«Controllo asfissiante della ‘ndrangheta sulle attività commerciali a Reggio» – .

REGGIO CALABRIA Un’inchiesta che dimostra ancora una volta “quanto sia soffocante il controllo della ‘ndrangheta sul territorio reggino e in particolare sugli esercizi commerciali”. Dal controllo dell’attività edilizia fino – addirittura – alla pulizia degli esercizi commerciali. È quanto emerso nel corso della conferenza stampa sull’inchiesta della DDA di Reggio Calabria denominata “Arangea”. L’operazione, condotta dai carabinieri del comando provinciale, che ha portato al all’esecuzione di 12 ordinanze di custodia cautelare, di cui 11 in carcere e uno agli arresti domiciliari, ha permesso di ricostruire le modalità seguite dal gruppo criminale per imporre estorsioni a numerosi imprenditori di vari settori, “uno tra tutti quello della coltivazione del bergamotto”, ha spiegato il comandante del nucleo investigativo dei Carabinieri Valerio Palmieri.

I nomi e i sequestri

In carcere:
Autolitano Antonio (classe ’53);
Autolitano Antonio (classe ’88);
Autolitano Saverio (classe ’61);
Autolitano Vincenzo (classe ’82);
Ficara Antonino detto “Nino” (classe ’63);
Gullì Carmelo detto “Memè” (cl. ’80);
Domenico Modafferi (nato nel 1990);
Musolino Luigi Detto “Gino” (class. ’76);
Palumbo Antonino detto “Nino” (classe ’74);
Palumbo Demetrio detto “Mico” (classe ’49);
Esercitava Sebastiano detto “Bastiano” (class. ’52);

Agli arresti domiciliari:
Federico Pasquale (classe ’51).

Sequestro preventivo per:
“Eurocart” di Morabito Giuseppe
“Società Cooperativa Sociale Ng Citrus”
“Bergamotto di Fortugno” di Serena Fortugno”

Le indagini sono iniziate dopo il danno ad un’azienda e la presunta fuga di informazioni

L’investigazione è iniziata nel 2019 ed è nata da un episodio di danneggiamento di un esercizio commerciale. Da lì è iniziata l’attività investigativa che, è stato spiegato, “è stata ostacolata da una presunta fuga di informazioni da parte di agenti delle forze dell’ordine di cui gli indagati hanno parlato nelle loro conversazioni”. I reati contestati sono associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, registrazione fittizia di beni e traffico di armi. L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Walter Ignazitto, ha permesso di ricostruire dinamiche e strutture della cosca Ndrangheta che controlla le attività illecite nel quartiere “Arangea”, alla periferia sud di Reggio Calabria. La polizia è riuscita a ricostruire, in particolare, le modalità seguite dal gruppo criminale per imporre estorsioni a numerosi imprenditori di diversi settori.

«Sembrava di tornare indietro di trent’anni»

«Si tratta di un’indagine che ha incrociato diverse fonti di prova, a partire dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori e attività tecniche, che ha permesso di ricostruire uno spaccato della ‘Ndrangheta all’interno delle periferie cittadine e che vede protagonisti numerosi soggetti già condannati per delitti di ‘ndrangheta e che hanno ripreso la gestione del controllo del territorio”, ha spiegato il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, aggiungendo: “Si tratta di soggetti riconducibili ai vertici della gerarchia la cosca Ficara-Latella e la cosca Ficareddi”. Riguardo al controllo delle attività commerciali a Reggio, il pm ha spiegato come il gruppo controllasse “anche i lavori di pulizia degli esercizi commerciali e ogni attività edilizia, un controllo soffocante su ogni attività economica in questi territori”. «C’è davvero – ha rimarcato il pm Walter Ignazitto, responsabile delle indagini – un controllo asfissiante anche quando c’è da ricostruire le facciate, quindi un intervento di minima importanza, è dovuta intervenire la cosca. Qualsiasi tipo di attività economica doveva essere sottoposta a controllo preventivo e autorizzazione preventiva”. Ma c’è un dato positivo: «Gli indagati vivevano nel timore che i collaboratori di giustizia potessero parlare e che gli imprenditori denunciassero», hanno spiegato Bombardieri e Ignazitto, che hanno poi lanciato nei dettagli l’ennesimo messaggio a cittadini e imprenditori: «La denuncia è l’unico modo per porre fine a questo controllo». Messaggio lanciato anche dal comandante provinciale dei Carabinieri Cesare Totaro.

Le qualità

Altro elemento che caratterizza l’associazione per delinquere nell’indagine odierna è l’attribuzione di “qualità”. «Si registrano interlocuzioni che fanno riferimento alle qualità della ‘Ndrangheta, alla possibilità per i soggetti di “battezzare” altri soggetti, interlocuzioni relative a conflitti nella spartizione dei proventi, all’espressione in riferimento ad antichi patti», ha spiegato Bombardieri.
“Sembrava di tornare indietro di trent’anni”, ha detto il sostituto procuratore Walter Ignazitto. «Ciò rappresenta davvero un ritorno al passato e anche un ritorno a certe ortodossie della tradizione ‘ndranghetista». Una nota anche sulla terminologia utilizzata: «Un indagato – ha spiegato il sostituto procuratore – ad esempio in un’intercettazione telefonica si definisce “purosangue” poiché si ritiene discendente di una famiglia ‘ndranghetista di antico lignaggio». ([email protected])

L’intervista:

 
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