L’Italia deve smettere di inviare armi a Israele! – .

Esiste il rischio reale che armi di fabbricazione italiana vengano utilizzate per commettere crimini di guerra a Gaza. Il governo deve rispettare le leggi e sospendere tutte le esportazioni di armi verso Israele, anche quelle autorizzate prima del 7 ottobre.

Lo chiediamo all’Italia sospendere immediatamente la spedizione di armi che potrebbe essere utilizzato dall’esercito israeliano a Gaza e in Cisgiordania, con un divieto di esportazione o un embargo sulle armi.

Insieme a Greenpeace UK, Amnesty International e altre ONG che si sono espresse in questo senso, chiediamo che l’Italia faccia pressione per un divieto internazionale sulla vendita di armi a tutti i gruppi armati coinvolti nel conflitto, compreso Hamas, e per il rilascio degli ostaggi e di tutti i prigionieri illegalmente detenuti.

Danni causati da un attacco israeliano in un’area di Rafah che ospita civili sfollati, nel sud della Striscia di Gaza, 28 maggio 2024. EPA/HAITHAM IMAD

Il bombardamento di Gaza è una catastrofe umana e ambientale

Il conflitto israelo-palestinese ha una storia lunga e complessa, ma la fase attuale è iniziata con i terribili attacchi di Hamas del 7 ottobre, che hanno spinto il governo israeliano a invadere Gaza. Il conflitto è già avvenuto Ha causato più di 36.000 vittime e quasi due milioni di sfollati. Hamas resiste ancora Civili israeliani in ostaggio.

La catastrofe umanitaria è accompagnata da una massiccia distruzione ambientale. Il bombardamento di Gaza ha lasciato fiumi di liquami, acqua sporca e imbevibile, suolo contaminato e aria tossica. Gli esperti avvertono che il conflitto sta rendendo il territorio inabitabile.

Il nostro governo non è molto trasparente riguardo alle esportazioni di armi verso Israele

Nel dicembre 2023, rispondendo alla Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, il governo italiano ha dichiarato che «dallo scorso 7 ottobre non sono state rilasciate nuove autorizzazioni per la vendita di armamenti a Israele». Non ha però indicato come si sta muovendo verso le esportazioni di armi già autorizzate ma non ancora spedite.

legislazione nazionale relativa alle esportazioni di armi (legge 9 luglio 1990, n. 185) prevede che, se «ricorrono le condizioni prescritte per il rilascio di», le autorizzazioni già rilasciate sono sospese con decreto. Il governo, però, si è limitato a sospendere le nuove licenze, atto che non necessita di alcun decreto e che non comporta il blocco dell’invio di materiale già autorizzato.

Soldati israeliani al confine con la Striscia di Gaza, nel sud di Israele, 9 maggio 2024 EPA/ABIR SULTAN

Quattro interrogazioni parlamentari sul tema, presentate sia alla Camera che al Senato da gennaio a marzo, attendono ancora una risposta da parte del governo. A rendere ancora meno trasparente la politica esecutiva sulle esportazioni di armi verso Israele è il fatto che l’Unità per l’autorizzazione dei materiali di armamento del Ministero degli Affari Esteri (UAMA) si è opposta un rifiuto delle richieste di accesso civico avanzate dal mensile Altra economia per quanto riguarda i dati reali delle esportazioni militari verso Israele e il presunto decreto di sospensione della vendita di armi a Tel Aviv.

Nel question time al Senato del 14 marzo, il ministro della Difesa Guido Crosetto, rispondendo ad una immediata domanda dei senatori Magni e De Cristofaro (Avs), ha dichiarato che «le licenze di esportazione verso Israele autorizzate prima del 7 ottobre erano già state ampiamente utilizzate, mentre su quelli non ancora utilizzati, cioè già autorizzati in precedenza, l’Unità per l’Autorizzazione dei Materiali Militari (UAMA) ha effettuato una valutazione caso per caso e non riguardano materiali che possono essere utilizzati con ripercussioni sulla popolazione civile di Gaza».

Varie indagini mensili Altra economiaha tuttavia rivelato un intenso traffico di materiale bellico dall’Italia verso Israele nel bel mezzo dell’attacco militare israeliano contro la Striscia di Gaza.

