Regionali Basilicata, il flop del M5S (ri)alimenta i dubbi dei dem. Puglia: Emiliano, mini-rimpasto – .

ROMA Le ironie del centrodestra (“Otto a uno, ed è solo riscaldamento”), i grandi sorrisi di Matteo Renzi (“In Basilicata si vince al centro, tutto il resto è noia”). E il campo largo che, invece, deve bere gli amari lucani. Il giorno dopo le regionali assomiglia un po’ al Giorno della Marmotta. Almeno nel centrosinistra, dove puntualmente dopo il nuovo crollo dell’asse Pd-M5S torna in scena il consunto copione dell’analisi della sconfitta, messa da parte appena un mese dopo la debacle abruzzese.

Basilicata, il bis di Bardi: cosa cambia per le coalizioni con il crollo del M5S e il sorpasso di FI alla Lega

I VETERINARI
Con una novità: questa volta nel Pd sono quasi tutti d’accordo con l’opinione che la segretaria Elly Schlein ha condiviso con i democratici nelle ultime ore. Cioè: in Basilicata la partita era giocabile. Potevamo vincere, abbiamo scelto di giocare in dieci. Il dito non è puntato contro lo sconfitto Piero Marrese, anzi: nel Pd è unanime il ringraziamento per la “fatica” di aver provato all’ultimo minuto, dopo che diversi candidati erano stati bruciati o ritirati, a metterci una pezza. . Ma era troppo tardi. Colpa dei “veti incrociati” di Conte da un lato, e dei centristi dall’altro, secondo la lettura del leader. «Veti» come quelli sul nome di Angelo Chiorazzo, primatista di preferenze con la sua lista Basilicata casa comune, davanti a Marcello Pittella. «In Sardegna – questo il senso del ragionamento di Schlein – qualcuno diceva che avevamo vinto noi perché Calenda non era in coalizione con noi. Anche questa volta non c’era e abbiamo visto come è andata a finire”. No: la lezione da imparare, per la segretaria, è lo stesso principio “matematico” che ripete da mesi: senza unità dell’opposizione la destra non può lottare.

La nota aggiunta a un taccuino chiuso da più di un dem è che Conte adesso farebbe bene a smettere di dettare legge: «Anche perché, con il 7%, come può imporre limiti?». Siamo proprio certi, si chiede qualcuno, che il Movimento sia un valore aggiunto, soprattutto nelle elezioni amministrative? Questa la critica arrivata forte e chiara da Pina Picierno: «Con il M5S servono regole certe. E serve un perimetro chiaro per le alleanze: non si può decidere di volta in volta”. Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci punta invece il dito contro la defezione di Calenda e Renzi: «Come sempre quando sei diviso perdi. Dobbiamo ripartire sapendo che la strada dell’unità dell’opposizione è obbligata”. Lorenzo Guerini è stato più caustico con il Movimento Cinque Stelle: «Il rifiuto di fare davvero un campo ampio ha rovinato il risultato», riflette il grande riformista su Transatlantico. «Si è deciso di porre fine alla collaborazione con le forze centriste, che in Basilicata hanno un peso e un radicamento fatto di nomi e cognomi». E si è deciso, questo il sottotesto, a causa del no imposto da Conte.

Irritazione, quella per l’avvocato, che al Nazareno si aggiunge alla rabbia per le mosse di Michele Emiliano. L’ultima, il mini-rimpasto varato ieri dal governatore della Puglia, con il cambio di tre assessori (Trasporti, Rifiuti e Cultura). Schlein era stato categorico nel chiedere un “chiaro cambio di passo”. Non uno zero, ma quasi. Il governatore (che ieri è stato ufficialmente convocato per riferire all’Antimafia sulle indagini giudiziarie di Bari), però, ha fatto quello che ha voluto.

Dalla Basilicata, intanto, per il Pd resta la (magra) consolazione di aver raddoppiato i voti di lista rispetto a cinque anni fa. E di essersi piazzato secondo dopo FdI, con il doppio dei voti dei Cinquestelle. I quali – ormai concentrati solo sulla battaglia europea – cercano di ridurre il flop. «Difficile essere competitivi quando appaiono affollati come quello sostenuto da Bardi», pungono da via di Campo Marzio. «Non ha vinto un progetto politico, ha vinto un gruppo selvaggio: quale prospettiva possono offrire Bardi e Pittella insieme alla Basilicata?».

I VINCITORI
Lui, il governatore rieletto, alza le spalle: «Il campo molto ampio con Action – ribadisce nella conferenza stampa del giorno dopo – è stato fatto anche in altre regioni, ma qui ci stupiamo solo perché c’è Pittella». Intanto FdI gongola sui social, con una card che aggiorna il bilancio delle vittorie di centrodestra e centrosinistra alle elezioni regionali degli ultimi anni: 8 a 1, si legge. «Ed è solo il riscaldamento…», ridono i Fratelli, pensando agli Europei di giugno. In realtà al pallottoliere mancano alcuni pezzi da entrambe le parti (come Trentino e Lazio nel centrodestra, Emilia e Toscana nel centrosinistra). Il significato, però, non cambia. «La spinta antifascista in Basilicata è fallita», afferma Giovanni Donzelli. E Fabio Rampelli risponde: «La sinistra scrive il proprio epitaffio».

Chi può festeggiare allo stesso modo è Matteo Renzi, al 7%. In Lucania l’ex premier è stato tra i primi a convergere su Bardi. Ora cita Califano: «In Basilicata – scrive – si vince al centro. Bardi ci ha scelto e ha vinto. Il Pd ha scelto il M5S e ha perso. Tutto il resto è noioso”.

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