ALESSANDRIA – Sarà a giornata tristequello di oggi, per il Centrale del Latte di Alessandria e Asti. E per i suoi quasi 50 dipendenti.
Questa mattina, infatti, i cancelli dello stabilimento di viale Massobrio non si apriranno.
Ieri, al termine del Consiglio di Amministrazione che ha preso atto della mancanza di soluzioni (e soprattutto nuovi, possibili membri) a crisi che attanaglia l’azienda ormai da mesi, si è deciso di farlo portare i libri in tribunale. E di messo in liquidazione una realtà che, dal 1953 ad oggi, è stata uno dei fiori all’occhiello del territorio.
Centrale del Latte, il peso dei conti
Un epilogo drammaticoche forse nessuno si aspettava fino a qualche settimana fa.
Eppure, due mesi fa nessuno dei membri si è fatto avanti per unirsi alaumento di capitale di 2 milioni dell’Euro deciso nella riunione del 29 gennaio. Così il 5 febbraio, per evitare quel baratro che ormai purtroppo è diventato realtà, abbiamo optato per uno procedura negoziata di risoluzione delle crisi, ipotesi prevista dal nuovo Codice della Crisi. Tutto inutile.
Anche perché ormai da cinque anni i conti sono in rosso. Tanto che anche Palazzo Rosso ha deciso di mettere all’asta le proprie azioni a inizio anno: 450mila euro per il 6,9% del Centrale, zero richieste.
Chi sono i membri
Ma chi sono i membri oggi? Come si può vedere dal sito ufficiale, la maggioranza relativa delle azioni è nelle mani di un gruppo di allevatori appartenenti alla Centro raccolta latte cooperativo e piccoli produttori: a loro il 41,76% delle azioni.
Seguono l’azienda Pederbona (Sga) con il 28,9%, Latte Piemontese (cooperativa di Savigliano che riunisce 270 allevatori piemontesi, alcuni dei quali vengono scelti per la consegna del latte dopo aver sottoscritto il disciplinare di filiera) con la 18,5%, IL Comune di Alessandria con il 6,9%, Frascheri Terme con il 3,08%, Panca Bpm con il 0,55% e il Comune di Novi Ligure con il 0,31%.
Cosa succederà adesso alla Centrale? Toccherà ai giudici decidere il percorso, che comunque quasi sicuramente passerà un’asta. La certezza è che Alessandria e il suo territorio, da oggi, saranno un po’ più poveri. Nel vedere “70 anni di bella storia” – come si legge ancora sul sito ufficiale – finiscono così.