L’arte dell’Ottocento in mostra a Monza – .

Se guardiamo alla storia della Lombardia nel corso dell’Ottocento – per certi versi un vero “secolo lungo”, a differenza di quanto gli è accaduto – ci imbattiamo semplicemente in situazioni molto diverse e in alcuni casi contraddittorie.

Tra storia, letteratura, pittura

Francesco Hayez, Ritratto femminile (collezione privata, Courtesy Galleria dell’Ottocento, Milano).

L’Ottocento lombardo, infatti, si apre con la contesa tra Napoleone e gli austriaci per il controllo politico del territorio, prosegue con i moti risorgimentali antiasburgici, si inserisce nella prospettiva più ampia della nascita dell’Italia unita, e poi prende forma come un vero e proprio laboratorio della modernità, manifestando i precursori di una società industriale con i suoi clamorosi successi e i suoi inevitabili e mai risolti conflitti.

Non sorprende, quindi, che nel giro di pochi decenni, già la Milano neoclassica fosse la patria del romantico Manzoni, il luogo di maturazione intellettuale del realista Verga, nonché la fucina del (vero o presunto) antimanzonismo. della Scapigliatura. E lo stesso vale per le arti figurative lombarde; dopo l’epoca napoleonica segnata dal primato neoclassico di Giuseppe Bossi e Andrea Appiani queste arti, muovendo dalla pittura romantica e storica di Hayez e Molteni, hanno prodotto numerose esperienze nel corso del secolo, come quelle patriottiche dei fratelli Induno , per giungere – qualche anno dopo – ai cenni alle avanguardie europee degli Scapigliati Cremona o dei Ranzoni o alle suggestioni impressioniste di Pompeo Mariani.

Una ricca mostra all’Orangerie della Villa Reale

Giuseppe Molteni, La desolazione per la perdita dell’amante (Castello di Agliè, ©MiC-DRM-Piemonte).

Gli esempi forniti sono, però, solo parziali: per chi vuole saperne di più non resta che visitare la mostra aperta dal 13 aprile al 28 luglio 2024 presso l’Orangerie del Palazzo Reale di Monza e i Musei Civici di Monza, intitolato 800 longobardo. Ribellione e conformismo, da Hayez a Previati. La mostra – composta da un centinaio di opere provenienti da collezioni pubbliche e private – è curata da Simona Bartolena, prodotta e realizzata da ViDi culturale, in collaborazione con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e con il Comune di Monza, con il contributo di BPER Banca e della partnership Trenord.

Prima di parlarne, però, è giusto che denunci i miei “pregiudizi”, come già feci recensendo una mostra a Novara un paio di anni fa; si tratta infatti di un tema – quello della Lombardia ottocentesca – da sempre al centro dei miei interessi e del mio “gusto” pittorico, forse (anzi certamente) influenzato dalle mie origini milanesi e dalla mia assidua frequentazione di musei e mostre della mia regione, ma anche gallerie d’arte dove si possono ammirare (spesso) veri e propri capolavori. Il mio entusiasmo diffuso quindi non è acritico, ma consapevole: se è vero che non tutte le opere esposte a Monza hanno lo stesso livello di qualità (il titolo stesso parla di un certo “conformismo”…), è altrettanto vero che tutti funzionali al “confezionamento” di una mostra dalla quale si esce (oltre che ammirati) molto più informati.

Il percorso all’Orangerie è cronologico e tematico parallelo e si apre con la figura di Francesco Hayez (di lui un bellissimo ritratto femminile) – uno dei pittori che “hanno fatto gli italiani”, come ho scritto in un precedente articolo – e con le opere di alcuni seguaci, influenzati dal suo insegnamento Braidense: tra questi Giacomo Trecourt, Massimo d’Azeglio e Giuseppe Molteni. Notevole di quest’ultimo – oltre al ritratto di Alessandro Manzoni – è il tocco toccante La desolazione per la perdita dell’amante del 1850; ma i lettori de La Ricerca forse già conoscono questo artista, a chi Monaca di Monza riscoperto (“gemello diverso” di uno già conosciuto) a cui ho dedicato un pezzo l’anno scorso.

