Dopo rogatorie e assegni bancari in tutto il mondo che hanno permesso di ricostruire le strutture patrimoniali e i flussi finanziari di denaro provenienti da conti basati anche in paradisi fiscali, la Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta in cui Yonghong Li – il cinese imprenditore che è stato proprietario e presidente del Milan dal 2017 al 2018 – è stato accusato di false comunicazioni sociali. Questo reato è stato contestato perché l’imprenditore cinese, che aveva rilevato il club rossonero per 740 milioni con una società poi fallita e che quindi non aveva potuto concludere l’affare, aveva sempre comunicato ufficialmente che tutto andava bene e che lui non è riuscito a far fronte agli impegni finanziari.
i fatti
—
Nei giorni scorsi il pubblico ministero Paola Biondolillo ha firmato la richiesta di archiviazione in cui sono condensati i risultati di un’indagine durata diversi anni, circa sei, e che ha portato alla conclusione che Li Yonghong avrebbe goduto di ampie risorse come lui stesso aveva assicurato in sede momento dell’operazione di compravendita del club un tempo guidato da Silvio Berlusconi. Risorse che sarebbero riconducibili a fondi e società con sede alle Cayman o nelle Isole Vergini britanniche, ma anche alle società di Hong Kong della moglie del tycoon. In definitiva, da quanto emerso dalle indagini è emerso un quadro in cui sono state individuate operazioni finanziarie “opache”, ma non elementi sufficienti per ritenere sussistente l’accusa di falso in bilancio. Quindi, anche se la richiesta non riguarda propriamente la cessione del Milan – operazione che aveva generato diversi ‘rumor’ -, sembra scontato che, da quanto abbiamo potuto verificare, Li disponesse del capitale necessario. Poi qualcosa è andato storto e il fondo americano Elliott è subentrato. Ora la parola passa al gip.
