“Qui manca solo il mare… ma la città dipende da noi” – .

Novara le piace così, non la vorrebbe diversa. Elia Impaloni lo vive intensamente nel suo lavoro di presidente della cooperativa «Liberazione e Speranza», organizzazione attiva contro la violenza sulle donne e sulle persone vulnerabili, nel suo passato di assessore ai servizi sociali, nel suo costante impegno nel mondo della società civile, come madre di 4 figli e nuova “novarese dell’anno”. Il luogo del suo cuore è nel cuore della città ma è importante perché la porta lontano, nel ricordo della madre, quando era ancora piccolissima.

Quale Novara vorresti?

«In realtà sono già soddisfatto di questa città. Mi piace perché nelle zone che vivo e frequento trovo una qualità e una profondità dei rapporti umani rara. Una città va giudicata non per la sua “struttura”, ma per il suo “contenuto”, cioè per i suoi abitanti. Forse è per la mia formazione basata sull’educazione ma secondo me la città in cui siamo dipende da noi”.

Non si unisce quindi al coro di lamentele che spesso risuona tra i novaresi…

«No, anche perché prendersi cura dello spazio in cui si vive è responsabilità di tutti, è un dono prezioso che ognuno è responsabile di preservare. Ti faccio un esempio: se vedo rifiuti abbandonati per strada e pubblico la foto sui social con denunce contro l’amministrazione, di qualunque colore politico, non sto creando qualcosa di utile per la mia città; ma se mando quella stessa foto come segnalazione a chi deve pulire, agisco invece per il bene di tutti. Quando ci sono solo proteste, nella “famiglia” comune si respira un clima di negatività che incide sulla vita quotidiana. Riguardo alle lamentele dei novaresi, ho un aneddoto che vorrei raccontare…”.

Per favore…

«Un giorno dell’autunno scorso, mentre andavo al lavoro e mi trovavo alla Barriera Albertina, due signore mi hanno fermato e mi hanno chiesto se ero di Novara. Quando ho detto sì mi hanno detto: “Vogliamo fare i complimenti perché avete un bellissimo centro storico. Veniamo da Milano, siamo stati alla mostra d’arte al castello e abbiamo apprezzato molto la vostra città. Volevamo dirlo a qualcuno. Mi sono sentito molto orgoglioso di Novara e forse tutti noi dovremmo essere più orgogliosi”.

Restando in tema di pubblica amministrazione, lei è stato consigliere nella giunta del sindaco Andrea Ballarè: cosa le resta di quegli anni?

«È stata una bellissima esperienza di cui conservo il “contro-stereotipo” del dipendente pubblico. Nei Servizi Sociali ho trovato persone che lavorano con determinazione e passione, che si fanno carico di una fatica umana indicibile, perché questa è una città che sperimenta tanta sofferenza, e cercano di affrontarla con profonda dedizione. Non è vero che chi lavora nella pubblica amministrazione “si spegne” appena finisce l’orario di lavoro».

Se diventassi sindaco cosa faresti subito dopo le elezioni?

“Non succederà mai”.

Mai dire mai…

«No, ne sono sicuro: non accadrà. Non credo di avere le competenze necessarie”.

Lavorare nel sociale ti offre una conoscenza particolare dei novaresi, come sono dal tuo punto di vista?

«Sono persone che si lasciano toccare, sensibili e attente. È vero che la violenza di genere è un argomento coinvolgente, tuttavia presenta i suoi stereotipi e non è sempre facile trasmettere il messaggio alla popolazione. Invece i novaresi sono presenti senza abbattersi sulle tragedie ma rispondendo con entusiasmo e positività. Dove non arriva il privato o il pubblico c’è sempre qualcuno che interviene e dà una mano a risolvere i problemi”.

Cosa manca a Novara secondo te?

“Il mare! Ne abbiamo davvero bisogno… quello spuntato non basta! (ride, ndr). Scherzi a parte, vorrei che ci fosse un corso universitario dedicato al settore sociale: l’assenza porta a difficoltà nel reperire personale in questo settore, problema che riguarda tutti noi che ci lavoriamo. C’erano una volta le scuole per educatori e assistenti sociali ed erano molto utili, la loro assenza si sente molto”.

Qual è il tuo posto preferito di Novara?

«Piazza Matteotti, davanti alla Prefettura. Lì, all’interno di Palazzo Natta, visse da ragazzina mia madre Domenica: a quindici anni lasciò la Sicilia per seguire la famiglia del prefetto Torrisi, perché era la baby sitter dei suoi figli. Con loro gira varie città italiane per poi arrivare a Novara dove però decide di cercare un lavoro diverso, come operaia, ed emanciparsi. In un giorno di San Gaudenzio conobbe poi mio padre Giuseppe e, invece di ritornare in Sicilia come avrebbe dovuto secondo la sua famiglia, rimase qui con lui. Per me il palazzo della Prefettura è il ricordo di mia madre, quando mi siedo in piazza Matteotti mi sento bene”.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Turismo, Reggio Calabria alla fiera “We Make Future” di Bologna – .
NEXT AMP-Borsa oggi in diretta | Il Ftse Mib chiude in parità. Sul podio Pirelli, Leonardo e Recordati. Vendite su Tim – .