un omaggio alla Romagna deturpata dall’alluvione, in copertina una crocifissione della natura – .

un omaggio alla Romagna deturpata dall’alluvione, in copertina una crocifissione della natura – .
un omaggio alla Romagna deturpata dall’alluvione, in copertina una crocifissione della natura – .

Il direttore artistico del festival Franco Masotti ha presentato il libro-catalogo di Ravenna Festival 2024 che è indissolubilmente legato alle tematiche che ne attraversano il programma: il nucleo pulsante di questa xxxv edizione affonda infatti le sue radici nella drammatica situazione attuale di clima cambiamento e le sue conseguenze. Un anno fa l’alluvione. Così, un’ampia sezione del libro è dedicata, esattamente un anno dopo, a quegli eventi. Alla fatica, allo sgomento ma anche alla reazione di quei giorni.

A stabilire iconicamente il legame tra la ‘brochure’ con il programma del festival e il più voluminoso libro-catalogo sono le immagini, a partire dalle copertine di entrambe le pubblicazioni, di quello che sta diventando uno dei fotografi italiani più importanti e apprezzati degli ultimi anni: Silvia Camporesi. La sua crocifissione sulle copertine, dove al posto delle croci ci sono tre alberelli miracolosamente risparmiati dalla furia degli elementi, ma sul punto di soccombere.

Forlivese e radicata in Romagna, la personalissima visione della catastrofe di Silvia Camporesi è quella che più di ogni altra si è impressa – veicolata dai media – nella memoria degli italiani. A lei si deve soprattutto la ‘consacrazione’ dei cosiddetti ‘angeli del fango’, cioè delle migliaia di ragazze e ragazzi che per giorni e giorni, instancabilmente, spalavano per liberare case e capannoni dalla massa onnipresente di acqua e di terra, regalando spesso un sorriso o una parola di conforto alla popolazione disperata. La sua serie “Sommersi e salvati” rappresenta così una preziosa (seppur drammatica) ricognizione dal valore artistico e documentaristico di questo evento catastrofico che colpì buona parte della Romagna. “Ogni giorno per un mese – racconta Campresi – ho raccontato l’andamento delle cose, mostrando i volti dei soccorritori, lo stato dei luoghi quando sono arrivati ​​gli aiuti e le strade piene di ciò che contenevano le case allagate”.

Il volume si apre con un’indiscussa – e anche ampiamente conosciuta – autorità sulle questioni climatiche: Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, che, voce spesso inascoltata, purtroppo, non si stanca di indicare soluzioni che comportano un ripensamento globale dei comportamenti e del territorio. gestione (“Alluvioni in Romagna, vecchi e nuovi problemi”). Con un approccio scientifico che si riflette negli scritti dello storico Tito Menzani, che affronta la storia del territorio ravennate attraverso quella della bonifica e quindi del “governo delle acque”, dall’argine dei corsi d’acqua alla bonifica delle paludi, interventi quali secoli sono la premessa imprescindibile di ogni attività economica e sociale (“Acqua ovunque. Le bonifiche nel ravennate da Augusto a Napoleone”).

Anche Osiride Guerrini si sofferma sullo stretto rapporto della città con l’acqua, dedicando “Ravenna città d’acqua” al compianto Pietro Barberini, autore di numerose ricerche sull’argomento. Mentre Sauro Turroni (“Tra adattamento e mitigazione. Il costo dell’emergenza climatica”) porta lo sguardo dal passato al domani, sposta l’attenzione dalla dimensione storica del fenomeno alla progettazione di interventi che possano contenere e gestire l’inevitabile rischi, porre rimedio, controllare, pianificare e organizzare gli scenari futuri, secondo una visione che non può limitarsi ai confini locali ma deve guardare all’Europa.

Certo, uno sguardo diverso, poetico e doloroso è quello dello scrittore Maurizio Maggiani: parole scritte nella sua casa sulle prime colline faentine, a Borgo Tuliero, un anno dopo: «E allora siamo così, che vorremmo di aver capito e imparato, ma ancora non sappiamo se questo basterà, e sappiamo che non sarà un governo e nemmeno uno scienziato a dirci che tutti i governi e tutti gli scienziati di questo Paese non sono sufficienti per rispondere per noi”.

