto in Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e altre regioni. Eppure anche un solo milione di euro all’anno sarebbe bastato, tenuto conto che in questi anni non c’è mai stato il problema di trovare decine e decine di milioni di euro per i maxi emendamenti notturni al bilancio, da distribuire a caso e a discrezionalità, senza alcun criterio oggettivo, da parte di tutti i consiglieri e consigliere, ad ambienti “amici”, ad enti e associazioni “fedeli”, nei terreni di caccia elettorale.

Abruzzoweb ​​ha inteso quindi approfondire la conoscenza del mondo delle cooperative di comunità ponendo domande Massimiliano Monettigià presidente di Confcooperative Abruzzo, attuale responsabile nazionale di Confcooperative Habitat per lo sviluppo delle aree interne, e soprattutto presidente di Borghi in rete, rete di imprese con propria personalità giuridica, che riunisce, coordina e sostiene comunità ed extracomunitari cooperative Solo.

Entrando quindi nel merito, Monetti ricorda che “durante la campagna elettorale, entrambi i candidati alla presidenza, Marco Marsilio E Luciano D’Amico nell’incontro che abbiamo tenuto hanno promesso un sostegno concreto, e la speranza è ora che alle parole seguano i fatti. Se si vuole davvero creare lavoro, servizi e welfare nei piccoli centri dell’hinterland non si può fare a meno di aiutare ormai attori affidabili e consolidati come le cooperative di comunità. Basti pensare che grazie a loro sono già una settantina le persone che hanno la busta paga, che nei piccoli comuni è un numero molto importante, e a questo si aggiungono i vantaggi, anche dal punto di vista economico, per gli altri iscritti che hanno un’attività in proprio, o per coloro che possono svolgere lavori part-time e occasionali, sulla base di progetti”.

E insiste: “a pensarci bene, è assurdo che l’Abruzzo sia un caso pilota in Europa, perché le sue cooperative sono le uniche in Italia unite in villaggi in rete, mentre la Regione mostra invece una sostanziale indifferenza, dopo aver avuto il merito di essere stato uno dei primi a legiferare in materia, non prevedendo nemmeno un euro di finanziamento per sostenere questo processo, che, camminando con le proprie forze, dimostra di dare risultati concreti. In tutti questi anni non è stato approvato nemmeno un registro delle cooperative esistenti, come prevedeva la legge del 2015”.

Secondo quanto riferisce Abruzzo Openpolis, elaborando dati Gssi, Istat e Dipartimento per la Coesione Territoriale, risultano oggi formalmente attive 31 cooperative di comunità, ma non è sicuro che siano tutte effettivamente operative. Tuttavia, il 74% è concentrato in aree montane, con densità di popolazione molto bassa e forte marginalità economica e geografica.

In provincia di Teramo sono presenti cooperative di comunità a Sant’Omero, Silvi e Colledara, in provincia dell’Aquila a Collebrincioni, frazione dell’Aquila, Calascio, Navelli, Castel del Monte, Sante Marie, Massa d’Albe , Aielli, San Vincenzo Valle Roveto, Collelongo, Anversa degli Abruzzi, Fontecchio, Pescasseroli, Scontrone, Pettorano sul Gizio, Cansano, Campo di Giove e Barrea. In provincia di Chieti, Orsogna, Lama dei Peligni, Palena, Gessopalena, Monteodorisio, Fresagrandinaria, Tufillo, Torrebruna, Monteodorisio. In provincia di Pescara Popoli e Castiglione a Casauria.

E altre stanno nascendo, sotto i migliori auspici, come appena una settimana fa la cooperativa di comunità Il Cuore delle Valli, a Goriano Valli, frazione del comune di Tione degli Abruzzi, in provincia dell’Aquila, che offrirà escursioni lungo i percorsi della transumanza verticale, alla scoperta delle torri medievali della media valle dell’Aterno, una bottega comunitaria e altro ancora.

