al PalabancaEventi un omaggio al grande critico d’arte piacentino amante del giornalismo – .

L’“Arisi Day” 2024 al PalabancaEventi, a destra, il critico d’arte (1920-2012)

“Mi è piaciuto Professor Arisi: persona unica, irripetibile, che rimanda ad un altro personaggio unico, Corrado Sforza Fogliani. Piacenza li ha persi e ci mancano tantissimo. Il pensiero mi consola – richiamando l’urna dei forti del poeta di Zante (le tombe dei grandi citate nel Foscolo nel Sepolcri come luoghi destinati a celebrare il passato da cui trarre stimoli per operare nel presente, ed.) – considerarli tra i grandi uomini dai quali possiamo prendere esempio”.

Con queste parole Carlo Giarelli, medico e saggista, ha concluso ieri il suo intervento all’“Arisi Day”, che la Banca di Piacenza promuove da 11 anni in ricordo del più grande critico d’arte che Piacenza abbia mai avuto. Nella Sala Panini del PalabancaEventi, davanti a un folto pubblico e alla presenza delle figlie del Professore, Giarelli e Emanuele Galbadirettore di BankflashDiceva anche il giornalista Ferdinando Arisi: da insuperabile divulgatore qual era, amava scrivere articoli per i giornali, nei quali trattava argomenti a tutto campo e non solo l’arte.


Da sinistra: Emanule Galba e Carlo Giarelli

Un grande studioso… ma non solo

Giarelli ha ricordato innanzitutto alcuni aspetti biografici meno noti di Arisi. Nato nel 1920 a San Polo, studiò al Collegio Alberoni (“conserverà sempre la fede”) per poi laurearsi in Lettere Classiche all’Università Cattolica di Milano nel 1946, frequentando poi un corso di specializzazione in Storia dell’Arte. «Aveva la vocazione di trasferire agli altri il suo sapere». E forse non tutti sanno che dava lezioni private a Piacenza, in via Giordano Bruno. E quello nel 1947 a San Polo, in una stanza messa a disposizione dal parroco Don Stefano FumagalliArisi soddisfa la richiesta di alcuni reduci di guerra di insegnare loro i rudimenti delle materie più importanti per conseguire il diploma (di scuola media inferiore, che poi conseguiranno presso l’Istituto Casali) «pregando solo i suoi alunni di portare ciascuno, d’inverno , un pezzo di legna per la stufa”.

Il professore – che aveva insegnato nelle scuole medie e negli studi classici a Piacenza – ottenne poi la cattedra di Storia dell’arte alla Cattolica di Brescia. «È stato il più grande studioso d’arte piacentino e tra i più grandi a livello italiano e internazionale», ha sottolineato Giarelli, che ha poi sottolineato le qualità umane di Arisi, la sua capacità di competere con tutti. «Mai meschino e mai polemico, usava l’arte dell’ironia socraticamente».

Raccontare storie senza mettersi in difficoltà

In arrivo al giornalista dell’Arisi, Giarelli ha evidenziato le sue ottime qualità: «Voleva raccontare ma senza mai mettersi in cattedra. Esprimeva le cose in modo semplice e nei suoi brani spesso inserirà qualche frase in dialetto mescolata ad alcune parole in latino maccheronico. Era, anche quando proponeva articoli, spontaneo e ironico. Avrebbe potuto scrivere su qualsiasi giornale, ma aveva scelto La cronaca. Perché? Per due motivi: perché era un giornale libero e lui era un uomo libero e perché era amico di coloro che collaborarono con il giornale, a cominciare da Vito Neri, Ernesto LeoneCorrado Sforza Fogliani”.

Emanuele Galba dal canto suo Arisi, collaboratore della La cronaca: «Spesso veniva di persona in redazione e portava i pezzi dattiloscritti non a un redattore qualunque ma a Laura Bricchi, sua nipote, che curava le pagine culturali. Passava sempre a salutarci e si è rivelato non solo un collaboratore, ma un attento lettore del giornale, magari segnalandomi qualche errore che avevamo commesso e dandomi spunti preziosi anche per quanto riguarda gli argomenti da trattare”.

L’atteggiamento del giornalista

Al centro del suo intervento Galba ha citato alcuni articoli per esemplificare come Arisi non scrivesse solo di arte, dimostrando in più occasioni un atteggiamento da cronista (sono frequenti notizie esclusive di dipinti di artisti piacentini – Panini soprattutto e Boselli – venduti in case d’asta famose, Sotheby’s piuttosto che Semenzato, a prezzi importanti) e il gusto per le curiosità (ad esempio il marchio “Robe di Kappa” che ricorda un dipinto di Jacobs oppure l’errore nel certificato di battesimo di Panini scritto con due ennes, Pannini). Un intervento che si è aperto con la lettura di uno splendido articolo scritto da Vito Neri su La cronaca del 14 novembre 2010 (“La fratellanza non ha età”) in occasione dei 90 anni di Arisi, festeggiati dalla Banca di Piacenza a Palazzo Galli, dove si parla dell’“atteggiamento narrativo” del Professore, “meglio ancora narrativo, ironico e suadente , con tutte le parole al posto giusto per dire le cose giuste, la semplicità del cuore, la franchezza dell’anima, la semplicità colta della scrittura”.


Da sinistra: Arisi, Sforza e Alberto Spigaroli, per i 90 anni del critico nel 2010

Fratellanza senza età

Galba chiuse la memoria ricorrendo ancora a Vito Neri: nella “quasi prefazione” (come la chiamava lui) del libro che aveva iniziato a scrivere pochi giorni prima della morte, dedicato alle “Tre meraviglie di Piacenza e altri frammenti” ( «quasi una premonizione – ha osservato Galba – rispetto alla mostra immersiva che sta nascendo in queste ore, Iconeal PalabancaEventi dal 15 giugno al 7 luglio, con due tesori piacentini che corrispondono alle scelte di Neri e Arisi, iEcce Homo Di Antonello da Messina e il Girare Di Botticellipoi il Signora Di Klimt non era stato ancora ritrovato») si racconta di un incontro in casa del critico d’arte, dove Ferdinando capì che Vito aveva un libro in testa. Neri confermò chiedendogli se l’aiutava. “È stato molto pronto e generoso come sempre – si legge nel testo citato –: ‘Facciamolo insieme’ e mi ha dato una grossa pacca sulle spalle. I suoi 92 anni ce lo hanno portato via. Lui che sembrava eterno e ci aveva insegnato che la fraternità non ha età”.

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