Giovanni Migliara, Portico di Sant’Ambrogio (collezione privata)

La sezione successiva è dedicata ai paesaggisti e agli “artisti prospettici” della prima metà del secolo – Giovanni Migliara e Angelo Inganni in primis – che, con le loro vedute di città e scene di vita quotidiana, ci permettono di conoscere meglio urbanistica e sulla vita sociale del tempo.
Notevole, tra gli altri, uno Contrada Nuova Monza di Inganni e a Portico di Sant’Ambrogio di Migliara.

Federico Faruffini, Il suonatore di liuto (collezione privata)

La “tappa” successiva mi è molto cara, dedicata ai temi risorgimentali (frequentavo ancora le scuole elementari nel

Gerolamo Induno, La famiglia del soldato

Sessanta, nutrito di “pane e Risorgimento”!), e in particolare sulla pittura dei “garibaldini” Gerolamo e Domenico Induno, che rappresentano i combattenti per l’Italia unita non solo sul campo di battaglia, ma anche nell’intimità familiare, segnata dalla loro gioiosa presenza (come in uno splendido dipinto di Gerolamo) o dalla loro dolorosa mancanza.
Ampio spazio è dedicato alla Scapigliatura, anticipata dalle geniali intuizioni di Giovanni Carnovali detto il Piccio e dall’inquietudine di Federico Faruffini (bellissimo il suo Suonatore di liutodel 1865) di cui si è già parlato in queste colonne.

Chi scrive, però, guarda le opere di Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni e Luigi Conconi che – per un’antica abitudine allo studio della cultura Scapigliata – ha guardato con particolare interesse: veramente straordinarie Ragazza inglese di Ranzoni del 1886, che da sola vale la visita.

Daniele Ranzoni, La giovane ragazza inglese (collezione privata, Courtesy Galleria Enrico, Milano)

Ma nella seconda metà dell’Ottocento acquistò grande popolarità anche il genere, molto decorativo, del paesaggio. Numerose sono infatti le tele che ritraggono le campagne brianzole, le vette alpine e le suggestive acque dei laghi, dipinte da artisti come Eugenio Gignous (molto caro ai collezionisti lombardi, così come il meno famoso nipote Lorenzo, che fu un amica di uno dei miei zii mamma…), Silvio Poma e Filippo Carcano; ma, tuttavia, i ruscelli campestri o i canali milanesi popolati da vivaci lavandaie, come quelli ritratti da Emilio Gola nel 1895: qui, più che la “sciabordatura delle lavandaie”, come nella celebre poesia di Giovanni Pascoli più o meno contemporaneo, sembra di sentire le loro chiacchiere!

L’esposizione, che presenta anche alcune sculture di Medardo Rosso, si ferma alle soglie della nascita del Simbolismo e del Divisionismo, con alcune opere giovanili di Gaetano Previati e Giovanni Segantini.

Emilio Gola, Lavandaie sui Navigli (collezione privata, Courtesy Galleria dell’Ottocento, Milano)

Il nucleo dei pittori monzesi

Si prosegue però ai Musei Civici di Monza, dove è stata allestita una sezione dedicata alla scena artistica della città di Monza, città natale di pittori straordinari come Pompeo Mariani, Moses Bianchi, Eugenio Spreafico ed Emilio Borsa.

Mosè Bianchi, Milano sotto la neve (Collezione NIMUEH, Courtesy Galleria Enrico, Milano)

I più conosciuti al grande pubblico sono senza dubbio Mosè Bianchi e suo nipote Pompeo Mariani. Se rispetto a quest’ultimo – grande interprete figurativo della Belle Époque e virtuoso autore di quadri marini, il cui grande successo commerciale ha prodotto (anche) numerosi falsi che hanno “impastato” il florido mercato… – ho rivisto, qualche anno fa fa, un volume monografico, questa volta voglio segnalare soprattutto un dipinto di mio zio, e quello è magnifico Milano sotto la neve da una collezione privata; in esso emerge tutta la sua abilità tecnica, ma anche il suo gusto particolare per la rappresentazione delle figure umane e della loro condizione sociale e anche psicologica. Perché qui ciò che hanno in comune dame eleganti, donne comuni con bambini e soldati in divisa è il freddo, l’intensità e l’“interclasse”; e il freddo stesso sembra provenire da questo tavolo che è uno dei “piccoli grandi capolavori” di una mostra che invito tutti a visitare.

 
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