Tre brividi di Zattini prima della celebrazione: ecco come si concretizza la sua vittoria

Tre brividi di Zattini prima della celebrazione: ecco come si concretizza la sua vittoria
Tre brividi di Zattini prima della celebrazione: ecco come si concretizza la sua vittoria

Se esiste una cabala di numeri, il numero vincente di Gian Luca Zattini si trova intorno a 27.800-27.900. Infatti, nel primo turno delle elezioni del 2019, l’allora sindaco outsider di centrodestra ottenne 27.905 voti. Cinque anni dopo, periodo in cui il mondo è cambiato, Zattini è ancora lì: vince con 27.819 voti, ovvero una manciata di preferenze in meno. Nel mezzo c’è stata una pandemia, un paio di guerre alle porte dell’Europa, una crisi energetica, l’ascesa e il declino di interi partiti politici, e infine un’alluvione che ha travolto la città, ma lui, Zattini, tra tutti i numeri che oscillano nella politica contemporanea, resta ancorato e fisso al suo numero, attorno ai 27.800-27.900. Sono tanti i forlivesi che gli hanno dato la preferenza nella prima votazione (schede separate, quindi), oggi come 5 anni fa.

Paradossalmente (pur con 86 voti in meno) le cose gli sono andate meglio a questo turno che nel 2019. Infatti, lo stesso pacchetto di voti nel 2019 valeva “solo” il 45,8%, costringendolo al ballottaggio. Nel 2024, invece, lo stesso numero di voti è stato pari al 50,63%, a causa della diminuzione dell’affluenza alle urne. Ma solo alla fine si scoprì che per lui le cose andavano meglio. Prima ci sono stati tre grandi brividi per Zattini. Vediamoli.

L’incognita dell’affluenza

Il primo brivido (l’ultimo in ordine di tempo): sarebbero bastati, infatti, appena 290 voti in meno per costringerlo alla seconda corsa elettorale del ballottaggio in due settimane, riaprendo completamente i giochi visto lo stretto margine su Rinaldini. La seconda emozione: la scarsa affluenza, che storicamente “punisce” più la destra che la sinistra. E quando l’affluenza alle urne è bassa e molti candidati competono per preferenze personali (solo i 15 più votati nelle liste hanno “indirizzato” più di 8.000 voti), gli schemi crollano e tutto può davvero succedere. Una riflessione a parte, però, va fatta sulla partecipazione agli elettori, che la politica pone come problema solo nei dieci minuti di attesa prima degli exit poll. Nel 2019 il primo turno per la scelta del sindaco vide mobilitarsi 62.200 forlivesi, cinque anni dopo scesero a 56.200 (6.000 elettori in meno).

La composizione del consiglio comunale

Il vantaggio del centrosinistra agli Europei

E infine la terza emozione per Zattini (la prima in ordine di tempo): le elezioni europee hanno dato al centrosinistra in netto vantaggio a Forlì. Le forze che sostenevano Rinaldini, domenica sera, erano state complessivamente al 49,3%, quelle che sostenevano Zattini il 43,7% (ripartendo equamente tra i due la “dotazione” di Italia Viva e azione), un divario di oltre 4 punti percentuali e mezzo che lasciava gente che si frega le mani per tutto lunedì mattina nella sede di Graziano Rinaldini. Ma la politica non è una questione di somme algebriche, anche quando l’elettore vota nello stesso luogo, nello stesso giorno e alla stessa ora in due schede diverse. E nel corso del pomeriggio, con un estenuante conteggio andato molto a rilento rispetto ai comuni limitrofi, la bilancia ha visto progressivamente invertire i pesi nei rispettivi piatti.

