Sanità trentina, il nuovo presidente della Consulta: “Stop alla deriva verso il privato”, e sulle nascite: “Condizioni di rischio” – .

TRENTO. “Oggi il trentino occorre una vera riforma della medicina locale. Per ora pensiamo solo alle risorse, ma manca un’idea di fondo“. A dirlo in un’intervista a le Dolomiti E Elisa Viliottinuovo presidente di Consiglio provinciale di sanità.

Viliotti succede a Renzo Dori, presidente uscente e in carica dal 2019. Numerose sono le sfide e le criticità che il sistema sanitario trentino si trova ad affrontare: dalle tante trasformazioni cosa che avverrà grazie a Fondi Pnnr alla mancanza di persone fino al criticità dei punti nascita al riguardo Viliotti spiega: “I fondi attualmente spesi per il mantenimento dei punti nascita in deroga potrebbero essere utilmente utilizzati integrare il trasporto in elicottero delle donne incinte e per ilestensione della nascita territoriale del percorso comunitario al fine di migliorare tutte le attività relative al periodo pre e post natale”.

Presidente, la sanità locale non funziona. I pronto soccorso sono sotto attacco perché molti codici bianco e verdi non riescono a trovare risposte sul territorio. Cosa occorre fare per evitare che questa situazione esploda?
La medicina territoriale e l’integrazione socio-sanitaria devono essere riformate per prendersi cura dei più vulnerabili, valorizzando e investendo sulle reti organizzative di cura di concerto con l’implementazione delle potenzialità derivanti da un Pnrr che mira a riformare la sanità territoriale con criteri di prossimità (vicinanza agli utenti ), secondo una visione e una progettazione complessiva, non limitata alla pura progettazione delle strutture (Case di comunità e Ospedali di comunità) destinate a ricevere i finanziamenti europei, ma che deriva da una vera e propria co-programmazione basata sui bisogni e sulle esigenze delle persone, attuata con i soggetti interessati e, in primis, con gli Assessorati sanitari e sociali provinciali, che sono gli organi di rappresentanza delle associazioni, cooperative e imprese sociali su cui fa capo il mantenimento dell’unità sanitaria territoriale. Occorre quindi riaprire il dibattito sulla medicina locale, pensando ai sistemi integrati, al nuovo ruolo del Distretto e alla sua reale capacità gestionale, alla riforma delle RSA, alle case comunitarie come punto di riferimento della medicina propositiva e locale, alla funzione di continuità di sostegno assistenziale e riabilitativo degli Ospedali di Comunità e, quindi, sull’attuazione del Pnrr (DM 77/2022), perché al momento si è puntato solo sulle risorse ma non c’è stata un’idea di fondo di riforma concertata con tutti categorie socio-assistenziali e socio-sanitarie, per ragionare sul ruolo che vogliamo dare ai territori e sulla capacità di co-programmazione e co-progettazione tra Apss e Terzo Settore. È necessario che il management aziendale non si dedichi solo alla definizione dell’emergenza ma agisca sulla base di una visione d’insieme.

