Bandiere da regata, quei pezzi unici che Anareta crea a mano dall’inizio alla fine – .

Bandiere da regata, quei pezzi unici che Anareta crea a mano dall’inizio alla fine – .
Bandiere da regata, quei pezzi unici che Anareta crea a mano dall’inizio alla fine – .

A Olimpiadi ci sono medaglie, oro, argento e bronzo. A Venezia IL bandiere. Chi vince una regata vince una bandiera triangolare. Rosso per il primo. Pochi sanno – fuori dal mondo delle regate – che quei pezzi di raso, accuratamente decorati, provengono tutti dalla stessa mano, quella della dama delle bandiere, Anna CampagnariQuello da circa quindici anni vince regolarmente il bando che il Comune bandisce per acquistare quelli da consegnare al primo classificato delle regate. Dalla Storica a tutte le altre gare del calendario ufficiale. Le bandiere sono centinaia, perché gli equipaggi vanno da due persone (gondolieri, pupparini e mascarete, sono le diverse imbarcazioni) fino a sei per le caorline. E c’è anche da considerare che, per una tradizione veneziana che si perde nella notte dei tempi, il podio non è riservato ai primi tre, come nel resto del mondo, ma vince anche il suo tricolore l’equipaggio quarto classificato. . Cambia solo il colore. Rosso, bianco, verde e blu, in ordine di posizionamento. L’aspetto curioso è che molte di quelle bandiere che Anna, anzi Anareta come è conosciuta nel mondo del canottaggio, prepara, poi tornano a casa, perché sia ​​lei che il marito, Marino Almansi, di professione avvocato, sono due campioni di canottaggio . E anche se i sessant’anni non li aspettano più, continuano a remare con immutata passione. Il canottaggio è uno degli sport più longevi e sono numerosi i casi di campioni vinti anche in età pensionabile.

Entrare nel laboratorio di Anna significa fare un tuffo nello spirito veneziano. Ci troviamo a San Pantalon, a metà strada tra Piazzale Roma e l’Università Ca’ Foscari, palazzo Falier, uno dei tanti tesori che Venezia nasconde. Potresti dire casa e negozio. Al piano terra, un affascinante laboratorio, con pareti rivestite di bandiere e coppe, e numerosi oggetti da collezione come suppellettile, tra cui un felze (l’antica copertura della gondola) che fu utilizzato in occasione della visita della regina Margherita. Al piano superiore c’è l’appartamento, dove Anna e Marino amano ricevere gli amici, in gran numero, a giudicare dalla lunghezza della tavola. «Ho iniziato a realizzare bandiere circa trent’anni fa, ma direi per hobby. Mia madre era sarta e da lei ho imparato alcuni trucchi del mestiere. Ho cucito le bandiere che sono state date in premio alla Regata delle Befane (altra tradizione veneziana, una gara con rematori in abiti da vecchie ai remi, che naturalmente si svolge il 6 gennaio ndr). Solo una quindicina di anni fa ho deciso di farne una professione. L’artigiano che li produceva fino a quel momento, il signor Da Cal, aveva deciso di andare in pensione e io ho provato a sostituirlo, visto che un po’ di lavoro avevo già. Da allora, prima del Covid, ho raggiunto anche io mille bandiere all’anno».

Sembra facile realizzare una bandiera. In realtà, come per tutti i prodotti artigianali, sono necessarie abilità manuale, qualità dei materiali, tempo, pazienza e passione

«Per farne uno bandiera da corsa, se nessuno ti interrompe, e ti dedichi solo a quello, ci vogliono un paio d’ore. Dover fare il disegno a china sul tessuto, dorandolo, cucendo la frangia, fissando il cordone, tagliando i tre tessuti di raso che dovranno essere sovrapposti uno sull’altro. Il tessuto deve essere fissato all’asta metallica alla cui estremità va la manopola. Per una bandiera avrai bisogno di un metro e mezzo di frangia, un metro di corda e pezzi di stoffa. Puntare sulla qualità. Cerco di dare il massimo, se qualcuno vince deve anche ricevere qualcosa di adeguato”. Anna Campagnari di vittorie se ne intende. Non ricorda quanti ce ne sono. Ha fatto coppia con diversi compagni, a cominciare da Lucia Bubacco, la madre di Rudy Vignotto, re del remo assieme al cugino Igor. Poi un lungo sodalizio con Nadia Donà, ora Marta Signorelli, sua amica di sempre. «Partecipare ad una regata è qualcosa di incredibile per noi veneziani. Ti regala emozioni indescrivibili. Se poi vinci la Regata Storica, ne ho vinte quattro, in 24 partecipazioni, più vari piazzamenti di bandiere. Mi vengono ancora i brividi se penso alla mia prima vittoria nel 1987. Già da qualche anno ero considerato il favorito, ma per un motivo o per un altro il successo non arrivò mai. Entrare per la prima volta in Canal Grande mi ha dato un’energia pazzesca, potevo sentire la folla che mi acclamava. Al traguardo non sono riuscito a trattenere le lacrime”. Anna racconta e indica le bandiere vinte, ognuna ha la sua storia, sempre intrisa di sudore, fatica, passione. «A volte mi chiedo chi mi fa continuare. La risposta è molto semplice: mi piace. Il canottaggio mi completa, amo lo sport, ho corso mezze maratone, sono andato a nuotare. Credo di essere stato il primo pilota ad applicare un metodo di allenamento che non fosse solo il vogatore, ma anche la palestra, la corsa e l’allenamento con la barca frenata. Prova a remare con qualcosa legato a poppa che ti rallenti. Molto dura, ma poi i risultati si vedevano in gara”. Una carriera lunga, ancora aperta. Ha cominciato, quando le donne in barca erano viste con una certa diffidenza, remare in piedi non faceva per loro… «Adesso è normale, prima mi gridavano, torna in cucina ai fornelli. Anche le ricompense erano diverse, gli uomini ricevevano molto di più. Però nell’87, con il primo Storico, guadagnai 5 milioni, che valevano molto di più dei 2.500 euro equivalenti di oggi. Adesso i premi sono gli stessi, grazie anche all’impegno di Benito Vignotto, ma livellati verso il basso”.

I TEMPI CAMBIANO

I tempi cambiano, ci sono anche meno persone che remano. «Le regate sono un po’ diminuite, lo vedo dal fatto che mi chiedono meno bandiere. Ma il lavoro per il mio laboratorio non manca. Col tempo ne ho acquisito uno clientela internazionale. La bandiera viene acquistata come souvenir di Venezia. Oppure mi vengono commissionati colori o simboli di altre aziende. Mi sono ramificato, faccio anche stendardi, gagliardetti, cuscini, ciabatte “Furlane”. Tutto sempre fatto a mano. Pezzi unici. Ricercato. Ci sono le mie bandiere in Germania, Svezia, Francia, perfino nella caserma dei pompieri di New York”. Tutti gli articoli prodotti sono commercializzati con il marchio “Anareta“, il soprannome di Anna Campagnari. Da dove proviene? «È un gioco di parole, è il diminutivo di Anna e papera. All’inizio remavo per la Canottieri Bucintoro. A volte ero al timone e urlavo il ritmo. Qualcuno che mi prenda ha detto intorno a me: sembri un’anara. Ero giovane e così sono diventata Anareta. Un soprannome di cui sono fiero”.

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