È con gli stessi occhi, con quello sguardo che sa andare oltre la superficie della realtà, sa coglierne le risonanze più profonde e segrete, che i tanti fotografi attivi da queste parti (è questa una terra prolifica per questo “moderno” ” forma d’arte) hanno documentato i giorni più difficili, la devastazione dei luoghi, la fatica stupita delle persone, la generosità dei soccorritori. Tra i tanti è stato scelto il punto di vista di Andrea Bernabini, alcune sue immagini tratte dal suo “Il segno dell’acqua”. Perché, scrive Serena Simoni a questo proposito, «c’è una bellezza inspiegabile negli scatti di Bernabini, che catturano le impronte visive del diluvio, siano esse terre trasformate in deserti di fango o strisce chilometriche di rifiuti post-alluvionali. […] osservando le inquadrature che scandiscono geometricamente quello che era un campo da gioco nella predominante tonalità senese, i riflessi sull’acqua che trasformano tutto in una Venezia senza controllo, si rimane stupiti dalla grazia diffusa tra forme e colori”.

Sempre per ricordare quei giorni, come trasformati in un’epopea attraverso i meccanismi della memoria, ecco la “colonna sonora” che tutto il Paese ci ha sentito cantare: “Romagna mia”. Federico Savini ripercorre la storia e l’immaginario legati “alla canzone che Secondo Casadei ha regalato ai suoi connazionali e che sembra eterna, come i sentimenti, se fossero come li vorremmo”.

Mentre per completare la sezione legata al clima e al diluvio, quindi alle nostre terre ma non solo, Fabio Fiori spazia nell’analisi del nostro rapporto con quell’irrinunciabile soffio vitale che è il vento, nella cultura e nella mitologia occidentale: “Vento arcano. “

Ma la grande trilogia “Qatsi” di Godfrey Reggio e Philip Glass fa riferimento anche alla drammatica emergenza climatica, e soprattutto alle enormi responsabilità dell’uomo, che ha segnato la nostra epoca, poi definita ‘Antropocene’. Lo stesso regista Reggio riflette su questo capolavoro della postmodernità, così influente nel ridefinire e rivoluzionare il rapporto tra musica e immagine, in un’intervista illuminante di Massimiliano Geraci e dello studioso gallese Tristian Evans, già autore di un’importante monografia sulla trilogia.

Poi seguendo la ricca sintesi, si torna ancora a Ravenna, questa volta declinata in una dimensione decisamente europea: un illustre anglista come Diego Saglia, docente all’Università di Parma, parla del rapporto di Lord Byron con Ravenna, con il suo clima, con le paludi e delle campagne che la circondavano, ma – soprattutto – con la natura selvaggia delle sue spiagge e delle pinete che il grande poeta e scrittore amava percorrere a cavallo. E lo fa attingendo alle sue lettere, ai suoi diari, dai quali capiamo come i cambiamenti del tempo influenzino il suo umore. È tra le pieghe di quelle pagine che si scopre la descrizione di un temporale che lascia senza fiato. Uno scritto, quello di Saglia, che vuole celebrare il secondo centenario della morte del poeta, ricordando come il suo legame con Ravenna sia suggellato dal nuovo Museo Byron che ha sede nelle sale di Palazzo Guiccioli. Cioè il palazzo in cui trascorse tanto tempo il poeta legato dall’amore a Teresa Gamba Guiccioli: le lettere scelte e commentate da Claudia Giuliani, anch’essa membro, come Saglia, del comitato scientifico dello stesso Museo, sono indirizzate suo.

La dimensione internazionale non manca nemmeno nei protagonisti dello scritto con lo storico critico musicale della Kronen Zeitung Karlheinz Roschitz: Riccardo Muti e l’orchestra con cui collabora da 53 anni, i Wiener Philharmoniker, “Un’amicizia per la vita”. Uno scritto che ripercorre la storia di un’amicizia iniziata nel 1971, quando per la prima volta il direttore salì sul podio di quella che è forse l’orchestra più prestigiosa al mondo al Festival di Salisburgo, su invito nientemeno che di Herbert von Karajan, e ancora oggi vivissimo – del resto, se così non fosse, i rigorosissimi viennesi non avrebbero scelto Muti, lo scorso 7 maggio, per celebrare il bicentenario della Nona sinfonia di Beethoven.

Tahar ci racconta con grande competenza le “straordinarie avventure di Kalia e Dimna”, le fantastiche storie raccolte nel Panchatantra che dall’Oriente sono arrivate a nutrire la nostra letteratura e che oggi trovano nuova forma e linfa vitale nel Grande Teatro del Lido Adriano Lamri, autore dell’allestimento.

Il libro è in vendita, al prezzo di 30 euro, presso la Biglietteria del Teatro Alighieri, nelle sale di spettacolo, presso la Libreria Dante di Longo e nelle librerie presso: Basilica Sant’Apollinare in Classe, Mausoleo di Teodorico, Museo Nazionale, Casa Dante, Museo Classis del Territorio e della Città, Domus Tappeti di Pietra.

 
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