Uno degli aspetti che ci portano a parlare di sistema al collasso è la mancanza di personale. Credi che la facoltà di medicina possa aiutare?
La carenza di personale medico sanitario in tutti i servizi provinciali, e in particolare nella medicina generale, deve essere affrontata secondo una visione futura della sanità e non con soluzioni tampone come l’aumento del numero dei pazienti. Occorre alleggerire la parte burocratica e dotare i medici di base di semplici strumenti di diagnosi iniziale per evitare e ridurre la necessità di prestazioni specialistiche. Sono necessari sforzi particolari nelle valli per rendere disponibili alloggi a prezzi accessibili. La professione medica deve essere resa attrattiva verso i giovanissimi, per far sì che a un aumento dei posti nella Facoltà di Medicina corrisponda un reale aumento delle immatricolazioni, anche considerando che in Trentino i medici di base over 55 sono il 69% e i pediatri di libera scelta il 65 %. In generale servono incentivi economici adeguati per tutte le professioni sanitarie, considerato che un medico italiano guadagna il 70% in meno di un collega tedesco e il 40% in meno di un collega inglese e, in questo contesto, crescono gli stipendi dei medici simbolici, a cui andrebbe invece applicato un tetto massimo, semmai differenziando le località svantaggiate per renderle più attrattive. La questione dei medici liberi professionisti ha ricadute negative sia sull’organizzazione interna che sul sistema sanitario nel suo complesso. Internamente alle organizzazioni sanitarie, non essendo integrate nell’équipe assistenziale, gli operatori a gettone sentono meno responsabilità, garantendo meno adeguatezza delle cure, non avendo alcun obiettivo aziendale, poi c’è il rischio di conflitto legato ad una notevole disparità retributiva con i colleghi e la possibilità di decidere quanto e quando lavorare, con un potere contrattuale troppo forte ed eticamente discutibile. Con le pensioni in vista, se non ci sarà un tetto massimo ai compensi, la spesa sanitaria è destinata ad esplodere. Occorre investire sull’attrattività e sulla capacità di fidelizzare, creando servizi ed esperienze professionali unici e di qualità, incrementando i contratti del personale sanitario e pensando a un sistema di incentivi legato alle effettive competenze del professionista e basato sul merito, oltre che sul merito. come miglioramento del clima organizzativo.

Sono state evidenziate criticità nel mantenere aperti i centri nascita di Cles e Cavalese (in deroga). Cosa ne pensi? C’è un problema di sicurezza, cosa dovrebbero fare i politici?

La nostra posizione è da sempre ispirata all’esigenza che ogni servizio sanitario e, quindi, anche i Punti Nascita, debbano garantire la massima sicurezza, in questo caso sia per la mamma che per il nascituro. La letteratura sostiene che il basso volume di attività di un centro nascita può, infatti, costituire un elemento critico rispetto alle competenze espresse dai professionisti, soprattutto per quanto riguarda le situazioni di emergenza/urgenza ostetrica e/o neonatale, e ciò richiede una rotazione costante del personale di assistenza dei Centri Nascita aperti in deroga con quelli più grandi. Questa condizione di rischio, che vale anche per i professionisti, non facilita il reclutamento di medici disposti a lavorare in periferia. Al di là dei costi resi noti dalla Corte dei Conti, occorre dare priorità alla sicurezza dei servizi nelle scelte che la politica è chiamata a fare, verificando innanzitutto il rispetto degli standard operativi, di sicurezza e tecnologici indicati nel decreto Stato-Regioni Accordo 16 dicembre 2010 sulle linee guida per il processo del parto, quali la presenza di una guardia attiva 24 ore su 24 di anestesista, ostetrico, ginecologo, pediatra oltre a tutti gli altri requisiti richiesti. C’è anche da considerare che molte donne incinte di quella valle preferiscono recarsi a S. Chiara perché si sentono più protette e questo grava ulteriormente sulla funzionalità operativa del Centro Nascita di Trento. I fondi attualmente spesi per il mantenimento dei Punti Nascita in deroga potrebbero essere utilmente utilizzati per integrare il trasporto in elicottero delle gestanti e per l’estensione del percorso parto comunitario territoriale al fine di migliorare tutte le attività relative al pre e post parto.

Il settore privato sta riuscendo a conquistare più spazi. Crede che la salute pubblica sia in pericolo?

Non esiste alcuna opposizione di principio all’erogazione dei servizi sanitari da parte del settore privato, l’approccio è quello di tutelare il sistema sanitario pubblico per salvaguardare i dettami costituzionali di universalità, uguaglianza ed equità delle cure. In Italia dal 2009 sono stati chiusi 300 ospedali e persi 80mila posti letto. Le strutture ospedaliere private accreditate sono raddoppiate negli ultimi 10 anni, le strutture ambulatoriali specialistiche private sono passate da 5.587 a 8.778, le strutture private per cure residenziali sono passate da 4.884 a 7.984, le strutture private per cure semiresidenziali sono passate da 1.712 a 3.005, le strutture private per cure semiresidenziali sono passate da 1.712 a 3.005. strutture riabilitative dal 746 al 1154.

