LA MEMORIA. Paolo Carù non era un uomo di molte parole, parlava con la musica. Nel suo negozio a Gallarate si entrava in un’altra epoca – ilBustese.it – .

Paolo Carù non era un uomo di molte parole, semplicemente sapeva. Conosceva centinaia di artisti, il suo era il mondo del rock e del country americano, di Bob Dylan, Van Morrison e dei Grateful Dead, e il negozio era la sua nave appoggio, stracolma di dischi e cd, anni della sua rivista “Buscadero”, fondata nel 1980 e arrivata al numero 478, con Richard Betts in copertina, curato fino alla fine insieme al regista Guido Giazzi.

Paolo è morto nel sonno (leggi qui), e i gallaresi non hanno visto riaprire il negozio in piazza, per la prima volta dopo decennilibri da una parte, dischi dall’altra, mondi separati ma intercomunicanti, una fabbrica di cultura e di sogni.

lo Ho intervistato una sola volta, nel 2008, in occasione del numero 300 della rivista, che prese il nome da “L’Ultimo Buscadero”, il celebre film di Sam Peckinpah con Steve McQueen e Robert Preston, e chiesto consiglio su un buon disco da ascoltare, ha subito tirato fuori dal cassetto il CD appena stampato di Willie Nelson e Wynton Marsalis, “Two men with the blues” e me lo ha regalato, non prima però di avermi fornito la sua personale e coltissima “guida all’ascolto”.

Il suo negozio fu un punto di riferimento per il mondo rock europeo, come lo era stato quello del padre per la musica classica, tanto che lo scrittore lasciò Varese a sedici anni in “Ciao” ​​per andare a fare shopping il pirata canadese Rococos di Celibidache, ma Paolo Carù non si è dispiaciuto, mostrandosi “dalla vita in su” dietro il bancone simile ad un autore noir, di storie ambientate nelle province americane come nelle brughiere fuori Malpensa, ma anche ad un un bluesman della Louisiana o un poeta della East Coast, con la camicia fuori dai pantaloni e la barba un po’ incolta, incolta.

«Conoscevo Paolo da quando abbiamo imparato a suonare insieme il pianoforte a 10 anni, allora eravamo compagni di liceo. Quando tornavo dai miei viaggi in giro per il mondo gli portavo notizie di prima mano dei nostri cantanti all’estero, e lui le usava per il suo giornale. Ricordo che da ragazzi aspettavamo con ansia i pacchi di dischi che arrivavano dall’Inghilterra e poi andavamo ad ascoltarli a casa sua o nel primo, piccolo negozio di via Verdi. Nel 1963 uscì il mitico “She Loves You”, un 45 giri dei Beatles e rimanemmo quasi scioccati dalla sua forza rock”, racconta Adelfo Forni, scrittore ed ex produttore discografico.

«Pur essendo emotivamente colpito dalla malattia della moglie Anna, fotografa, memoria storica del “Buscadero” e organizzatrice culturale a Gallarate, Paolo apriva il negozio tutti i giorni, aiutato da tre collaboratori, sempre pronti a consigliare e trovare nuovi spunti per la rivista. Fino a qualche anno fa partiva d’estate per l’America con la moglie per partecipare a festival rock e country e incontrare amici e collaboratori”.

Un giornale, il suo, amico di lettori e artisti, fatto con passione, competenza e un pizzico di follia, capace di vendere fino a 20mila copie senza sussidi né aiuti statali: «Creiamo tanti articoli solo per il piacere di incontrare gente, di fare quello che gli altri non pensano», ci aveva detto Carù, con il sorriso di chi ne sapeva molto. Nel negozio di Piazza Garibaldi ti sei immerso in un’altra epocacon i vinili e la possibilità di ascoltare l’eventuale acquisto e parlarne con Paolo, o magari con un altro cliente, perché lì le passioni si incrociavano, dando vita talvolta ad accesi dibattiti.

In nome della musica e della cultura, a un binomio che Carù ha sempre difeso, così come la libertà di espressione.

 
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