30 anni dalla morte di Ratzenberger a Imola – Commento – .

30 anni dalla morte di Ratzenberger a Imola – Commento – .
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Quello 30 aprile 1994 è stata trasmessa per l’Italia la seconda sessione di qualifiche del Gran Premio di San Marino Raitre e si è cominciato con l’intervista di Ezio Zermiani dai box a Rubens Barrichello, scampato al brutto incidente alla Variante Bassa appena ventiquattr’ore prima.

Pochi minuti dopo il regista, che stava seguendo il giro di Damon Hill, improvvisamente ha tagliato un’auto gravemente danneggiata. La voce di Mario Poltronieri – il narratore di quella Formula 1 – tacque subito alla vista del casco Roland Ratzenberger impotente nell’abitacolo della Simtek Ford. Da ex pilota, il commentatore Rai ha capito subito la tragedia del momento: “Ahi, un altro colpo violento. Anche questa volta. C’è stato un altro incidente. Abbastanza serio. A Ratzenberger”.

I commissari di pista e gli uomini del CEA si affollarono attorno alla vettura, che aveva urtato violentemente contro il muro esterno della Curva Villeneuve a oltre 300 km/h. È arrivata la bandiera rossa. Arrivarono i replay, l’elicottero della TV riprese il tutto salvataggio disperato. Immagini crude, massaggio cardiaco, giro in ambulanza, elicottero. Nessun segnale positivo.

Trent’anni fa i piloti non erano tutti famosi e non tutti superstar. Non c’era Internet, non esistevano Wikipedia e i social, in tanti accendevamo la televisione e scoprivamo – anche tra una gara e l’altra – nuovi partecipanti al campionato del mondo di Formula 1. E così Poltronieri ha tracciato un rapido profilo di Ratzenberger: “Pilota austriaco, alla sua seconda gara in F1″.
Rolando è morto.

C’era un ragazzo con un sogno. Ma il suo sogno si è infranto, a 33 anni, a Imola. La sua carriera venne scoperta solo dopo quel 30 aprile. Era tutt’altro che un pilota inesperto, aveva corso cinque volte la 24 Ore di Le Mans e nel 1993 aveva ottenuto il quinto posto assoluto e il primo nella classe C2 nella leggendaria gara di durata. Per soddisfare il suo desiderio di correre in F1, accettò la Simtek Ford, una squadra esordiente squattrinata sponsorizzata da MTV. Non si è qualificato in Brasile, è arrivato 11° ad Aida. Poi arrivò Imola.

Quel fine settimana c’era un altro ragazzo… un bambino di 9 anni – che stava guardando quello che succedeva in TV. Il sottoscritto. La mattina del primo maggio piegai a metà un tagliando del totocalcio e cominciai a scrivere sul retro quello che sarebbe stato il primo articolo della mia vita, che conservo ancora e che cominciava così: “La Formula 1 è in lutto. È morto ieri Roland Ratzenberger, pilota austriaco della Simtek Ford numero 32.. L’ingenuità della mia tenera età subì in quelle ore un vero e proprio choc. Percettibile dai dettagli riportati di seguito nel racconto: mi sono soffermato sulla cornice del casco di Ratzenberger arrendendomi all’impatto, sul sangue, sulla morte che ha brutalmente falciato la F1 dopo 8 anni (da Elio De Angelis nei test del Paul Ricard, 1986).

E ancora non sapevo cosa sarebbe successo nel pomeriggio del primo maggio.
Da allora ho smesso di far schiantare le monoposto di F1 BBurago sulla pista giocattolo costruita con i Lego. Da lì in poi appresi – nel modo più crudele – che al volante di quelle vetture c’erano uomini tutt’altro che invincibili e indistruttibili. Che hanno sfidato la morte per passione, cercando nell’adrenalina della velocità l’essenza della propria esistenza. E hanno meritato e meritano rispetto, dal più forte all’ultimo sulla griglia di partenza. Sempre. Non dovrebbero essere presi in giro, non dovrebbero essere insultati. Questo mi ha insegnato Roland Ratzenberger, che girava a 6 secondi dalla pole e che aveva un contratto di sole cinque gare. Il rispetto e l’ammirazione per quei ragazzi e il loro sogno.
L’ho scoperto più tardi il cinismo del mondo e degli affaricon un altro schiaffo: sono passati appena dieci minuti dal decollo verso l’ospedale di Bologna dell’elicottero che trasportava Ratzenberger alla ripresa delle qualifiche.

 
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