«È un disco senza freni per ridere e riflettere» Il Tirreno – .

«È un disco senza freni per ridere e riflettere» Il Tirreno – .
«È un disco senza freni per ridere e riflettere» Il Tirreno – .

LIVORNO. Se Napoli è mille colori, Livorno è tante piccole storie assurde? Guardando la copertina del nuovo album di Bobo Rondelli (sapientemente realizzata dall’illustratore Tommaso Eppesteingher) viene da meravigliarsi. Se poi si ascolta ancora di più l’album: 13 canzoni che sono piccole storie di personaggi, scorci di vita popolare, incontri e sguardi, parole senza ritegno. Se l’immoralità ha un costo, Bobo non passa dalla cassa e va oltre, fischiettando allegramente con la chitarra in spalla e la voglia di divertirsi ancora.

Il cantautore livornese ha presentato in anteprima a Symphony Storie assurde, il suo nuovo album in uscita il 14 giugno per l’etichetta discografica Il Gruppo Saifam ed è prodotto da The Cage, registrato da Davide Fatemi. Un album suonato e registrato con la band maremmana Musica da ripostiglio, che accompagnerà Bobo nel tour estivo, che farà tappa a Livorno sabato 22 giugno, a Montenero in Piazza delle Carrozze alle 21, con ingresso gratuito. Tra battute, dichiarazioni e un piccolo assaggio del disco, Bobo ha deliziato i presenti nel negozio di dischi di piazza Cavour.


Absurd Stories arriva 3 anni dopo Free Heart ed è davvero un’altra cosa: cioè?

«È un disco fatto di getto, semi-live per la maggior parte dei brani. Ci sono canzoni che facevo dal vivo e che non avevo mai registrato, più altre che volevo arrangiare diversamente, e altre che erano nuove. È anche grazie agli amici Musica da rispigione che i brani hanno assunto un arrangiamento più interessante; Sono affezionato a questa band, composta da musicisti molto più bravi di me. In questi giorni ci voleva un disco un po’ divertente, visto come va il mondo. È anche un modo per evadere, canzoni da ascoltare in macchina e farsi due risate, come dei brevi fumetti in forma di canzone. E poi non ha freni nell’usare il gergo labronic né nell’affrontare la moralità”.

Si ritrova un po’ ai ferri corti con la correttezza politica?

«C’è questa paura di dire qualcosa che ti saltano addosso, mi annoia. Si commenta una parola detta per giorni, quando la gente muore sotto le bombe. Certe parole non vanno eliminate, ma ridicolizzate, e fanno riflettere che, ad esempio, chi è intollerante o omofobo ha paura della parte femminile di sé, che tutti abbiamo».

Da La chiappona (con tanto di citazione che porta dritta ad Andrea Bocelli) a Il gigolò di Rotterdam, passando per Ir gutello di tu ma: brani già conosciuti dal vivo e ora finiti su disco. Perché proprio adesso?

«Volevo fare un album liberatorio, anche un po’ provocatorio. Il sedere grosso è un omaggio alla donna che non va in palestra e non presta attenzione alla sua figura, più materna e sinuosa. Penso che stiano un po’ mettendo gli uomini contro le donne. Mi sembra che viviamo in un periodo molto psichiatrico, pieno di storie assurde. Penso che ci sia anche un po’ un effetto post-pandemia, tra disperazione e rabbia accumulata. Non ne siamo usciti bene”.

Il pezzo che chiude l’album si intitola Il comunquista: la contrazione tra comunista e qualunquista è la tua sintesi dell’italiano medio?

«È una provocazione, forse una denuncia di ciò che siamo diventati. Non abbiamo più discussioni serie, tendiamo a evitarle, ad annoiarci. Davanti a noi c’è un muro di inutilità, davanti al quale alziamo le braccia. Ci hanno riempito di TV e pubblicità dicendoci che siamo senza speranza e ci aggrappiamo alle cose materiali per riempire questo vuoto”.

Cosa ti fa sentire bene? «Quando incontro bravi ragazzi. Non penso che siano un piccolo cerchio. Sono loro che danno speranza, o anche gli anziani quando escono a giocare a carte, ridono e si arrabbiano, parlando di politica a modo loro”. l

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