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Ha organizzato una raccolta firme, minacciando di incatenarsi in piazza, con l’obiettivo di allertare l’opinione pubblica pozzuolese sul terribile rischio che incombe: «Non fate arrabbiare San Mamozio!», avverte, «non muovete il suo monumento da piazza della Repubblica!”.
E spiega: «Temporali, incendi, alluvioni, e poi bradisismo: in passato, ogni volta che la statua del santo veniva spostata altrove, su Pozzuoli si scatenavano le peggiori catastrofi naturali!».
Antonio Isabettini, 60 anni, pittore, maestro d’arte e storico di flegrea memoria, non è né pazzo né allarmista.
LA STATUA NON PUÒ ESSERE TOCCATA. Ma questa storia della statua del vescovo Martin de Leon Cardenas – che fu a Pozzuoli tra il 1630 e il 1650, fece baroccare la Cattedrale e fece sì che l’acqua potabile arrivasse nei vicoli – ha preso così tanto a cuore che da due anni il sindaco Enzo Figliolia e il consiglio comunale non riescono a trasferire la statua di San Mamozio (come viene chiamato dal popolo il defunto vescovo Cardenas) a causa delle proteste e – soprattutto – delle terribili profezie del maestro d’arte.
Tuoni, fulmini, fulmini: chi sposta San Mamozio, lo prenderà la peste. E chi se ne frega del piano di riqualificazione del centro storico, finanziato con soldi europei, che nel frattempo langue irrealizzato.
UNA CITTÀ DI 70MILA ABITANTI. La paura del bradisismo – nella cittadina flegrea di oltre 70mila abitanti che da secoli “danza” seduta sul vulcano Solfatara – rende inquieti.
Isabettini è spietato: per sostenere la sua tesi tregenda cita date, avvenimenti, coincidenze straordinarie.
Le 31 scosse di terremoto (in una mattinata) del 7 ottobre coincidono, guarda caso, con la ripresa della discussione sulla trasferta di San Mamozio.
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