Don Merola e i suoi ragazzi a Roma ospiti del Viminale – .

«Tutto è nato dalla richiesta di una bambina che frequenta la fondazione, fatta al ministro Piantedosi quando venne a trovarci lo scorso ottobre. “Ministro – ha detto la ragazzina –, ci piacerebbe tanto poter visitare Roma, ma don Luigi non ha i soldi per portarci tutti”. Il ministro prontamente ha risposto: “Vi prometto che vi porteremo tutti a Roma”»afferma don Luigi Merola, presidente della fondazione “’Nella voce delle ‘e delle creature”, che si trova in un immobile confiscato ad un gruppo di camorra non molto lontano dalla stazione di Napoli Centrale. La promessa fatta dal ministro dell’Interno a quella ragazzina e agli oltre 100 ragazzi che frequentano la sede della fondazione diventerà realtà oggi, quando saranno ricevuti al Viminale da Piantedosi e dal questore della polizia, Vittorio Pisani, pranzeranno con entrambi, per poi essere accompagnati a visitare il Colosseo e infine riportati a casa con i tre autobus che il ministro ha messo loro a disposizione.

L’invito a don Merola e ai ragazzi è arrivato subito dopo le intimidazioni subito dal sacerdote venerdì scorso: il vetro dell’auto di servizio, nella quale era scortato da un agente, è stato ritrovato in frantumi e il lampeggiante è stato portato via. Don Merola è sotto scorta da vent’anni, cioè da quando era parroco nel centro storico di Napoli, a Forcella, e dopo l’omicidio della quattordicenne Annalisa Durante ha lanciato dure invettive contro il clan camorristico giuliano. Per questo motivo è stato più volte minacciato di morte. «L’invito che ci hanno fatto il ministro Piantedosi e il questore Pisani è un modo per dire ai nostri ragazzi che lo Stato è loro alleato, non loro nemico – dice il sacerdote −. Molti di questi ragazzi provengono da contesti difficili, alcuni di loro hanno genitori in carcere. Sono abituati a vedere arrivare i poliziotti in macchina per portare via il papà. Adesso quegli stessi poliziotti verranno a prenderli a Napoli, li porteranno a Roma nel palazzo dove si decide la sicurezza del Paese e li accompagneranno a casa”.

Lì, al Viminale, i ragazzi di don Luigi intoneranno le canzoni del simbolo musicale della gioventù “difficile” partenopea, “Scugnizzi”, e canteranno l’inno nazionale. Nella sua fondazione e in quel centro che attualmente ospita oltre 100 bambini e adolescenti e ne ha ospitati migliaia da quando è nato nel 2007, il sacerdote ha investito tutti i soldi che aveva sul suo conto in banca. Se li era guadagnati nei ruoli dirigenziali affidatigli da vari governi. Erano gli anni in cui la camorra gli dava la caccia e lui fu costretto a lasciare Forcella. «Ero giovane, agivo d’istinto», racconta adesso don Luigi, che un giorno, con un gesto clamoroso, smontò le telecamere con cui il clan Giuliano monitorava le strade del quartiere. Anche lontano da Forcella, il prete napoletano aveva un sogno nel cuore: “Costruire una cittadella dei bambini”. Poi lo ha fatto, ristrutturando una villa confiscata a un boss della camorra in gran parte con i suoi soldi. Finora si è andati avanti solo con le donazioni dei privati ​​e con il 5×1000. Venerdì scorso la mente di don Luigi è tornata agli anni di Forcella, quando la camorra arrivò addirittura a puntargli contro una pistola. Proprio adesso che tutto andava per il meglio, che la sede della sua fondazione diventerà un centro diurno finanziato con fondi pubblici e che ci apprestavamo ad aprire un’altra sede a Castel Volturno per i figli dei migranti, grazie alla donazione di una benefattrice. Dopo le intimidazioni subite la scorsa settimana, don Luigi ha ricevuto un’altra graditissima chiamata: quella dell’arcivescovo di Napoli, Mimmo Battaglia. «Mi ha detto che si assumerà la responsabilità del danno subito perché “ciò che è tuo appartiene anche a noi, e toccare te è toccare noi”».

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