«Bisognerebbe indagare sulla morte di Cicel» – .

«Bisognerebbe indagare sulla morte di Cicel» – .
«Bisognerebbe indagare sulla morte di Cicel» – .

DiAngiola Petronio

È ormai formale la richiesta di un’indagine approfondita sulla morte di Cicel Turiceanu, trovato morto il 10 aprile. L’amico: «Eravamo con lui quando è stato aggredito»

giustizia. E la memoria. Quelle per Cicel, il senzatetto trovato morto all’alba del 9 aprile davanti alla chiesa di San Tomaso. Giustizia, quella che si cerca per quella morte, che porta con sé tutte le stigmate del delitto. A chiederlo è Cicel che lo conosceva. Le persone che si sono ritrovate a San Tomaso ieri, venerdì 3 maggio, per ricordarlo. Ma anche l’«Osservatorio di comunità, ricerca e azione per i diritti e i doveri sociali», composto da attivisti o volontari del terzo settore, professori dell’Università di Verona e dirigenti di cooperative sociali e nato per difendere i diritti delle persone disabili, svantaggiate e discriminato. Osservatorio che nei giorni scorsi su morte di Cicel ha presentato, tramite l’avvocato Paola Malavolta, «una richiesta di apertura di un’indagine contro ignoti”.

Cerca la verità

L’Osservatorio chiede – basandosi sull’articolo del Corriere di Verona del 24 aprile – «ordinare un’indagine, se non è già aperta”.perché la morte di Cicel «potrebbe includere casi penali gravi, come omicidio colposo o morte quale causa di altro delitto”. Perché Cicel è stato aggredito prima di morire. Lo hanno raccontato anche i suoi amici ieri, a San Tomaso. Quelli con cui Cicel Turiceanu, – Rumeno, 59 anni, che visse la sua vita tra la Giarina, Santa Maria in Organo, Piazza Isolo, il centro e la chiesa davanti alla quale morì – condivise quella casa che è il cielo aperto. Senza essere “invisibili”. Cicel chi ha bevuto, ma cosa «ha vissuto una vita piena e al quale la sfida della vita non ha mai tolto il sorriso e la voglia di aiutare gli altri”, come ha detto suor Speranza, comboniana, che ha ricordato come Cicel sia stato il primo a Verona che “poteva salutare senza barriere, che quando usciva da Santa Maria in Organo e mi accoglieva sempre con un sorriso quando veniva ad aiutarmi a spazzare davanti alla chiesa o alla statua di Don Comboni”.

La spinta, la caduta, l’ospedale

Nella richiesta presentata alla Procura l’osservatorio ha anche chiesto di essere registrato «in qualità di persona lesa da un reato». Cioè costituirsi parte civile. “La precedente condotta che avrebbe potuto causare la morte del signor Cicel Turiceanu, se accertata, violava senza dubbio i diritti delle persone senza fissa dimora o che vivono in strada”, si legge. Quella strada dove Cicel non era solo. Non lo è mai stato, Cicel. Perché quel sorriso e quell’apertura verso gli altri lo facevano amare. Non era solo, Cicel, nemmeno il lunedì sera prima di morire. «Eravamo in gruppo – racconta Massimo – erano circa le 22.30 ed eravamo in piazza Erbe davanti a un locale. Cicel ha chiesto un pezzo di pizza a un cameriere. La risposta fu una spinta violenta che lo fece cadere e sbattere la testa sul marciapiede di marmo. Perdeva sangue, è arrivata l’ambulanza ed è stato portato al pronto soccorso”. Avrebbe firmato per andarsene, Cicel. Martedì è stato trovato morto ai piedi della panchina su cui dormiva davanti a San Tomaso. Al polso ha il braccialetto di quel ricovero improvvisato. E «la faccia insanguinata», ha detto Sabato Iannone, che di quella chiesa è il diacono. «Era una brava persona. Quando pioveva rimanevamo qui e poi ci salutavamo quando chiudevo. Adesso quando chiudo la chiesa continuo a vederlo”.

L’omelia

La sorella e il nipote di Cicel erano ieri a San Tomaso per quella che don Vincenzo Zambello, il prete divenuto amico di Cicel, definì la «festa pasquale del nostro caro fratello. «È morto in circostanze violente. Il suo volto gonfio ci interpella. Speriamo che sia fatta giustizia”, ​​ha affermato in una nota.omelia alla quale hanno partecipato una cinquantina di persone. «A suo modo ha lasciato una testimonianza, un messaggio: la sua umanità, la sua carità, la sua fede». Era ortodosso, Cicel. Ma pregava anche nelle chiese cristiane. «A Verona vivono per strada circa 200 persone – le parole di don Zambello -. Società civile, organizzazioni di volontariato, chiese. Dobbiamo porci tutti delle domande davanti a queste persone – ha detto don Zambello -. Dicono “è una loro scelta”, è vero? O forse perché le condizioni, le regole, pur necessarie, non sempre sono adatte a certe persone. Cicel ci lascia un’eredità che ci fa riflettere sulla dignità di queste persone. E con la sua morte la speranza è che possa sviluppare un rapporto con le persone in difficoltà, con le persone “scartate”. Da “scartati” a cittadini, per costruire insieme a noi una comunità umana”.


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4 maggio 2024

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