In Piemonte, nei primi 3 mesi del 2024, sono spariti nove negozi al giorno – .

In Piemonte, nei primi 3 mesi del 2024, sono spariti nove negozi al giorno – .
In Piemonte, nei primi 3 mesi del 2024, sono spariti nove negozi al giorno – .

Torino, 2 giugno 2024 – Anche in Piemonte più consegne e meno negozi: nei primi tre mesi del 2024 scomparsi quasi 800 esercizi commerciali al dettaglio, una media di quasi nove negozi ogni giorno, compresi i festivi. Un crollo che corrisponde al crescita inarrestabile degli acquisti onlineche crescerà del +13% nel corso del 2024. I nuovi dati dell’ufficio studi di Confesercenti confermano ancora una volta che la crisi del commercio di prossimità non si ferma.

“Lo scambio tra vetrine e confezioni, invece, non è alla pari per le economie dei territori“, sottolinea il presidente di Confesercenti Piemonte, Giancarlo Banchieri. “Mentre gli acquisti migrano verso piattaforme di e-commerce internazionali, che spesso pagano le tasse in altri paesi, al contrario, le entrate fiscali crollano generati dai negozi”.

> Più chiusure e meno aperture – Nei primi tre mesi del 2024 in Piemonte il commercio al dettaglio ha registrato la scomparsa di 786 esercizi commercialicirca 80 unità in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. A pesare sono state le chiusure – 1.380 tra gennaio e marzo – ma soprattutto il rallentamento della nascita delle imprese. IL le aperture di nuove attività nel primo trimestre di quest’anno sono state solo 594; dieci anni fa erano più del doppio.

> Meno vetrine, boom delle consegne Tra chiusure e aperture fallite, in Piemonte iIl numero dei negozi di quartiere è diminuito di circa il 15% in dieci anni, ma per alcuni settori particolarmente in sofferenza, come abbigliamento ed edicole, questa percentuale raddoppia. Se scompaiono le vetrine, le consegne degli acquisti online in poco più di dieci anni sono quasi decuplicate: erano circa 75 milioni nel 2013, quest’anno dovrebbero raggiungere i 734 milioni a livello nazionale.

> Erosione fiscale – La desertificazione commerciale ha portato ad un onere fiscale perdita complessiva di 5,2 miliardi di euro di entrate negli ultimi dieci anni. A rimetterci sono sia lo Stato che gli enti locali: delle mancate entrate, infatti, il 17,4% (910 milioni) che sarebbero provenute dall’Imu, il 12,6% (660 milioni) dalla Tari, il 42,7% (2,24 miliardi) dall’Irpef, a cui si aggiungono 223 milioni (4,3%) di addizionali Irpef regionali e comunali, 700 milioni di Irap (13,4%) ed infine 510 milioni di altre imposte comunali (9,7%).

“Questi dati – dice Banchieri – giustificano ampiamente gli allarmi che più volte abbiamo lanciato, a maggior ragione per il Piemonte dove la situazione commerciale è peggiore della media italiana: in dieci anni le aperture nella nostra regione sono diminuite del 70%, contro un dato nazionale del 54%. Secondo la nostra proiezione, in assenza di interventi, nel 2030 le aperture in Piemonte potrebbero ridursi a poco meno di 1.000. Ma noi vogliamo davvero città senza negozi e attraversate solo dai pedoni furgoni per consegne a domicilio?. Proponiamo questo scambio da qualche tempo è considerato un “settore protetto” come l’UE ha fatto per anni con l’agricoltura: I fondi europei devono orientarsi anche verso le piccole imprese. Inoltre, le misure appaiono sempre più urgenti che pongono fine all’inaccettabile trattamento preferenziale di cui godono le grandi piattaforme web e garantire parità di condizioni fiscali e il rispetto delle regole volte a tutelare la concorrenza. IL elezioni regionali ed europee sono alle porte: chiediamo a tutte le parti non dichiarazioni di principio, ma l’impegno ad attuare queste misure”.

 
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