Le armi di fabbricazione italiana potrebbero essere utilizzate per crimini di guerra

In particolare, dati inediti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli ottenuti da Altra economia certificarlo solo nei mesi di dicembre 2023 e gennaio 2024 L’Italia ha inviato a Tel Aviv armi e munizioni per un valore di oltre due milioni di euro (esclusi quindi quelli ad “uso civile”). Più precisamente: 730.869,5 euro di «bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce ed altre munizioni e proiettili, e loro parti» nel dicembre 2023 e quasi il doppio (1.352.675 euro) nel gennaio 2024.

Danni causati da un attacco israeliano in un’area di Rafah che ospita civili sfollati, nel sud della Striscia di Gaza, 27 maggio 2024. EPA/HAITHAM IMAD

Lo riportava in un precedente articolo il mensile come rileva Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere più della metà dei 14.800.221 euro di «Aerei, veicoli spaziali e dispositivi connessi» esportato in Israele da ottobre a dicembre 2023 (dati Istat) entrambi partito da Varese: in questa provincia ha sede Alenia Aermacchi del gruppo Leonardo, produttore dei 30 aerei militari M-346, acquistati nel 2012 dal ministero della Difesa per l’aeronautica israeliana, coinvolta nei bombardamenti sulla Striscia di Gaza.

A parte l’immoralità delle aziende che traggono profitto dal conflitto, esiste il rischio reale che queste armi vengano utilizzate per violare il diritto internazionale. A gennaio lo ha stabilito la Corte internazionale di giustizia Israele potrebbe violare il diritto internazionale umanitario ai sensi della Convenzione sul genocidio del 1948. Il 20 maggio, il procuratore capo dell’Aia ha chiesto alla Corte penale internazionale di emettere un mandato d’arresto contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ministro della Difesa Yoav Gallant e i leader di Hamas Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh, per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Il governo italiano deve rispettare le leggi dello Stato

Il governo Meloni deve rispettare le norme nazionali e internazionali sul commercio delle armi. Secondo la legge 185 del 1990, l’esecutivo è obbligato a fermare le esportazioni di armi verso i paesi in stato di conflitto armatocon gravi violazioni dei diritti umani o quando c’è il rischio che vengano utilizzati per crimini di guerra.

L’Italia ha dichiarato di aver sospeso nuove licenze per l’esportazione di armi verso Israele e il 27 maggio il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ribadito che l’Italia ha bloccato la vendita di armi a Israele. L’esecutivo, però, non è trasparente sulle esportazioni già autorizzate di armi e materiale bellico che Tel Aviv ha continuato a inviare dopo il 7 ottobre, con il rischio concreto che tali armi vengano utilizzate contro la popolazione civile di Gaza.

Oltre a sostenere la campagna della Rete Italiana Pace e Disarmo per fermare lo svuotamento della legge 185, chiediamo che l’assenza dei presupposti per le nuove licenze porti automaticamente anche alla sospensione delle vecchie autorizzazioni, per evitare che le armi italiane vengano usato contro i civili.

Un divieto di esportazione avrebbe un grande impatto

Un embargo sulle armi non sarebbe solo una mossa simbolica, ma potrebbe esserlo prevenire ulteriori morti e distruzioni ed evidenziare l’importanza di sostenere il diritto internazionale e proteggere i civili.

Rispetto ad altri paesi, come gli Stati Uniti, le esportazioni italiane di armi verso Israele sono molto ridotte, ma l’impatto di un divieto di esportazione andrebbe oltre le armi stesse. Anche un’iniziativa internazionale a sostegno di un embargo non passerebbe inosservata.

E una delle cose più tangibili che l’Italia possa fare aumentare la pressione per la pace e cosa fondamentale per il mantenimento del diritto internazionale umanitario a Gaza e nel mondo.

Perché Greenpeace prende posizione

Gaza oggi è questo: lo sterminio di oltre 36mila palestinesi, il 40% dei quali bambini, lo sfollamento di circa 1,7 milioni di persone su 2,4 milioni di abitanti. È un’intera città in macerie, senza accesso all’acqua pulita, al cibo o alle medicine per i palestinesi.

Greenpeace è meglio conosciuta per le sue campagne ambientali. Ma la parola pace fa parte del nostro nome: Ci battiamo per un mondo verde e pacifico perché sappiamo che non puoi avere l’uno senza l’altro. Qualsiasi politica ambientale che non rispetti i diritti umani è un fallimento.

 
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