È andata in pensione Nadia Bianchi, “prof” e per 31 anni vicepreside del liceo Ferraris di Varese – .

Sta completando gli esami e si prepara a sostenere l’esame finale come membro interno. Ma questi sono gli ultimi scrutini e sarà l’ultimo esame di Stato Nadia Bianchi, insegnante di educazione fisica al liceo Ferraris di Varese, vicepreside per nove anni. La settimana scorsa colleghi e studenti le hanno fatto una sorpresa, una festa in palestra, l’ambiente dove ha trascorso “42 anni, 10 mesi e 29 giorni della sua vita”.

«Sono arrivato al liceo scientifico per caso – ricorda il professor Bianchi – ero un perdente e questa scuola era tra le ultime mie preferenze. Invece sono rimasto. 31 anni in via Sorrisole nella palestra dove ho visto passare diverse generazioni di ragazzi e ragazze”.

Se potessi tornare indietro, faresti la stessa scelta professionale?

Senza dubbio. È un lavoro che ti mette a contatto con i ragazzi, che ti trasmette un’energia unica. È un’esperienza che si rinnova ogni giorno con mille stimoli diversi. Penso di essere stato anche fortunato: non ho mai avuto problemi con gli studenti. Ragazzi sempre bravi, rispettosi, educati e questo significa molto quando si deve costruire un rapporto ed un rapporto reciproco di rispetto.

Ma i ragazzi di oggi sono davvero diversi rispetto al passato?

SÌ. Penso che i ragazzi di oggi pretendano tutto e subito. Hanno fretta, vogliono risultati immediati, possibilmente senza troppi sforzi. Ciò comporta anche un approccio diverso da parte degli insegnanti. Poi c’è la dipendenza dalla tecnologia che è quasi totale. Faticano a formare un gruppo, a relazionarsi tra loro. Le relazioni sono sempre mediate dal cellulare. I professori escogitano mille soluzioni per evitare questo isolamento: ogni settimana cambiano i posti in aula e i compagni di classe. Ma sono tutti tentativi che cozzano con il loro modo di essere.

È cambiato anche il mestiere dell’insegnante?

Sì, ci sono tante attività collaterali da fare: orientamento, PCTO, educazione civica… Il tutto nelle 27 o 30 ore settimanali. Ma non può restare lì e qualcosa inevitabilmente va storto. Alla fine dell’anno ti ritrovi ad avere inevitabilmente dei buchi nella tua disciplina. La quantità di compiti che devi fare è tale che l’insegnamento diventa parte delle tue ore. Quando ero vicepreside, andare in palestra era occasionale. Ho sempre preparato la lezione perché lo ritenevo mio dovere. Anche se il programma, all’ultimo minuto, spesso saltava per mille motivi, nel mio caso soprattutto per motivi di spazio. Oggi il problema palestra è difficile. Con il liceo sportivo siamo sempre alla ricerca di situazioni per dare ai nostri ragazzi la migliore offerta. Durante l’anno abbiamo utilizzato anche la palestra della vicina scuola Violetti e anche quella della scuola elementare Locatelli, abbastanza distante da Ferraris.

La conclusione di quest’ultimo anno è stata esaltante

Sì, ho vissuto emozioni uniche. Credo che solo lo sport ti permetta di provare sentimenti così profondi. La finale della Coppa Scuola di Basket a Varese e poi la vittoria a Mestre sono stati momenti unici. I ragazzi sono stati bravissimi, tutto il merito va a loro. Ma è stato bello condividere l’esperienza. Nell’ultima partita, quella di Mestre, abbiamo sperimentato anche nuovi quintetti: prima tutti i più piccoli, quelli che proseguiranno l’avventura, e nell’ultimo quarto gli alunni di quinta elementare, per la conclusione di un percorso. È stato eccitante.
Ma anche la settimana di soggiorno studio con il mio terzo sportivo a Riva del Garda è indimenticabile, ho trascorso giornate stupende con i ragazzi.

Adesso maturità e poi?

E poi non lo so. Vorrei continuare a dare una mano in ambito sportivo, ma devo ancora capire come. Sono arrivato alla fine della mia carriera e sto iniziando una nuova fase della mia vita. Voglio anche impegnarmi in qualche lavoro di volontariato…

Cosa le mancherà?

I ragazzi. Il rapporto con loro, ciò che si costruisce e ciò che resta nel tempo è un riconoscimento molto gratificante. Ho visto tanti giovani tornare al loro ex liceo, anche da professionisti affermati, perché hanno voglia di salutarsi, di fare ancora due chiacchiere. Ed è bellissimo.

I momenti difficili?

Ce ne sono stati diversi. Molte le perdite dolorose tra colleghi e studenti scomparsi prematuramente o tragicamente. Esperienze difficili da accettare. Poi un anno molto duro a causa di una gestione davvero problematica ma che ha avuto il merito di unirci come colleghi.

Cosa ti hanno detto i tuoi studenti?

Erano davvero carini. Mi hanno fatto un poster enorme con le loro facce e tutte le frasi che continuo a ripetere, che fanno parte del mio repertorio. E la parola grazie in grande stile.

 
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