Vittorio Di Trapani, il compagno nemico dei lavoratori e campione degli autogol – Libero Quotidiano – .

Francesco Specchia

07 maggio 2024

A prima vista, Vittorio Di Trapani, napoletano, classe ’75, moglie e figlio, barba rada, gesti misurati, tendenza a sussurrare, sembra un democristiano. Lui sembra. E’ solo un pretendente. Basta ascoltarlo cinque minuti oggi, nella furibonda disputa tra sindacati di sinistra e di destra, per accendere il dibattito. Rai, che Di Trapani ti appare subito biblico e vendicativo, un po’ come un Maurizio Landini del giornalismo, un Togliatti di viale Mazzini, un Ho Chi Minh della gestione sindacale del servizio pubblico. La sua parola resta piombo fuso sulle decisioni dell’associazione degli scribi italiani. E non solo. Ieri, dopo aver appreso la notizia che nel blocco sovietico la diga Usigrai la crepa si stava allargandoVi unirete (il “contro-sindacato” di destra che non ha aderito allo sciopero nazionale da lui indetto per ragioni politiche); bene intanto a Vittorio, presidente della Federazione nazionale della stampagià onnipotente segretario dell’Usigrai, la coagulazione del sangue è iniziata.

Prima, in una conferenza alla stampa estera, il nostro aveva espresso: «La libertà appartiene anche a chi non vuole scioperare, ma è illegittimo che una minoranza si organizzi con cambi di turno e si renda disponibile per provare a far fallire qualcuno sciopero. C’è un attacco alle libertà costituzionali”. C’è un attacco alle libertà costituzionali. Che è vero. Solo che l’attacco è di Trapani. Sia perché il Costituzione tutela la libertà di associazione e non associazione; e poiché la sentenza n. 32 del 17/3/69 della stessa Corte Costituzionale presieduta da Sandulli stabilisce l’assoluta equivalenza tra diritto di sciopero e diritto di non sciopero.

Ma di Trapani si è entusiasmato ancora di più, aggiungendo: «Vorrei anche dire che se una minoranza riesce a mandare in onda un’edizione del telegiornale dimostra solo che la maggioranza è in esubero. Se qualcuno lo proporrà in futuro ridondanze in Rai saprà chi chiamare. Non c’è nessun danno al sindacato ma all’intera redazione”. Anche se, in realtà, è esattamente il contrario. A far esaltare i licenziamenti è stata semmai la pretesa di indire uno sciopero piuttosto grottesco sul crollo della libertà di stampa in Italia secondo il“Legge europea sulla libertà dei media”. (oggi siamo al 41esimo posto, ma nel 2022 eravamo al 58esimo; la Meloni era all’opposizione e, curiosamente, non gliene fregava niente a nessuno…) nonché sulla presunta Invasione nazifascista della Rai. E esattamente dove AgCom E Osservatorio di Pavia assegnato, dal 2005 ad oggi, il maggior tempo di presenza televisiva Schlein e la maggiore suddivisione in Partito Democratico. Una faccia dura straordinaria. E in effetti troppo fa male.

Di conseguenza, coloro che non hanno aderito allo sciopero sono stati sia non iscritti all’Unirai, sia iscritti all’Usigrai dello stesso PD: persone stanche di una unione totalitaria che nel corso degli anni ha sempre instillato nei suoi membri la sensazione di far parte del set totalitario Le vite degli altri. Anche tra Tg1 E Tg2 meno della metà dei giornalisti in servizio ha aderito alla mobilitazione. «L’obiettivo è mettere a tacere ogni voce critica, dissenziente o di protesta», continua Di Trapani. Ed è vero, ha ragione. «Silenziare» è proprio lo stupefacente stravolgimento della realtà in cui si produce Usigrai, condannato ormai a vivere quello che lo psichiatra Paolo Crepet chiamerebbe “Sindrome della fantasia compulsiva” di pensiero – e di unione – unica. Si tratta, tra l’altro, di una patologia già riscontrata nel PD.

Quindi, mentre Usigrai spara sgraziatamente contro il concetto costituzionale di “più sindacati, più democrazia”; e mentre lo stesso sindacato si spinge sempre più nella notte dei suoi malumori tra insulti personali ai “crumiri” e comunicati indignati di fatto ciclostilati su fogli Excel; ebbene, qui la figura di Di Trapani viene improvvisamente avvolta nell’oscurità. Soprattutto per quanto riguarda la brutta storia di a deficit di centomila euro (sembra siano 300mila) dalle casse dell’Usigrai, soldi dei soci dei nostri tempi. L’ammanco è stato denunciato, ma con l’ammanco è risultato che chi doveva tenere la contabilità non era un revisore dei conti, ma “un semirevisore” e dall’indagine in corso potrebbe emergere la responsabilità diretta di Di Trapani.

Di Trapani, dal suo presidio di redattore in ferie del sito Rai ha accumulato, negli anni, immenso potere, reti di conoscenze e capacità di controllo tutte all’interno di Viale Mazzini. In redazione, a RaiNews, lo hanno sempre visto poco. Sindacalista da sempre, nato e rafforzato fin dai tempi del Scuola di Giornalismo di Perugia (dove già allora rappresentava i precari), Vittorione si è fatto negli anni portatore di una potente lobby che ha spesso influenzato assunzioni, nomine e trasferimenti interni. C’è stato un momento – nel limbo tra l’impegno nell’Usigrai e nella Fnsiche – in cui, tornato tra i mortali in redazione, l’uomo ha svolto addirittura con zelo un compito superiore a quello assegnatogli, «come se fosse un vice direttore, dell’Inoltre ha assunto molti suoi colleghi”, confida un suo ex collega. È una persona molto antisindacale. Ciò, tra le altre cose, ha suscitato una domanda MaurizioGasparri, notoriamente un martello inesauribile contro la “sacralità venata di bolscevico” di Usigrai. «In Rai c’era un redattore ordinario che svolgeva un compito superiore alla sua qualifica. Ho affermato una verità e questo fa emergere un comportamento singolare”.

In breve. Scosso in tutto questo inatteso frastuono di unione polifonica, Di Trapani ora borbotta: «organizzazione» della cultura del Paese; e il pericolo di «a destra illiberale» magari un po’ nazifascista in viale Mazzini. Ecco perché è necessario l’ennesimo sacrificio. Sembra infatti che abbia già consegnato il curriculum da Trapani per entrare nel prossimo consiglio di amministrazione della Rai. Entra nel sistema, per combatterlo. O, ancora una volta, sedersi negli anfratti della rivoluzione…

 
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