Bere da solo sì, ma con moderazione; e l’impossibile equilibrio delle conversazioni sul consumo di alcol in TV – .

Bere da solo sì, ma con moderazione; e l’impossibile equilibrio delle conversazioni sul consumo di alcol in TV – .
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A volte penso che ormai sono vecchio, ma poi mi ricordo che non sono vecchio come la gente che va in TV. E così mi ritrovo ad assistere a conversazioni che sembrano uscite da un dramma in costume. Contesto: qualche giorno fa – durante Vinitaly – il TG2 Post ha parlato di consumo di vino e la conversazione sembrava prodotta da un’intelligenza artificiale addestrato solo dalle affermazioni del boom. La polemica: lo scrittore e personaggio televisivo Antonella Boralevi, interpellato per commentare l’aumento del consumo di vino da parte delle donne, afferma: «Una donna deve sempre lottare con quella parte di sé che non si sente all’altezza. Le donne bevono come se fumassero una sigaretta, bevono per darsi un tono. Non serve un bicchiere di vino per sapere che valiamo, meglio una piccola dose e soprattutto non berlo mai da soli a casa”. Cielo aperto: online tTutti consideravano questa considerazione “sessista” e “patriarcale”, e i commenti si sono sprecati (sì sì, compreso il mio, ovviamente). Paradosso: la cosa veramente inquietante di questo segmento è stata invece detta poco dopo da Alessandro Scorsone, sommelier e cerimoniere della Presidenza del Consiglio (sic), secondo il quale: «Il vino è poesia. Un modo straordinario per conoscere le persone e soprattutto per conquistarle, ecco perché alle donne piace sempre quando viene servito un bicchiere di vino”. Ecco: così concentrato sulla pagliuzza nell’occhio di Boralevi, quello il raggio di questo commento è passato inosservato: eppure questa è la mentalità veramente inferiore, l’idea che sia lecito servire da bere a una donna con l’intenzione di abbassare la sua resistenza a farsi “conquistare”.

Ma torniamo al discorso di Boralevi! A quarant’anni ho la sensazione di appartenere a una generazione di donne che hanno un rapporto forse eccessivamente spensierato con l’alcol, e per le quali – cerco di presentare questa valutazione nel modo più neutro possibile – questa naturalezza ha rappresentato una conquista. Boralevi ha settant’anni, quindi – per esempio – ne aveva venti all’inizio degli anni ’70, quando il “Bar Basso” inventò il “Negroni Sbagliato”: la leggenda vuole che sia stato un errore, ma in realtà lo storico locale milanese ha inventato una variante “for lady” del Negroni dove lo spumante ha sostituito il gILN, abbassando la gradazione alcolica e rendendo la bevanda più “femminile” (lo spumante era, allora come purtroppo ancora oggi, considerato tale). Proprio in quegli anni, infatti, in Italia era diventato più comune per le donne uscire la sera e frequentare i bar, appropriandosi di una dimensione della vita sociale che era stata prevalentemente maschile fino a quel momento. Boralevi sembra crederci ancora nel dire che le donne bevono per “darsi un tono”. le donne dovrebbero sempre frequentare la società un po’ come ospiti, adattandosi ad abitudini che non sono le loro per ambientarsi. È un’esperienza molto diversa da quella della mia generazione: nell’astinenza forzata delle mie due gravidanze, ho scoperto che la fascia demografica delle donne incinte che tende maggiormente a mantenere un consumo moderato di alcol (il classico bicchiere di vino ogni tanto ) anche durante la gravidanza è quello delle donne adulte, di ceto medio-alto, con un livello di istruzione elevato. E la ragione di questa condotta è questa questo gruppo demografico è lo stesso delle donne che bevono alcolici regolarmente. Personalmente trovo piuttosto bizzarra anche la raccomandazione di “non bere da soli”: se bere di nascosto è certamente un campanello d’allarme (significa che siamo consapevoli di avere un consumo che le persone intorno a noi considerano sbilanciato), I bicchieri di vino bevuti in perfetta solitudine mentre leggo un libro o cucino sono tra i più cari che ho. Ma questo atteggiamento – che è mio, e che trovo diffuso tra le donne della mia età – è già poco contemporaneo, superato: un rapporto pubblicato da BerenbergRicerca nel 2023 ha scoperto che la Gen Z beve il 20% in meno di noi Millennials. E in generale presta maggiore attenzione alle questioni sanitarie. Vediamo questo fenomeno anche nella crescita delle alternative analcoliche sul mercato; con il più grande produttore di birra del mondo, Anheuser-Busch InBev, convinto che le sue birre a basso contenuto alcolico e analcoliche rappresenteranno un quinto delle sue vendite entro il 2025. Parte di questo cambiamento sociale deriva certamente da una maggiore insistenza sulla salute pubblica, sui danni di alcol: se fino a qualche anno il consumo moderato (il classico “bicchiere di vino a pasto”) era considerato innocuo se non benefico, oggi sappiamo che – – mannaggia – non esiste dose di alcol che di certo non ci faccia male. E infatti nella sfortunata tavola rotonda, insieme a Boralevi e al sommelier Scorsone del TG2, è stato necessario inserire anche Giorgio Calabrese, medico nutrizionista e presidente della Commissione nazionale per la sicurezza alimentare, che risponde a Boralevi: «Le donne, metabolicamente, hanno un enzima in quantità minori: se gli uomini possono bere un bicchiere, le donne stanno meglio con mezzo bicchiere». Stretta tra i due fuochi della sanità pubblica, da un lato, e della grande forza (culturale ed economica) del vino in Italia, la comunicazione massmediatica sul vino finisce generalmente per essere un gran pasticcio: e non per colpa di Boralevi.

Tag: Bere moderazione impossibile equilibrio conversazioni alcol consumo

 
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