TAR-Palermo, accoglie il ricorso riguardante una richiesta di aggiornamento dei dati interdittivi e annulla il provvedimento della Prefettura di Caltanissetta


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Nel 2019, a seguito dello scioglimento del Consiglio Comunale di Bompensiere ai sensi dell’art. 143 del D.Lgs. n. 267/2000, la Prefettura di Caltanissetta ha emesso un provvedimento interdittivo nei confronti di una società gestita dall’allora Sindaco, sulla base del presunto pericolo di infiltrazioni mafiose in virtù di legami di parentela e presunte associazioni dannose.

Pertanto, considerato il gravissimo danno arrecato alla società, legato alla preclusione di ogni attività lavorativa e conseguentemente al conseguente collasso economico della società, la stessa società, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, ha proposto ricorso giurisdizionale dinanzi al TAR-Palermo chiedendo l’annullamento, salvo sospensione, del provvedimento interdittivo.

In attesa del giudizio, trascorso più di un anno dall’adozione del provvedimento interdittivo e per il verificarsi di nuovi fatti di carattere favorevole ed idonei ad attestare l’estraneità della società a qualsiasi ambito criminoso – la società stessa ha avanzato istanza per l’aggiornamento del provvedimento interdittivo.

Ciononostante, la Prefettura di Caltanissetta ha risposto negativamente alla richiesta di aggiornamento, ritenendo che a seguito di una nuova indagine non fossero emersi nuovi elementi che potessero portare all’adozione di un provvedimento di liberazione.

Avverso tale provvedimento la società ricorrente, sempre con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, ha proposto ulteriore ricorso dinanzi al TAR-Palermo ribadendo, non solo l’inconsistenza ed inconsistenza dei fatti che all’epoca avevano corroborato il provvedimento interdittivo. , ma anche il verificarsi di circostanze che potrebbero indurre ad una valutazione favorevole del segno opposto rispetto alle informazioni precedenti.

Con ordinanza cautelare del gennaio 2023, il TAR – Palermo ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla società ricorrente e ha ordinato alla Prefettura di riesaminare le circostanze richiamate nell’istanza di aggiornamento.

Tuttavia, la Prefettura di Caltanissetta ha tergiversato nel riesaminare le circostanze sopravvenute e richiamate nella richiesta di rinvio a causa della pendenza del giudizio; tanto che gli avvocati Rubino e Alfieri eccepivano come l’ modus operandi della Prefettura svilì il rapporto sotteso all’istituto dell’aggiornamento dell’informativa antimafia, non potendo in nessun caso il rinvio a giudizio pendente, nonché la sua definizione sul precedente provvedimento interdittivo, costituire motivo ostativo al procedimento di aggiornamento. Ciò perché il giudizio avverso la precedente informativa ha cristallizzato lo stato di fatto esistente al momento dell’adozione del provvedimento interdittivo, stato di fatto che nel frattempo potrebbe mutare o comunque non essere più attuale e come tale indicativo di una pericolo concreto di infiltrazioni mafiose.

I predetti avvocati, inoltre, hanno evidenziato come la mancata valutazione delle circostanze sottese alla richiesta di rinvio abbia inficiato il provvedimento adottato dalla Prefettura, che avrebbe dovuto ritenersi palesemente illegittimo, per violazione dell’art. 92 co. 2bis del. DLn. 159/2011 e il controesame procedurale.

Gli avvocati Rubino e Alfieri hanno inoltre osservato che trattandosi di un nuovo procedimento valutativo avviato su richiesta dell’interessato, la Prefettura – salvo ragioni di urgenza tali da non consentire la proroga dei termini per la conclusione del procedimento, che non non sussistono nel caso di specie, – avrebbe dovuto comunicare i motivi che impediscono l’accoglimento della richiesta di rinvio.

Inoltre, la disposizione censurata sarebbe illegittima qualora, ai sensi dell’art. 86, co, 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, l’informativa antimafia ha una validità limitata a dodici mesi, pertanto, trascorso il termine indicato la Prefettura avrebbe dovuto procedere alla verifica della persistenza o meno delle circostanze alla base dell’interdizione.

E ancora, a prova dell’illegittimità del provvedimento impugnato, i predetti avvocati hanno eccepito che tale provvedimento non diceva nulla sulla persona del ricorrente né su eventuali associazioni controindicate, né elementi indiziari di alcun genere facevano pensare all’associazione mafiosa.

Ebbene, con sentenza del 13.05.2024, condividendo le tesi difensive degli avvocati Rubino e Alfieri, il TAR-Palermo ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento impugnato.

 
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