“Il Rinascimento a Brescia”, un’affascinante mostra di storia e cultura – .

“Il Rinascimento a Brescia”, un’affascinante mostra di storia e cultura – .
“Il Rinascimento a Brescia”, un’affascinante mostra di storia e cultura – .

Storia, cultura sociale, cultura materiale e cultura visiva si intrecciano nel grande progetto “Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo 1512-1552” atteso per il prossimo autunno al Museo di Santa Giulia a Brescia. La mostra è stata presentata al pubblico in anteprima nel pomeriggio di giovedì 13 giugno presso il Palazzo del Podestà – Museo del Cinquecento di Bergamo, nell’ambito di un roadshow a tappe in cui ne vengono illustrati contenuti e caratteristiche.

“Un progetto molto accurato”, ha spiegato Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Brescia Musei, è intervenuto in un convegno a Bergamo per anticipare spirito e contenuti dell’iniziativa “Ci stiamo lavorando da quattro anni e doveva essere il culmine di Bergamo Brescia Capitale della Cultura, ma è stato rinviato per dare continuità. La grande mostra su Ceruti è il caso emblematico degli eventi realizzati per la Capitale, ma oserei dire che lo spirito di questo nuovo progetto è ancora superiore”.

I prestiti sono eccezionali, con il ritorno a Brescia di opere finite nelle grandi collezioni internazionali nel corso dell’Ottocento, dal Metropolitan alla Galleria Nazionale. “Da quando lavoro a Brescia ho sempre pensato che fosse opportuno affrontare la storia della nostra città partendo da questi capolavori”, ha sottolineato Karadjov. “Sarà un approccio entusiasmante e molto competente per il pubblico”.

Il 1512 è l’anno chiave da cui prende avvio una narrazione animata da fatti di cronaca e personaggi indelebili per la storia del territorio, non solo bresciano ma lombardo. È l’anno del “Carnevale di Sangue”, il tragico Sacco di Brescia da parte delle truppe francesi che devasta una delle città più popolose d’Europa (Brescia contava allora 60.000 abitanti, più di Roma) e lascia un segno molto profondo nell’immaginario collettivo. coscienza, ma anche quel senso di inquietudine che anche l’arte interpretava in quegli anni.

Ma il 1512 è anche l’anno di nascita di Fortunato Martinengo, soggetto di uno splendido ritratto del Moretto (proveniente dalla National Gallery di Londra) che è allo stesso tempo punto di partenza e di arrivo del racconto: “Fortunato – spiegò la curatrice Roberta d’Adda – fu uomo dalle qualità e dagli interessi poliedrici, frequentò accademie, ne fondò lui stesso una – l’Accademia dei Dubbiosi – conobbe Vittoria Colonna e Pietro Aretino, fu dedicatario di trattati musicali e amico di musicologi, commissario di opere dell’arte, uniti da legami di potere con l’Europa intera”. Sicuramente un gentiluomo rinascimentale molto poliedrico, assetato di esperienze di ogni genere, il cui ritratto “impressiona per la ricchezza descrittiva, per l’opulenza cromatica, per la particolarità della posa”.

La sua vivacità intellettuale è illustrata da un biglietto cucito sotto il cappello con la scritta in greco “ahimè, desidero troppo”. La sua vita è durata quarant’anni, vissuti intensamente, all’incrocio di eventi, temi, personaggi che hanno segnato un’epoca, tanto che il suo ritratto, con quell’espressione pensosa e assorta, sembra racchiudere dentro di sé i tumulti, le preoccupazioni e gli umori di tutto il Rinascimento bresciano. Per questo la sua figura è l’immagine guida del progetto espositivo, che comprenderà – oltre ai dipinti – oggetti di manifattura cinquecentesca come armi, oreficerie e strumenti musicali, tra cui un violino Amati del 1566, uno dei più antico del mondo, in prestito dal Cremona.

In mostra, tra i soggetti simbolo del territorio, il Gonfalone delle Sante Croci del Moretto, pezzo fortemente identitario per i valori in cui si riconosceva la Cattolica bresciana, tra santi patroni, croci, prelati, in un momento di grave crisi spirituale sconvolgimenti che nel corso del secolo dilaniarono la cristianità, e il Gonfalone della Madonna della Misericordia, in cui spicca il particolare del Disciplino che si toglie il cappuccio per vedere o farsi vedere meglio – un gesto che accomuna tutti il sapore di quella “pittura della realtà” così radicata nella nostra tradizione pittorica.

La galleria di opere, tra quelle esposte al Museo e quelle visibili nelle chiese della diocesi di Brescia, racconterà i valori di convivenza civile e di tensione spirituale di un’epoca fatta di contraddizioni tutt’altro che risolte nel semplice frase di “Rinascimento”. Tra i dipinti più interessanti sono attesi la “Dama in bianco” del Moretto, proveniente da Washington, forse da identificare con Eleonora Gonzaga di Sabbioneta, protagonista di uno dei matrimoni più sontuosi di quegli anni, e un capolavoro di ispirazione arcadica di Savoldo. da Los Angeles, il “Pastore con flauto”, proveniente dal Paul Getty Museum.

La mostra inaugura il 18 ottobre e resterà aperta per quattro mesi. A sostegno del progetto, una ricchissima serie di iniziative collaterali e incontri per avvicinarsi ai contenuti. Per aggiornamenti e informazioni, [email protected] e 0308174200.

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