Chi si oppose al fascismo in Calabria? Non mancavano gli antifascisti irriducibili – .

Chi si oppose al fascismo in Calabria? Non mancavano gli antifascisti irriducibili – .
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Oggi è la Festa della Liberazione. Da cosa? Dal fascismo, regime che segnò gli italiani per 20 anni. Quando il governo è a destra l’attenzione sale, come adesso tra uno Scurati censurato e chi balbetta di antifascismo per non perdere consensi.
Il fascismo è eterno e non muore a Milano con l’ingresso dei partigiani in città. Umberto Eco lo codificò bene nel suo breve saggio omonimo che segna come caratteristiche lo stato etico assoluto e alcuni archetipi di riferimento come il rifiuto dello spirito critico, le teorie del complotto, il contrasto al pacifismo, la frustrazione delle classi medie, la paura di diversità che spesso diventa razzismo e così via in declino.
IL Il 25 aprile è una data italiana ma è una tramontana; Le vicende del Sud andarono diversamente e la storia e la geografia della Resistenza calabrese meritano un approfondimento alla vigilia dell’80° anniversario della data di fondazione della Repubblica e della Costituzione.

Antonio Guarasci insieme alla moglie Geltrude Buffone

Il 25 aprile 1945 è anche la data del guado nella nostra zona tra il Pollino e lo Stretto. La vita democratica era nuova. Ne parla Antonio Guarasci, primo presidente democristiano della nostra Regione, storico, nel suo studio sul collegio della natia Rogliano, sottolineando che nei Comuni (qui si svolsero le prime elezioni nel 1946) si verificò la prima svolta sulla capacità di autonomia e sulle scelte e sui programmi politici che vedono i calabresi della nuova era prendere in mano i propri destini. È un dato che ritrovo anche in un editoriale del 1975 di Piero Ardenti che come direttore dell’ “Giornale della Calabria”nella pubblicazione di opere inedite del comunista Fausto Gullo, ha citato anche il ruolo delle capacità operative degli enti locali come nuovo modo di governare. Fu un’opera oscura iniziata prima del fascismo, nata da un’opera politica e civile che aveva avuto “interpreti famosi e interpreti oscuri”.

Fausto Gullo

In Calabria abbiamo perso un riferimento storico. Il nostro collettivo calabrese del 25 aprile arriva in anticipo, e non come una guerra civile diretta ma con lotte per la terra. I nostri agricoltori, guidati dai dirigenti dei partiti antifascisti, scesero in campo dopo il 25 luglio 1943. Per essere più precisi, come nota Augusto Placanica, nel settembre 1943, i contadini di Casabona, pochi giorni dopo l’armistizio, occuparono i possedimenti Sairtizzi e Acquadolce dei baroni Berlingieri. Lo scontro è nel latifondo. A macchia d’olio nel 1943 i contadini occuparono le terre di Strongoli, Melissa, Cirò e presto a San Giovanni in Fiore in Sila. Sono fatti che ricadono sul governo Badoglio. Ministro dell’Agricoltura è il comunista Fausto Gullo che emana il primo decreto che legittima, in considerazione dello stato di necessità, le occupazioni già effettuate, concedendo affidamenti ad agricoltori costituiti in cooperative. Seguiranno altri decreti che espanderanno questo movimento di liberazione dalla povertà e dallo stato di bisogno. Diventerebbe il Movimento Rinascimentale molto attivo fino al 1950 e che sarà molto visibile con gli eventi di Melissa, con la polizia che ucciderà agricoltori di ogni credo politico, compresi i MSI. Il punto democratico calabrese contrario al fascismo, Credo che provenga da quella parte della nostra storia, quindi ben prima del 25 aprile 1945.
Nel ventennio di Mussolini che si oppose al fascismo in Calabria? Come nel resto d’Italia vi era una larga maggioranza di sostenitori del nuovo blocco sociale fascista e monarchico. Non mancavano gli antifascisti irriducibili. La ricerca storica ci aiuta a capire chi fossero. Coloro che sono colpiti dalla reclusione e dalle misure giudiziarie. Oggi, con molta fatica, ricordiamo quelli famosi: Pietro Mancini, Fausto Gullo, Bruno Misefari. Poi ci sono gli altri, gli anonimi, gli sconosciuti. Un totale di 417 sono stati ufficialmente dichiarati nemici del regime. Secondo archivisti e storici i numeri sono in linea con il resto d’Italia e gli atti giudiziari testimoniano che l’opposizione al fascismo in Calabria fu all’avanguardia ma consistente ed estesa. Non c’erano solo comunisti e socialisti, c’erano anche repubblicani, liberali, anarchici, massoni e persino pentecostali e testimoni di Geova. Sono storie di gente umile che abbiamo incontrato leggendo le lettere sgrammaticate delle loro donne che in un italiano stentato chiedevano clemenza al Duce, a Donna Rachele, al Re. Poveri che diventavano poverissimi senza il padrone di casa, e che al ritorno dal carcere o dal carcere erano persone emarginate a cui nessuno dava lavoro. Girolamo Muratori, ad esempio, assistente edile comunista di Cittanova, era considerato ostile al regime. Nella sua casa sono stati ritrovati una foto di Giacomo Matteotti e alcune scritte sovversive. Cinque anni di reclusione. Lasciò la moglie a casa con 4 figli, il maggiore dei quali aveva 13 anni, e la famiglia aveva fame e freddo. Il decoratore Giuseppe Musumeci di Santa Severina fu arrestato nel 1936. Viveva con la moglie dalla quale ebbe tre figli. Per sopravvivere, la signora si mise in servizio ei suoi due gemellini, di appena pochi mesi, furono portati in maternità dalla forza pubblica come nel film di Chaplin “The Kid”. Sua madre impazzì dal dolore e lei finì in un ospedale psichiatrico. Il povero Peppino Musumeci uscito dal carcere nel 1944 “non era ancora riuscito a rintracciare le sue creature”. Anche questo era fascismo. Uno è finito in carcere per aver strappato una foto del Duce, qualcuno era ubriaco per averlo insultato nella pubblica via o perché era un calabrese duro come il calzolaio comunista di Marcellinara, Vincenzo Scozzafava, che già indicava come “pericoloso per l’ordine nazionale” ” andò all’anagrafe per imporre il nome di Lenin al figlio appena nato. Consigliato a desistere dal prudente impiegato della sua patria, il compagno Scozzafava dichiarò che non poteva cambiare le sue idee e che Lenin Scozzafava doveva essere chiamato il neonato. Finirà in manette e deferito al Tribunale Speciale.

