Rubini legge Michelangelo. L’attore racconta la Pietà nel cuore di Firenze – .

Rubini legge Michelangelo. L’attore racconta la Pietà nel cuore di Firenze – .
Rubini legge Michelangelo. L’attore racconta la Pietà nel cuore di Firenze – .

Ciò che fu per Leonardo il misterioso ritratto della Gioconda, la Pietà Bandini lo fu, in un certo senso, per Michelangelo. Cosa voleva comunicare il Buonarroti? Perché si dedicò fino in fondo e con tanta tenacia a quest’opera, che tra l’altro nessuno gli aveva commissionato, lasciandola interrotta? E perché ha scelto di collocare il suo autoritratto in questo soggetto sacro che rappresenta la deposizione di Cristo dalla croce o nel sepolcro? Sergio Rubini immergerà il pubblico nell’affascinante storia di questo capolavoro, una delle ultime opere di Michelangelo, e darà voce a “Pietà. La notte di Michelangelo” nel Duomo di Firenze venerdì 14, alle 21.00. Una lettura, accompagnata da immagini, che l’Opera di Santa Maria del Fiore, Toscana Oggi e Radio Toscana offrono in omaggio al cardinale Giuseppe Betori, in segno di gratitudine per i suoi sedici anni alla guida della Chiesa fiorentina. L’ingresso è gratuito ed è già possibile prenotarsi sul sito www.duomo.firenze.it.

Il testo, scritto da Riccardo Bigi, racconta la notte in cui Michelangelo, anziano e malato, lavorò nella sua casa romana alla Pietà oggi conservata al Museo dell’Opera del Duomo. Il testo racconta anche l’animo di Michelangelo, la profonda religiosità che pervade le sue opere, offrendo una riflessione sui temi della pietà divina e della pietà umana, della salvezza e del perdono. La Pietà Bandini è una delle opere che meglio rappresenta l’umanesimo cristiano. Per questo è stato scelto tra i simboli del convegno nazionale della Chiesa italiana che nel 2015 ha portato Papa Francesco a Firenze, e che aveva il titolo “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Da qui è nata l’idea di proporre questa lettura come omaggio al cardinale Betori.

Poche opere d’arte sono capaci come la Pietà Bandini di raccontare una storia così affascinante. Infatti, quando ammiriamo questo gigantesco gruppo marmoreo, approdato dopo alterne vicende a Firenze nel museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore, non vediamo solo l’incredibile bellezza che la mano di Michelangelo seppe ricavare dalla pietra. Contempliamo anche quella verità che l’artista, ormai vecchio e sofferente, credeva di aver raggiunto, in mezzo a mille tormenti, e che voleva trasmettere. Di tutto questo parlerà Sergio Rubini, uno degli attori e registi più apprezzati.

Michelangelo aveva già più di settant’anni quando iniziò a scolpire questo blocco di marmo, monumento per la propria sepoltura, realizzandolo tra il 1547 e il 1555 circa. Il soggetto è semplice: una rivisitazione della Pietà che aveva già scolpito molti anni prima , poco più che ventenne. Era stata l’opera a renderlo famoso. Ma ora alle figure di Cristo e di Maria aggiunge la Maddalena e un vecchio barbuto, che gli interpreti ci dicono essere Nicodemo, uno degli uomini che deposero Cristo dalla croce. Michelangelo gli attribuisce le sue fattezze. L’opera appartenne per un certo periodo alla famiglia Bandini di Roma, finché fu acquistata dal granduca Cosimo III de’ Medici nel 1671. Collocata inizialmente in San Lorenzo, nel 1722 fu trasferita nella Cattedrale, in fondo alla sala principale. altare, per poi essere collocato nel 1933 nella cappella di Sant’Andrea. Dal 1981 si trova nel Museo dell’Opera.

 
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