Salerno – Teatro Comunale Giuseppe Verdi: La bohème – .

Salerno – Teatro Comunale Giuseppe Verdi: La bohème – .
Salerno – Teatro Comunale Giuseppe Verdi: La bohème – .

La stagione 2024 è iniziata senza troppe trombe al Teatro Verdi di Salerno.
La crisi si fa sentire anche qui e si riflette sia nel numero dei titoli in cartellone, sia nel numero delle rappresentazioni per ogni opera (nemmeno tanti anni fa si contavano cinque rappresentazioni per ogni titolo).

È iniziato con La Boheme un’opera quindi generalmente non considerata “di inaugurazione” ma qui accolta con grande favore. L’Orchestra del teatro Il Salerno si conferma gruppo affidabile e ben concentrato, ma nemmeno la direzione Daniele Oren è riuscito a evitare qualche imprecisione, basti ricordare gli accordi che iniziano (e finiscono) il terzo atto, che risultano un po’ sfilacciati. Tuttavia, il suono orchestrale era nel complesso buono e attentamente modulato verso il palco in termini di volume, ma quello che sembrava mancare era lo sforzo concertato tra tutti gli artisti sul palco. Tutti bravi nei loro ruoli, ma non sempre adattavano la loro voce allo spazio del piccolo teatro, con il risultato di volumi a volte esagerati e di una sensazione diffusa di cantare a voce alta.

Interprete sensibile, Mariangela Sicilia ha reso le molteplici sfaccettature di una Mimì meno ingenua e smarrita di quanto siamo abituati. Con tecnica raffinata e il timbro luminoso di un soprano lirico ha attraversato senza cedimento tutte le fasi della maturazione del personaggio, da “Mi chiamano Mimì” ad un intenso “Sono andato” passando per “Donde lieta exit” dove ha cominciato a farsi vedere il lato drammatico del personaggio.

Con una voce chiara e chiara e una linea di canto sicura, Giovanni Sala era un Rodolfo pronto ad accendere la passione giovanile. Inoltre la sua voce si sposava molto bene con quella della Sicilia nei loro duetti. Peccato solo che il tenore abbia guardato troppo spesso il direttore d’orchestra, cosa che lo ha fatto sembrare distratto e gli ha fatto perdere un po’ di credibilità scenica.

Marcello è stato convincente Mario Cassicon un bel tono baritonale, che non avrebbe avuto bisogno di gonfiare i suoni come dava l’impressione di fare soprattutto nella prima immagine.

Sabina Puertolas si è mostrata perfettamente a suo agio in un ruolo da protagonista come Musetta. Era esuberante come ci si aspettava ma con un timbro che spesso perdeva la sua morbidezza.

Carlo Striuli cercava di compensare la rigidità dell’emissione con accenti accorati, mentre Biagio Pizzuti era uno Schaunard soddisfacente e ben coinvolto nelle scene d’insieme.

Ottimo caratterista, Angelo Nardinocchi ha differenziato i toni e i caratteri di Alcindoro e Benoit con saggezza e gusto.

Buono in parte Paolo Gloriante come Parpignol.

Ottima prova di Coro Teatro Verdidiretto da Francesco Aliberti così come di Coro dei bambiniguidato con mano sicura Silvana Noschese.

Le scene di Alfredo Troisi (autore anche dei costumi, semplici ma in stile) con pochi elementi di arredo, ma evocativi dei diversi ambienti.

La regia è quasi didattica Plamen Kartaloff, con molta staticità e rigidità nei movimenti scenici. Un esempio di ciò è il duetto tra i protagonisti posti ai lati opposti della scena e rivolti verso il pubblico anziché l’uno verso l’altro.

Sorpresa all’ultimo momento, alle battute finali dell’orchestra, Mimì si alza dal letto in cui era coricata, prende la candela ed esce dalla porta da cui è entrata all’inizio del racconto, lasciando i suoi amici che restano immobili a piangere. suo. È tutto un sogno? La missione di allevare il gruppo di persone spericolate ed educarli sulla sua vita era completa? Speculazioni, solo il regista conosce il significato di questo finale e non ce lo ha detto.

Pubblico più intemperante che mai, con cellulari e fotografie a tutto volume. Comunque alla fine ovazioni per tutti.

La recensione si riferisce alla prestazione del 26 aprile 2024.

Bruno Tredicino

 
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