I detentori del record di preferenza

Il ribaltamento dell’equilibrio a favore di Zattini, il perché

Quello che è successo? In sostanza, dal centrosinistra al centrodestra sono passati circa 2.300 voti, con un altro centinaio di elettori che hanno optato per quella formula contorta e di difficile comprensione del voto diviso, sempre a favore di Zattini. Cosa c’è dietro questi dati? Un’operazione avviata dallo stesso Zattini nel 2019 e denominata Lista civica, e saggiamente mai abbandonata 5 anni fa, come accade nella stragrande maggioranza dei casi all’indomani delle elezioni. Artefice di questa operazione che ha fatto la differenza si chiama Paola Casara, che ha sempre tenuto le redini della formazione politica, che a sua volta l’ha ripagata con il record di preferenze (1.247 voti, molti dei quali – è la logica del ragionamento – probabilmente provengono dal centrosinistra).

Cosa è successo nel centrosinistra?

Nel centrosinistra, infatti, qualcosa è cambiato tra il voto marrone delle elezioni europee e quello blu delle comunali: in primo luogo, abbiamo assistito alla caduta del Movimento 5 Stelle (passato dal 9% del 2022 al 6,8% delle elezioni europee del 2024), e poi al suo contemporaneo crollo da una carta all’altra: 4 elettori pentastellati su 10 alle elezioni europee “rinnegano” il proprio partito votandone un altro qualche istante dopo alle comunali (quindi dal 6,8% il calo è sceso al 4%). Si tratta di oltre 1.500 voti in meno.

“Cattivo” anche il Partito Democratico, che perde circa 2.800 voti tra uno scrutinio e l’altro, così come l’Alleanza Verde-Sinistra, che perde quasi 600 voti tra i due scrutini. Comunque la lista centrista ‘Rinnoviamo’ ha fatto bene (circa 3.000 voti) ed è riuscita sicuramente a prendere una quota di voti uscendo da Italia Viva e Azione, e anche una parte di voti uscendo dagli alleati, ma senza compensare affatto. A favore del contendente c’è infatti una differenza di 2.400 voti.

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Cosa è successo nel centrodestra?

Nel centrodestra le dinamiche sono state più complesse e sovrapposte. Come il Pd e il M5S, Fratelli d’Italia ha “bruciato” anche diversi voti dal ballottaggio per le elezioni europee a quello per le elezioni comunali: quasi 4.900 elettori che hanno disegnato il simbolo della Meloni non hanno ripetuto lo stesso gesto alle comunali. E per chi hanno votato? È probabile che il loro voto sia rimasto all’interno della coalizione, in primis la Lega, che, a differenza delle europee, ha incrementato i propri consensi di circa 1.200 voti (dal 6% delle europee all’8,7% delle comunali).

A muovere la Lega è stata la ricerca capillare delle preferenze personali (impressionante il testa a testa tra i due consiglieri uscenti leghisti Daniele Mezzacapo e Andrea Cintorino, con 459 preferenze per lui e 458 per lei). Azzeccata quindi la scelta di nominare esponenti come Francesco Lasaponara e Barbara Rossi (Centrodestra per Forlì) o Lauro Biondi (in uscita da Forza Italia) come candidati indipendenti: pur non essendo stati eletti, hanno portato acqua al mulino della Lega).

Ma è stata la lista civica ‘La Civica’ a catturare tutti i voti provenienti dai vari partiti: particolarmente ricca di personalità provenienti da vari mondi della società per attrarre il voto moderato e fluido. La lista personale del sindaco ha probabilmente ottenuto quei 2.400 voti in uscita dal centrosinistra, anche a costo di cannibalizzare i propri alleati: si può stimare che un terzo dei voti ‘civici’ siano quelli passati da una parte all’altra, un circa un altro terzo sono i centristi di Italia Viva e Azione, e l’ultimo terzo è un elettorato di Fratelli d’Italia e in misura minore Forza Italia. In Civica vince la componente Italia Viva (che elegge Leonardo Gallozzi consigliere comunale), mentre la stessa operazione fallisce in Azione (Sara Samorì esclusa dal consiglio con 165 preferenze). Non è stata eletta anche la presidente uscente del Consiglio comunale Alessandra Ascari Raccagni (PRI).

 
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