Pasquale Cavallaro e la Repubblica Rossa di Caulonia

Calabriatuttavia, aveva anche è l’inizio del 25 aprile, pistole in mano. Il 29 marzo 1945, Pasquale Cavallaro, maestro elementare comunista e ndranghetista (quando la nostra mafia era ancora l’autodifesa popolare), guida la rivolta e da sindaco proclama la Repubblica Rossa di Caulonia. Un prete è stato ucciso e molti sono finiti sotto la sferza dei rivoltosi. La leggenda narra che Stalin disse: “Abbiamo bisogno di un Cavallaro in ogni contrada”. Il PCI, però, fu molto cauto e costrinse Cavallaro alla resa. Oltre trecento finirono a processo, quasi tutti, tranne tre, graziati dall’amnistia di Togliatti, guardasigilli che, da buon statista, pacificò l’Italia durante la guerra civile. A Caulonia questa sera, su invito dell’Anpi, si ricorderà il 25 aprile nel nome della Repubblica Rossa di Cavallaro, e il polemista Ilario Ammedolia tornerà a chiedere l’omaggio della toponomastica a quell’evento storico che l’altra parte del il Paese continua a non concedere a nome del prete assassinato.
In Calabria si ebbe anche la nascita del neofascismo già nel novembre del 1943. Con la liberazione alleata della nostra regione, gruppi di giovani piazzarono bombe nelle caserme dei carabinieri e nelle case degli antifascisti, e compirono anche atti dannunziani deponendo fiori sulle tombe dei soldati tedeschi. Finiranno sotto processo. È il processo degli 88. Ci sono personaggi del film sul banco degli imputati. La nobildonna, già amante di Michele Bianchi, l’eretico Luigi Filosa espulso dai fascisti durante il regime perché amico dei progressisti e che ritorna tra i neri nel momento della sconfitta, Orlando Mazzotta, futuro principe del Foro di Cosenza e che sarà un MSI di alta classifica. Finiranno assolti a Catanzaro per mille cavilli con gli imputati che canteranno “Giovinezza” davanti al magistrato. In Cassazione anche loro beneficeranno dell’amnistia di Togliatti come i ribelli di Caulonia. Gli altri, il popolo del consenso fascista, erano diventati antifascisti in poche ore dopo il 25 luglio 1943. Fu proprio Orlando Mazzotta a raccontarmi che quel giorno, a Cosenza, vide Ciccio Leporace, noto antifascista cosentino, che aveva appuntato il simbolo del Pnf sulla sua giacca elegante e lui, stupito, chiese: «Oi Chi lo sa?»e mio zio in cambio che sapeva essere un umorista irriverente: «Porta tutti a caccia e io li misurerò». Tra antifascisti inventati e fascisti nostalgici iniziarono una nuova Italia e una nuova Calabria.
Buon 25 aprile a tutti. Anche ai fascisti che, grazie a quella data, potranno esprimere liberamente le proprie idee.

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