In Rai c’è sempre stato un “regime”. Augias confessa (ma non se ne rende conto) – .

In Rai c’è sempre stato un “regime”. Augias confessa (ma non se ne rende conto) – .
In Rai c’è sempre stato un “regime”. Augias confessa (ma non se ne rende conto) – .

L’intervista infinita con Corrado Augias si esprime in dispense settimanali, oggi è la volta di la stampa e anche questo scatto ha il fascino delle cose patetiche, della noia che avvolge. Già l’incipit è impietoso: “La casa di Corrado Augias è piena di libri e di luce. Il suo gatto è nero ed elegante. Cuzzocrea non ha il senso dei limiti, chiede udienza ad Augias – un evento! – e sviscera i suoi ricordi, pretesto per l’ennesimo sfogo esistenziale di Augias, uscito in tutte le librerie del regime.

Perché questo che ci impone, sovrappone l’Augias con cadenza inesorabile, è il regime. E tutti siamo chiamati a misurarci con la senilità non di Italo Svevo, ma di Augias: “Il giornalista e scrittore ripercorre la storia del nostro Paese attraverso la sua biografia. L’infanzia in Libia, la Liberazione in Italia, la non scelta tra ebraismo e cattolicesimo, gli Einaudi comprati a rate, i convegni del Mondo, le redazioni diEspresso e di Repubblica. La Rai, quello che rappresentava quando vinse il concorso ed entrò appena laureato. Quando tra i dirigenti c’erano Ettore Bernabei, Angelo Guglielmi, e vi lavoravano da Andrea Camilleri a Carlo Emilio Gadda”.

Ora, che rottura di palle, puoi dirlo? Augias si distingue, come tutti coloro che hanno vissuto molto, attraversando regimi, suddivisioni, raccomandazioni, familismi che, ovviamente, hanno sempre preoccupato gli altri. Loro, salamandre virtuose, con gatti troppo altezzosi, troppo gino-pauliani per farsi coinvolgere. Stai dicendo che Augias ha una figlia in Rai, Natalia, che sta per ripetere il record di permanenza del padre? E con ciò? Se una è brava, è brava, «infatti il ​​cognome l’ha penalizzata», si dice sempre così in questi casi. Insomma, Augias è convinto: «Questa destra collerica e fanatica si occupa della tv per riscrivere la storia». Ci vuole pazienza…

Augias, dall’alto e dal basso della sua esperienza, distingue: c’era il regime democristiano, di Bernabei, che riscriveva i suoi pezzi ma, col senno di poi, camminando con il bastone lungo il viale dei ricordi, andava bene: è questo, è questa dittatura, che è inaccettabile. Questo è quello di Berlusconi che ha compiuto “qualche gesto di ferocia, come l’editto bulgaro”, e siamo già all’archeologia dei sentimenti, ma niente in confronto alla maglia marrone della Meloniquell’altro disposto, dal doppio colpo di testa Repubblica, ha semplicemente paragonato a Hitler, in mancanza di peggio. Augias parla di regimi, che nella sua vulgata sarebbe un po’ come la definizione di proprietà privata che qualcuno fornisce in negativo: tutto ciò che non appartiene a un altro.

Per Corrado il regime è tutto ciò che non è comunista: quella si chiama democrazia, illuminata, progressista, alternativa, come cazzo vuoi, ma non ti azzardare: e allora Rasella? E poi i partigiani inseguirono su per le montagne? I democristiani “pensavano alle ballerine”, per dirla in parole povere, non è affatto vero, è la più grande menzogna storica dai tempi dei vaccini, ma con quell’arroganza Augias può dire quello che vuole e aggiunge: non questa gente, queste persone stanno pensando niente meno che di cambiare la storia. Con Cosa? Con quattro notizie di poltiglia al telegiornale? Con un concerto in diretta su Rai3 dove Hamas viene tranquillamente elogiato? Con Sanremo dove si fa praticamente la stessa cosa?

Ma Augias deve vendersi, come sempre: c’è la dittatura nazista ecc., c’è la Rai brunita, visto che ha deciso di andarsene, ma non del tutto, ha sbattuto la porta ma con permesso, esilio ma appena, solita storia, lui è eternamente onnipresente , convinto che il mondo, ogni mondo, non possa rinunciare a lui. Anche lo Scurati immanente in questo Weltanschauung Augiasiana diventa un pretesto, uno strumento per ribadire il proprio zeitgeist: ci sono io, poi io, poi io, poi Scurati, sullo sfondo, come un burattino da baraccone per balli di pezza, poi ancora io, poi il regime, e poi io , e poi il mare da lontano e poi la montagna, e infine io. Cosa vuoi fare? Ci vuole pazienza. Augias rimane bile perché lo sciopero dell’Usigraiche è un sindacato padronale di estrema sinistra, ha forato come una vecchia gommaper lui il diritto di sciopero non è un diritto, è un dovere, come quello di vaccinarsi, se viene dalla destra, tutto ciò che non è regime.

Ma la notizia ha funzionato comunque e, va detto, molto meglio del solito, confermando che buona parte dei giornalisti sono superflui se non dannosi e noi li teniamo, viva l’Usigrai, ci fa crescere indottrinati, viva l’Usigrai. E viva Augias, sempre. Con le sue memorie novecentesche. Con il suo egocentrismo ormai addolcito. Con il gatto altezzoso. Con le sue aporie. Con la sua cultura egocentrica o sedicente, questo non lo si capirà mai veramente, perché la sua riflessione vira sempre verso l’andante banale, il telefonato, ora c’è “la deriva orbaniana”c’è “il regime meloniano”ed eccolo lì come Corrado di Vitruvio, gambe e braccia divaricate, nello scenario geopolitico globale, scene uniche di Gaza e Gerusalemme, in senso teatrale oltre che per importanza: prima c’è Corado, Corado, Corado e Corado: un dispensario delle banalità del petrolio: «Da diversi anni i giovani non hanno un obiettivo, un ideale, un motto, una figura attorno a cui concentrarsi…».

Ndemm, nonno Augias (come avrebbe detto Enzo Tortora), è tardi. C’è una cosa, proprio ieri, a La7, una delle nuove residenze di Corado, Gruber e Mentana sono stati squisitamente mandati a quel paese: lei ha chiamato incontinente il settantenne Chicco, lui ha risposto: “che maleducato!”, salutando: terribile roba, con cui siamo tutti costretti ad avere a che fare, perché l’ego di questi esponenti della sinistra è più espanso, come il gas, di quello del gatto di Augias, che però in questo caso non ci sente, non gli arriva niente: qui non c’è nessun regime revisionista, non c’è l’invasione del black power, niente. Se fosse scoppiata a destra la guerra interna, sai Corado le botte: fascisti, sessisti, su La7 c’è l’occupazione, c’è il regime, ci sono le purghe. Invece niente. Si è trasferito lì.

Due uomini/donne conduttori di sinistra si insultano a vicenda, si danno dei “vecchi pisciati”, e Augias risparmia se stesso, e noi, il coccolone. Nell’intervista a Cuzzo è impegnato a prendersi cura di Vannacci per snobbarlo meglio, “non ne vale la pena”. Miaoow! Parlate bene anche di Augias, ma parlate di lui (e solo di lui, lui, lui).

Max Del Papa, 8 maggio 2024

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