Anche a livello provinciale cresce la preoccupazione per l’aumento della destinazione delle risorse al settore privato, sottratte ai servizi sanitari pubblici. Il settore privato non sente il dovere di rispettare questi principi costituzionali, ispirati alla logica del profitto, con il rischio che la sanità diventi meno accessibile e aumenti il ​​numero di persone che non si curano e questo non è accettabile.

Per quanto riguarda la spesa per il settore privato e quanto detto dall’assessore Tonina che esaminando i dati della Corte dei Conti parla di un onere di 80 milioni di euro, vorrei sottolineare che in verità i costi indiretti derivanti dai servizi rimborsati ai cittadini non vengono calcolati e i costi sono a carico direttamente dei privati ​​cittadini. Quanto incide sul bilancio familiare il dover ricorrere alle cure private perché le liste di attesa sono proibitive?
Perché non proviamo a costruire un dato aggregato, accedendo alle dichiarazioni dei redditi e in particolare alle spese deducibili dei trentini? Questa è la spesa collettiva per l’assistenza sanitaria privata. Non avrà ripercussioni sul bilancio pubblico, ma avrà ripercussioni sui bilanci di tutti i cittadini.

C’è poi la questione delle liste d’attesa per le visite e le operazioni.
È necessario entrare nel merito di ogni singola lista d’attesa per capire come sono costruite e dove si manifestano le criticità, analizzando sia la coerenza dell’erogazione dei servizi da parte del sistema sanitario rispetto alla domanda di salute, sia le carenze organizzative. e mancanza di supervisione del sistema di gestione delle liste. Nella mia umile esperienza di Presidente dell’Avis del Trentino, ho riscontrato il problema di una lista d’attesa di 1.300 aspiranti donatori in attesa di effettuare gli esami del sangue, che, nel corso degli anni, non solo si è protratta ma è aumentata. Entrando tempestivamente nel merito organizzativo unità di raccolta per unità di raccolta, siamo riusciti ad eliminarla in breve tempo. Con questo intendo dire che occorre il coraggio di mettere in discussione un modello organizzativo ormai consolidato ma non per questo funzionante. Entrare nel merito dell’organizzazione di ogni singola lista d’attesa, con puntualità, comprendendone il funzionamento, ma anche individuando gli utenti che temporeggiano per la disponibilità dell’offerta di servizi pur rimanendo in lista. La mancata inversione di tendenza si ripercuoterà sull’accesso alle cure, costringendo i cittadini meno abbienti a rinunciare al diritto alla salute, provocando un’eccessiva pressione sui pronto soccorso (codici bianco e verde), costringendo i cittadini a rivolgersi alla costosa sanità privata che si presenta liste d’attesa o addirittura nessuna disponibilità per alcune tipologie di esami diagnostici. Si segnala, inoltre, che nelle previsioni di bilancio 2024/2026 non sono state incrementate le risorse stanziate per la riduzione delle liste di attesa.

Recentemente ha assunto l’incarico di presidente del Consiglio di Sanità del Trentino. Considerata la situazione che stiamo affrontando, qual è il tuo appello alla politica?
Il sistema sanitario pubblico deve essere posto al centro dell’agenda politica e sostenuto da risorse adeguate, invertendo la deriva verso il settore privato, considerando il finanziamento della sanità pubblica un investimento e non un costo da contenere nel bilancio pubblico. Il Trentino gode di numeri, disponibilità di risorse e professionalità di valore, occorre rigenerare il sistema per renderlo virtuoso

 
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