“L’aspetto decisivo delle cooperative di comunità – spiega ancora Monetti – è che sono gli abitanti a diventare imprenditori, a dover unirsi per raggiungere obiettivi comuni, è un’impresa radicata nel territorio, che crea servizi e welfare per tutti, e punto La forza delle cooperative di comunità abruzzesi è, come detto, che sono unite in villaggi collegati in rete, beneficiando di una cabina di regia fondamentale per sostenere progetti che spesso non è facile sviluppare da soli. Borghi in rete, ad esempio, ha recentemente ottenuto 300.000 euro di finanziamenti europei per i progetti turistici Ruractive ed Esira, come caso pilota in Italia, e di cui le cooperative di comunità saranno ovviamente soggetti attuatori. Altre importanti opportunità si apriranno con i servizi agli anziani, con la medicina locale e con le comunità energetiche”.

Ecco alcuni esempi delle attività attualmente svolte dalle cooperative di comunità in Abruzzo.

A Campo di Giove la cooperativa ha recuperato varietà rare e prelibate di fagioli, come il fagiolone, il gialletto e la suocera e nuora e anche varietà di patate autoctone, in collaborazione con il Parco Nazionale della Majella, ottimi prodotti che vengono offerti nei ristoranti soci della stessa cooperativa, che impiega una decina di persone.

A Calascio la cooperativa di comunità gestisce i flussi turistici attratti dalla famosa fortezza, come il servizio di bus navetta, e ora inizia ad occuparsi di un progetto sperimentale che mette a disposizione degli anziani braccialetti digitali per monitorare i loro parametri vitali.

Ad Aielli la cooperativa di comunità opera nel settore del turismo che ha avuto un boom con i famosi murales.

A Santa Marie la cooperativa di comunità gestisce l’emporio nella piazza principale, con prodotti locali sia artigianali che alimentari, e il famoso Cammino dei briganti con vari servizi intorno e lungo un’attrazione turistica visitata da migliaia di appassionati la scorsa estate.

A Navelli la cooperativa gestisce l’intero comprensorio turistico creato attorno alla filiera dello zafferano oltre all’ostello nella frazione di Civitaretenga.

A Fresagrandinaria la cooperativa gestisce per conto del Comune un ristorante e servizi di pulizia.

Certo, ammette Monetti, “ci sono cooperative di comunità che stanno facendo passi avanti, ed altre che non hanno funzionato per vari motivi, un po’ perché le persone associate magari non erano quelle giuste, un po’ perché i progetti imprenditoriali avviati, come è normale che accade, non hanno dato i risultati sperati, sia perché non hanno avuto un adeguato sostegno da parte dell’amministrazione comunale, sia anche semplicemente perché hanno pagato divisioni e mancanza di coesione che purtroppo non sono fenomeni rari nei nostri Paesi. In ogni caso c’è anche da dire che le cooperative che non hanno ancora sviluppato le proprie potenzialità potranno farlo in un prossimo futuro, forse semplicemente i tempi per loro non sono ancora maturi”

Entrando negli aspetti formali, la cooperativa di comunità prevede una procedura di attivazione tipica delle imprese cooperative. In generale, una Cooperativa di Comunità, essendo composta prevalentemente da abitanti e imprese, necessita di un primo gruppo di soci che decidono di essere soggetto attuatore della cooperativa, e di un processo di aggregazione capace di coinvolgere il più possibile gli abitanti e le imprese già presenti . Da qui si procede con la redazione di uno statuto condiviso e la sua attivazione presso il notaio della società cooperativa. Per essere tali, però, devono coinvolgere un numero minimo di abitanti della zona. La legge del 2015 aveva fissato la quota minima dei soci anche al 10% degli abitanti, quindi 100 soci per un comune di 1.000 abitanti, una quota anomala, poi la legge regionale 5 del 2023 ha stabilito una soglia più adeguata: fino a 5,00 abitanti minimo 12 soci, cioè l’1%, da 5.000 a 15.000 abitanti almeno lo 0,8%, minimo 25 soci, da 15.000 a 50.000 abitanti, minimo lo 0,5%, cioè almeno 50 soci, oltre 50mila abitanti lo 0,1%, ovvero almeno 100 membri.

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