la magia dell’hard rock accende i centomila reggiani – .

la magia dell’hard rock accende i centomila reggiani – .
la magia dell’hard rock accende i centomila reggiani – .

Non c’è praticamente nessun gruppo rock, heavy metal o grunge a cui non debba qualcosa CA/CC, la band fondata nel 1973 dai fratelli Young, che riportarono l’hard rock all’energia selvaggia delle origini, proprio mentre si diffondeva il prog rock con le sue lunghe code strumentali caratterizzate da freddi virtuosismi. La più importante band australiana di tutti i tempi persegue caparbiamente da oltre cinquant’anni la sua visione dionisiaca del rock and roll, senza mai cedere alle lusinghe di una power ballad per accendini da stadio, con uno stile inconfondibile basato su micidiali riff di chitarre , ritmo serrato, voce aggressiva e tanta voglia di divertirsi. E poco importa se della formazione originaria degli AC/DC resta solo il chitarrista Angus Young: i loro album e le loro canzoni sono ormai un patrimonio musicale così fortemente radicato nel cuore di milioni di fan da sopravvivere anche ad alcune dolorose defezioni, come quella dei storico chitarrista ritmico e co-fondatore Malcolm Young. Ieri sera, alla RCF Arena di Reggio Emilia, la magia del loro hard rock diretto, sanguigno e senza fronzoli si è ripetuta davanti a 100.000 spettatori entusiasti provenienti da tutta Italia per assistere all’unica (e forse ultima) esibizione in Italia della storica band australiana nell’ambito del Power Up Tour 2024. Considerando che gli AC/DC generalmente si esibiscono a corredo di un nuovo album e che in media pubblicano un nuovo lavoro ogni cinque anni, c’è il serio rischio che tra 4-5 anni la band avrà poche motivazioni e troppi anni sulle spalle per affrontare un nuovo, estenuante tour mondiale.

Ecco perché la serata di ieri a Reggio Emilia ha avuto un sapore speciale, come una sorta di ultimo saluto agli amici che ci hanno tenuto compagnia per tanti anni con la loro musica, dandoci forza e coraggio quando più ne avevamo bisogno. La scaletta, fatta eccezione per due concessioni all’album Accendere del 2020 (Fuoco demoniaco E Colpito nel buio), si tratta di una sorta di Greatest Hits dal vivo, della durata di oltre due ore, in cui compaiono brani iconici come Di nuovo in nero, Autostrada per l’inferno, Lascia che ci sia il rock, Mi hai scosso tutta la notte, Folgorato e il momento tanto atteso di campane dell’inferno, con l’ormai famoso e collaudato ingresso della campana sul palco. Come sempre, il fulcro del concerto è stato l’istrionico Angus Young, non solo per i suoi riff inconfondibili e i suoi assolo fulminei, ma anche per la passeggiata delle papere di Chuck Berry, i finti attacchi epilettici e le natiche mostrate al pubblico. Nel 1980 Brian Johnson riuscì, in pochi mesi, a farci dimenticare un frontman carismatico come Bon Scott, scomparso dopo una notte di eccessi, segnando il leggendario Indietro nel buio, che è ancora il secondo album più venduto di tutti i tempi. Johnson, recentemente guarito da problemi di salute che lo hanno tenuto lontano dalle scene per alcuni anni, oggi canta mezzo tono più basso rispetto a quarant’anni fa, ma la sua voce è ancora il perfetto complemento alle incursioni chitarristiche di Angus Young. Stevie Young, primogenito del fratello maggiore di Angus, è ormai perfettamente a suo agio nel ruolo di chitarrista ritmico, mentre il gruppo ritmico formato dal batterista Matt Laug e dal nuovo bassista Chris Chaney (che ha suonato per Jane’s Addiction, Slash, Alanis Morissette, Joe Cocker, Shakira e Celine Dion) non perde mai un colpo. Il concerto si conclude come di consueto con Per quelli che stanno per scatenarsi (vi salutiamo), che dà il titolo all’omonimo album del 1981, con cannoni a salve e fuochi d’artificio. È scritto ormai da anni che il rock è morto o comunque in via di estinzione, ma, a giudicare da serate come questa, il sacro fuoco della rocciafinché è in buone mani, brucia ancora e nessuno è mai riuscito a domare le sue fiamme.

 
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