L’io e tutto il resto, una riflessione in due mostre tra Pistoia e Prato – .

L’io e tutto il resto, una riflessione in due mostre tra Pistoia e Prato – .
L’io e tutto il resto, una riflessione in due mostre tra Pistoia e Prato – .

Cosa sarebbe l’essere umano senza la sua tendenza a dominare il resto della realtà? Lo scorso maggio la galleria ME Vannucci di Pistoia e Villa Rospigliosi di Prato – sede espositiva dell’associazione ChorAsis – hanno provato a rispondere aprendo al pubblico due mostre curate da Marina Dacci e pensarlo come un unico, grande progetto: Rinascimentoaperto fino al 28 luglio, e ad natura, fino al 23 giugno. La Galleria ospita le opere di Bertozzi & Casoni, Elena Bellantoni, Chiara Bettazzi, Bianco-Valente, Serena Fineschi, Cristina Gozzini, Silvia Listorti, Nazzarena Poli Maramotti e Antonio Fiorentino, mentre la villa pratese ha scelto quest’ultima per creare un focus site specific. I nove artisti in mostra indagano l’individuo nella sua possibilità di unirsi – e non più distinguersi – dall’altro rispetto a sé, generando nuove connessioni.

Ad un certo punto della civiltà, abbiamo cominciato a pensare a noi stessi come a una posizione privilegiata nell’ecosistema. Ne seguì una crescente gerarchizzazione, fondata sull’inesauribile lode della differenza tra la nostra specie e il regno inanimato, vegetale e animale, nonché rispetto a questa o quella parte dell’umanità. L’apice dell’orgoglio di questa separazione coincide, nell’immaginario comune, con un luogo comune: l’uomo al centro dell’Universo nell’idea umanistico-rinascimentale.

re-NASCAMENTO, vista dell’installazione
re-NASCAMENTO, vista dell’installazione

Ed eccoci qui, secoli dopo, nella stessa Toscana che ha accolto la nascita di questo pensiero, alle prese non solo con il suo disincanto, ma anche con l’ipotetica fine dell’Antropocene. Da dove ripartire allora, se non dal rapporto che abbiamo con gli oggetti, con la natura e con gli altri? Lo raccontano bene i nove artisti che lo compongono Rinascimentouna mostra collettiva ospitata nella galleria ME Vannucci di Pistoia.

Sebbene le opere non siano state realizzate per l’occasione, sorprende come sia stato possibile cucirle concettualmente insieme: sintomo, se non altro, di un forte legame “carsico” tra i diversi linguaggi e di una comune volontà di unione con il tutto, sia esso ricercato in analogia, contatto, fusione o scomparsa. Tra ossa, ceramiche, bucce, piatti e piccoli animali, passiamo subito dalle nature morte di Chiara Bettazzi a quelle di Bertozzi & Casoni: mentre le fotografie dei primi si interrogano sulle misteriose storie dietro gli oggetti, le composizioni scultoree dei secondi si alternano realtà e finzione, lo scherzo e il memento mori. In entrambi, il decadimento – spogliato della drammaticità – si trasforma in una sorta di rinascita dal “basso”, una riunione tra le cose.

re-NASCAMENTO, vista dell’installazione
re-NASCAMENTO, vista dell’installazione

Le opere di Cristina Gozzini intercettano anche le somiglianze tra gli elementi naturali e l’uomo, come accade in Fiore-Teschio, dove l’impronta di un fungo somiglia alla sezione di un cervello. L’essere umano restituisce parte del tutto anche nel Ilubicazione di Silvia Lisorti: le carte che sembrano sciami o nebulose sono in realtà frottage di alcune parti del corpo. L’individuo è un tutto ed è parte di un tutto, e oltre alle sue connessioni nervose vive grazie a quelle relazionali con l’alterità, come si può leggere nelle fotografie di Elena Bellantoni e Bianco-Valente. Questi ultimi sono anche autori del video Entità risonante – che mostra un tentativo di scrittura sull’acqua – apre a un’ulteriore riflessione: una profonda riunione cosmica può avvenire grazie alla scomparsa delle forme che conosciamo.

re-NASCAMENTO, vista dell’installazione
re-NASCAMENTO, vista dell’installazione
re-NASCAMENTO, vista dell’installazione
re-NASCAMENTO, vista dell’installazione

E questo vale sia per le cartografie su pergamena di Serena Fineschi che per le presenze spettrali nei dipinti e nelle sculture di Nazzarena Poli Maramotti, ma soprattutto vale per le opere di Antonio Fiorentino. Se il suo intervento nella mostra collettiva risiede nei due Telamoni che aprono lo spazio espositivo, la sua riflessione è molto più ampia nella personale a Villa Rospigliosi a Prato, natura dell’annuncio.

ad-naturam, Antonio Fiorentino, veduta dell’installazione
ad-naturam, Antonio Fiorentino, veduta dell’installazione

Qui la ricerca dell’artista – che già ruotava intorno alla commistione tra forme antropomorfe e materiali naturali – si misura in un ambiente aperto tutt’altro che cubo bianco. Le prime tre sculture emergono dal grande prato d’ingresso, riecheggiando l’uliveto antistante: le opere sembrano contorcersi tra la terra e il cielo, e non si sa se assomiglino più a figure umane o ad arbusti di pietra calcarea. La loro composizione organica, però, è indubbia: da vicino si possono vedere frammenti di ossa, grumi di sale, sabbia e pezzi di corteccia. La disintegrazione dell’antropomorfismo prosegue poi negli spazi interni: nelle cianotipi e nel susseguirsi delle maschere la presenza dell’artista oscilla tra evanescenza e assenza, procedendo sempre più verso l’identificazione con il mondo animale e vegetale.

ad-naturam, Antonio Fiorentino, veduta dell’installazione
ad-naturam, Antonio Fiorentino, veduta dell’installazione

Arriviamo così, ancora una volta, all’individuo che si spoglia dei suoi lineamenti e accetta il decadimento, purché riscopra un’antica fase di coesione con la creazione. Tutte le opere presenti in entrambe le mostre sembrano concordare: la “nuova nascita” è possibile solo superando l’idea di specificità umana. Solo una volta abbandonata l’ossessione per sé e abbracciata l’alterità, l’impulso verso una nuova e circolare comunione con il tutto può diventare qualcosa di più della mera narrazione retorica del sé.

 
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