Donne accusate di scafisti e detenute in Calabria, Muglia: “ci sono anomalie”

REGGIO CALABRIA – Il Garante regionale dell’ diritti delle persone detenute o private della libertà personale Luca Mugliasta esaminando la posizione e le condizioni delle due donne iraniane detenute nelle carceri calabresi, accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sono Maysoon Majidi, detenuto nel carcere di Castrovillari, e Qaderi Maryam, detenuto nel carcere di Reggio Calabria. Muglia – si legge in una nota del garante – ha incontrato più volte Maysoon Majidi, insieme al garante della Provincia di Cosenza Francesco Cosentini, riscontrando “un progressivo dimagrimento della giovane, fortemente colpita dalla detenzione e dalla paura che non uscirà presto dall’ignoranza delle accuse mosse contro di lei”.

Quanto a Qaderi Maryam, le sue condizioni sono state esaminate dal garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, Felice Maurizio D’Ettore, “poiché la separazione dal figlio di 8 anni, temporaneamente affidato alle cure di una famiglia afghana della comunità, avrebbe generato una serie di atti di autolesionismo ed eventi critici“. Alcuni chiarimenti sulle condizioni delle due donne sono già stati richiesti dal Garante nazionale agli istituti di Reggio Calabria e Castrovillari, seguiranno a breve ulteriori accertamenti vista la natura dei mandati conferitigli dalla normativa italiana e internazionale. “La vicenda delle giovani donne iraniane detenute, accusate di essere trafficanti nell’ambito di due diversi procedimenti penali – afferma Muglia – è motivo di notevole preoccupazione e interrogativo. Il mio ufficio e quello del Garante nazionale hanno lavorato insieme per mettere in atto tutti gli interventi necessari. Pur confidando nella magistratura, che sicuramente farà piena luce sulle questioni al vaglio, non possiamo esimerci dal segnalare illogicità e anomalie.

In entrambi i casi, infatti, si tratta di donne con storie particolari alle spalle che hanno versato ingenti somme di denaro allontanarsi dal paese di origine, temendo per la propria incolumità. Maysoon Majidi è una nota regista e attivista curda per i diritti umani costretta a fuggire, insieme al fratello, prima dall’Iran e poi dal Kurdistan iracheno a causa delle sue attività di protesta antigovernativa che avevano messo in pericolo la loro stessa vita. Qaderi Maryam, fuggita dall’Iran con il figlio per sfuggire ad una situazione drammatica, avrebbe subito un tentativo di violenza sessuale da parte degli stessi tre uomini durante il viaggio dalla Turchia a bordo di una barca a vela. che, al suo arrivo in Italia, l’ha accusata di essere una trafficante”.

“L’atipicità della storia condivisa dalle due donne – prosegue Muglia – è data dalle difficoltà linguistiche e dalla circostanza che quasi tutti i migranti che si trovavano sulle rispettive imbarcazioni hanno lasciato il territorio italiano senza avere notizie. Il quadro emerso è confermato la necessità che la repressione del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si avvalga di diverse modalità in grado di accertare l’individuazione delle responsabilità con maggiore puntualità e rigore. Sarebbe necessario introdurre l’impiego di squadre investigative specializzate, l’uso delle tecnologie più avanzate, la cristallizzazione delle prove immediatamente dopo lo sbarco e garantire l’effettività del diritto di difesa. Non possiamo correre il rischio di confondere le vittime con i carnefici”.

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