Bari, una stagione fallimentare disastrosa. A Cosenza ha perso faccia e onore – .

Una stagione di fallimenti: in dieci anni è cambiato l’aggettivo che accompagna il concetto, da meraviglioso a disastroso. Da ieri ha anche la sua Waterloo, forse il punto più basso (se non retrocede) o il punto decisivo di un fondo ancora tutto da scavare (se non retrocede): Cosenza. Quella che doveva essere una partita decisiva da non perdere si è invece trasformata nell’ennesima pagina vergognosa di una stagione iniziata male, impostata peggio e proseguita in maniera disdicevole. Comunque andrà a finire, è un fallimento: per la cronaca (e solo quella) l’obiettivo stagionale – quello dichiarato tout court fino a poche settimane fa, i playoff – è aritmeticamente sfumato. A tre giornate dalla fine, infatti, sono dieci punti dietro la Sampdoria. A dire il vero il Bari non era mai stato veramente della partita, anche quando il distacco punti era minimo. Ma adesso c’è anche l’incubo della retrocessione diretta, se la stagione finisse oggi il Bari sarebbe in Serie C diretta.

LA RIVENDICATA DEGLI EX E DEI COLPI MANCATI. La pesante sconfitta di San Vito-Marulla non incide nulla sul piano aritmetico (playout e salvezza diretta sono ad un solo punto di distanza), ma sul piano morale, di gioco e di credibilità è una Waterloo a tutti gli effetti. È stata soprattutto la rivincita degli ex: dagli assist di D’Orazio e Marras sui primi due gol, al gol di Tutino (arrivava nel 2016 dalla primavera del Napoli, tanto per cambiare) e quello di Forte. Uno che era arrivato molto vicino a vestire i biancorossi nell’ultima sessione di mercato estiva. Ma per il Bari, evidentemente, non c’era bisogno di un attaccante esperto per la categoria. Le conseguenze (anche) di questa scelta si sono manifestate durante tutto il torneo. Anche quando la squadra crea fa fatica a metterla dentro e ieri, a parte venti minuti di orgoglio con un gol di Nasti e tanti pali, è seguito un prima e dopo da brivido: solito approccio soft alla partita con gol subiti, debolezza psicologica e di squadra che si scioglie alle prime difficoltà come neve al sole. Per non parlare di quella scaramuccia in campo tra Sibilli e Nasti… non proprio la dimostrazione di un gruppo unito e con un minimo di carattere.

SILENZIO STAMPA? PROPRIO COSÌ. Mi dispiace per i colleghi che hanno percorso chilometri per svolgere il proprio lavoro e intervistare i principali protagonisti, nella speranza che qualcuno si facesse vedere. Ma guardando le cose con distacco, forse è meglio così: se l’effetto è quello di assistere ai soliti luoghi comuni o, come spesso accade in queste circostanze, all’arroganza e alla presunzione, il silenzio stampa è accettabile. Se una parola è d’argento, il silenzio è d’oro. Mai come adesso, anche perché si tratterebbe di difendere l’indifendibile. Gli alibi sono finiti, ma da tempo. Può iniziare il tempo dei processi, anche parziali. Perché si concluda con un fallimento, sarà necessario rifondare tutto da cima a fondo. Dal presidente De Laurentiis all’ultima delle riserve – seppur con diversi gradi di responsabilità, di cui abbiamo parlato in tempi non sospetti – sono tutti colpevoli. Tranne ovviamente Giampaolo e il suo staff e, forse, anche Iachini.

ANGOSCIA. È la sensazione prevalente e chiara. Passare da quasi Serie A a quasi Serie C in soli 10 mesi è una situazione kafkiana, negli ultimi dieci anni quella rinascita tanto desiderata non è mai avvenuta. I 1500 arrivati ​​ieri a Cosenza hanno ricevuto l’ennesimo schiaffo ma la spaccatura con la squadra è ormai netta e anche nel finale di gara non sono mancate offese nei confronti di una squadra che aveva provato a chiedere scusa (?) in qualche modo. Adesso ci sono Parma, Brescia e Cittadella: a cosa possiamo aggrapparci per evitare una retrocessione che, ad oggi, sembra inevitabile?

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV è un paziente psichiatrico – .
NEXT I tesori di Marsala. Viene alla luce l’antico fossato punico – .