“Non ho mai più rivisto la semifinale del Cagliari. Il pubblico dopo la promozione è stato fantastico” – .

Signore Fabio Pecchia ha riavvolto il nastro delle ultime due stagioni sulla panchina del Parma, nel corso della trasmissione 100 anni dello Stadio Tardini, in onda su 12 TvParma. A partire dall’esordio al Tardini: “Grandi emozioni. La prima partita fu contro il Bari. Avevamo giocato alcune amichevoli, avevamo fatto bene in campo, ma c’era comunque grande emozione. Ricordo tutto molto bene. Sia dello stadio, che dell’inno ma anche dell’ingresso. L’inizio ha sempre un sapore diverso rispetto a quando poi si decolla.”

Sulla scorsa stagione: “È stato un anno in cui abbiamo parlato più volte di continuità. Sembrava che la squadra avesse fatto tante cose e poi si fosse persa, ma i ragazzi erano sempre gli stessi. Ho sempre sentito pieno sostegno, al di là di qualche consiglio per apportare modifiche dalla tribuna, che accetto di buon grado (ride, ndr). Questo era semplicemente il nostro percorso. Se ripenso a tutte le nostre partite, tante volte mi ritrovavo negli spogliatoi dopo le partite senza poter dire nulla di straordinario ma tornavamo a casa con zero punti, partite assurde, giocate nell’area piccola avversaria, dove tutto sembrava infestato . È qui che è stata costruita la nostra forza, nonostante tutte quelle battute d’arresto”.

Alla fine della scorsa stagione, anche senza vincere, è stato un momento di felicità: “C’era una grande euforia nonostante la mancata vittoria alla vigilia della fine della scorsa stagione. La partita contro il Palermo sembrava essere l’inizio di qualcosa. Grande amarezza per il grave infortunio di Valenti. Ma abbiamo vinto una partita importante contro una squadra forte ed eravamo in una situazione intermedia in classifica, non sapevamo cosa sarebbe successo alla fine. Uscire dal campo dopo una partita aperta, regolare, ma vinta, ha portato ad una giusta festa. Penso ancora all’anno scorso, perché è vero che abbiamo commesso tanti errori, ma non ho mai perso la fiducia nel gruppo. Ho creduto fortemente in tutti, nonostante ci fosse una distanza siderale in classifica rispetto alla capolista. Dopo quella grande rincorsa eravamo pronti a fare il salto, si vedeva e si sentiva, lo sentiva anche la gente. Il pubblico ha capito che poteva giocare fino alla fine, avevo una squadra molto sana. Fare il primo tempo a Cagliari così e poi perdere… Lo rivedo sempre in tutte le mie partite il prima possibile. Non l’ho mai più visto.”

Su come vivere lo spogliatoio: “Il vero spogliatoio è quello settimanale di Collecchio, dove passiamo tanto tempo insieme e dove vivono di più i ragazzi. Quella allo stadio è legata più a un aspetto emotivo perché è quello della partita. Entrando qui ho ancora le grida negli occhi e sulla pelle e i festeggiamenti. Prima della partita mi metto con le spalle al muro e guardo la squadra in faccia”.

Nel giorno dei festeggiamenti e sulla coreografia del Nord: “Ripensare a quelle sensazioni mi emoziona ancora adesso, come se le stessi rivivendo. Entrare e vedere lo stadio pieno è stato emozionante. L’obiettivo era stato raggiunto, ma la squadra aveva ancora voglia di fare, voleva vincere il titolo e alzare la coppa: ecco, dopo tutto quello che è successo, vuol dire che i ragazzi lo hanno voluto dentro fino alla fine. Poi siamo usciti dallo stadio e ci siamo immersi nel pubblico, in modo del tutto naturale. Ne abbiamo avuto tutti un pezzo con le nostre famiglie in strada tra i tifosi. Foto con bambini, adolescenti, in modo assolutamente fantastico e naturale. Non c’è stata assolutamente alcuna separazione, come c’è stata per tutta la stagione”.

 
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