Bari, nella Basilica di San Nicola l’omaggio a Gabriel Fauré – .

Bari, nella Basilica di San Nicola l’omaggio a Gabriel Fauré – .
Bari, nella Basilica di San Nicola l’omaggio a Gabriel Fauré – .

Martedì 28 maggio, alle 20,30, nella Pontificia Basilica San Nicola di Bari (ingresso gratuito), prosegue la ventinovesima stagione concertistica del Collegium Musicum: in scena un evento dedicato al centenario della morte di Gabriel Fauré (1845 -1924), grande e raffinato compositore francese. Verranno eseguite due sue composizioni, il Requiem in re minore op. 48 (per soprano, baritono, coro e orchestra da camera, nella versione di John Rutter) e Tantum Ergo op. 55 (per soprano, coro, organo, arpa e contrabbasso); i brani saranno preceduti da «Ave Maria», per soprano e organo, di Camille Saint-Saëns (1835-1921), altro importante compositore francese contemporaneo di Fauré. Insieme al Collegium Musicum diretto da Rino Marrone si esibiranno i cantanti solisti Martina Tragni (soprano) e Giuseppe Naviglio (baritono), oltre ai cori Dilectamusica (diretto da Vincenzo Anselmi) e Harmonia (diretto da Sergio Lella).

Gabriel Fauré resta un caso singolare nella musica francese tra Otto e Novecento, in particolare per la produzione sacra. Per tutta la sua vita il compositore rimase in qualche modo legato all’ambiente religioso, ricoprendo ruoli anche prestigiosi, ma la sua produzione in questo settore fu molto limitata, soprattutto se escludiamo il Requiem, uno dei suoi capolavori. Il compositore francese scrisse quest’opera spinto da un’esigenza personale di carattere privato, senza tener conto di quanti modelli il passato gli offriva, di cui non era certo ignaro: pensiamo alla profonda conoscenza musicale che aveva maturato anno dopo anno da quel 1854 quando, a soli nove anni, iniziò gli studi all’École de Musique Réligieuse di Parigi fino al 1866, quando divenne organista nella chiesa di Rennes a Saint-Saveur.

Assurto a meritata notorietà, il Requiem – scritto tra il 1886 e il 1887, in memoria del padre, morto a Tolosa nel 1885 – è una pagina di sobria bellezza, quasi del tutto priva di shock e di straordinaria intensità emotiva, che racchiude un finissimo la scrittura, attenta al dosaggio dei timbri, si esalta non poco. Ciò che maggiormente predomina è quella stessa eleganza tipica di buona parte della produzione di Fauré: tratti contrassegnati da puro lirismo si alternano ad altri con una chiara progressione cantilenante, avvolti in una patina arcaica. Se dal punto di vista armonico presenta una singolare fusione di tonalità e modalismo, a livello espressivo prevale un clima di assorta rarefazione e di soave dolcezza. Fin dalle prime battute si respira un’atmosfera di immobile contemplazione e di intima intimità, quasi una classica evocazione dei Campi Elisi. L’autore, difendendosi da chi lo accusava di aver composto una pagina di spirito pagano, rivendicava così la propria personale visione: «È stato detto che l’opera non esprime il terrore della morte, qualcuno l’ha definita una berceuse funebre. Ma io la sento così: come una felice liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà e non come un doloroso trapasso».

 
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