Anche il Canada ferma il Prosciutto di Parma, causa cinghiali e peste suina – .

Anche il Canada ferma il Prosciutto di Parma, causa cinghiali e peste suina – .
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Il Prosciutto di Parma è in zona rossa, causa cinghiali. La peste suina è arrivata a Langhirano e il ritrovamento di una carcassa infetta da Psa a pochi chilometri dal regno dei salumifici ha lanciato subito l’allarme. L’Europa ha infatti ampliato la zona di restrizione imposta alla circolazione dei suini e dei prodotti suinicoli e subito un altro grande importatore di salumi parmigiani extra Ue ha bloccato gli acquisti. Si tratta del Canada, che rappresenta il 2,5% dell’export. In precedenza, nei mesi precedenti, Cina, Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Messico avevano chiuso i battenti al parmigiano.

Un’emergenza che va avanti dal 2022, ma che ora rischia di incidere su un mercato fondamentale per il territorio e per l’Italia: un fatturato al consumo di 1,7 miliardi e un indotto di 20 miliardi di euro e 100mila posti di lavoro. “Ci si chiede quali scenari attendono l’export del Prosciutto di Parma ora che il virus è riuscito a insinuarsi nella zona tipica”, commenta Alessandro Utini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma.

La peste suina africana è dannosa per cinghiali e maiali (ad oggi però nessun suino è risultato positivo) ma non per l’uomo, poiché non è in alcun modo trasmissibile dagli animali alle persone. Nessuna restrizione, quindi, alla distribuzione, alla commercializzazione e al consumo sulle nostre tavole. Ma quando i cinghiali, che nel nostro Paese sono sette volte superiori alla media europea, si ammalano, scattano subito le restrizioni europee, con l’abbattimento di migliaia di suini sani e la chiusura di intere aree di riproduzione. Con ricadute sull’export extra-Ue. Un cambiamento di regole è richiesto da anni dagli operatori professionali e da anni sono in corso trattative con la Direzione generale della Salute della Commissione europea.

Oggi almeno 15 stabilimenti che producono prosciutto di Parma non possono più esportare in Canada, Paese che non accetta prodotti provenienti da zone soggette a restrizioni. E prima ancora, Cina, Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Messico hanno bloccato i confini. Per ora il mercato verso Stati Uniti e Australia non si è fermato. Nessuna limitazione alla commercializzazione né in Italia né nell’Unione Europea, ma il resto del mondo rappresenta una leva importante per la stabilità del settore produttivo delle Dop.

Resiste il prosciutto di Parma con i suoi 7,5 milioni di prosciutti che si traducono in un fatturato di 1,7 miliardi. Ma il 33% è destinato al mercato estero e quindi soggetto alle ricadute di possibili restrizioni. E poi trema tutto il settore: 20 miliardi di euro e 100mila posti di lavoro. L’Assica (Associazione industriali carni e salumi) stima in 20 milioni al mese le perdite in termini di esportazioni per peste suina in tutta Italia, compreso il prosciutto di Parma. Ecco perché sono sempre più numerose le richieste di intervento.

Ciò che è necessario? “Da parte nostra l’auspicio è che tutte le iniziative intraprese dal Ministero della Salute, dal Commissario Straordinario per la Peste Suina Africana, dal Ministero delle Politiche Agricole, Sovranità Alimentari e Forestali e dalle Regioni competenti portino al contenimento e all’eradicazione del virus , e tutti sono invitati a compiere uno sforzo ulteriore per raggiungere al più presto questo fondamentale obiettivo”, chiede Alessandro Utini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma. Intanto il commissario per l’emergenza peste suina Vincenzo Caputo ha incontrato gli allevatori di Emilia, Piemonte e Lombardia. Ha assicurato che l’esercito iniziasse ad abbattere i cinghiali. La richiesta è quindi di considerare la questione come una vera e propria emergenza, che sta colpendo un settore vitale per l’economia italiana.

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