UE, von der Leyen trema per il voto del Parlamento con una risicata maggioranza – .

UE, von der Leyen trema per il voto del Parlamento con una risicata maggioranza – .
UE, von der Leyen trema per il voto del Parlamento con una risicata maggioranza – .

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dopo aver ricevuto la benedizione del Consiglio europeo – con l’opposizione dei primi ministri di Italia e Ungheria, Giorgia Meloni e Viktor Orban – ora deve conquistare quella del Parlamento europeo. E non sarà una partita facile. Il D-Day del voto è il 18 luglio, nella prima plenaria di questa legislatura a Strasburgo. Il 16 si voterà la presidenza del Parlamento europeo. Il punto di partenza resta quella che viene chiamata la ‘piattaforma’ dei popolari, dei socialisti e dei liberali. Calcolatrice alla mano, sono 188 i voti del Ppe; 136 di S&d e 75 di Renew. In totale 399 su 720. La maggioranza assoluta necessaria è 361. I 38 voti di margine non bastano per affrontare con serenità la prova dello scrutinio segreto. Il Parlamento uscente si chiude con una ‘maggioranza Ursula’ a 417 seggi. E chi prova a fare pronostici tiene conto di una percentuale di cecchini del 10-15%: in valori assoluti sono in gioco una cinquantina di voti. Al congresso del PPE a Bucarest von der Leyen è stato nominato spitzenkandidat con una percentuale di cecchini del 18%. La delegazione francese dei repubblicani (sei seggi) e quella slovena dell’ex primo ministro Janez Jansa (quattro seggi) hanno già annunciato il loro voto contrario. Cinque anni fa il leader tedesco ottenne il consenso con uno scarto di soli nove voti, grazie tra l’altro al sostegno della delegazione del Movimento 5 Stelle (14 seggi allora, 8 oggi) e del Pis polacco dell’ex primo ministro Mateusz Morawiecki, ma ora certamente contrari (25 seggi nel 2019, ora 20).

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Sono giorni intensi di confronto per von der Leyen. Ormai è quotidianamente nei corridoi del Parlamento: ha già incontrato le presidenze di S&D e Renew. Il 4 luglio parteciperà a un incontro con tutte le presidenze dei gruppi. Ha già in agenda un appuntamento con i Verdi e parlerà sicuramente con il gruppo della Sinistra. «Andrò da tutti quelli che mi inviteranno», ha assicurato. Nella scorsa legislatura non ha parlato solo con il gruppo Identità e Democrazia (che comprende la Lega e il National Rassemblement francese). L’obiettivo della presidente che aspira al suo secondo mandato è «costruire una larga maggioranza per un’Europa forte» e per farlo punta a convincere i parlamentari uno a uno. «Discuterò con i singoli eurodeputati e con le delegazioni nazionali, perché il voto spesso avviene in base al Paese di appartenenza». Dunque, per fare un’ipotesi, von der Leyen potrebbe confrontarsi con la delegazione di Fratelli d’Italia (24 deputati) e non con quella del Pis, anche se entrambe hanno sede nel gruppo conservatore Ecr.

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Nella scorsa legislatura hanno votato in linea con la maggioranza di Ursula nell’80% dei casi. Tuttavia, il presidente del gruppo del Ppe, Manfred Weber (che è anche presidente del partito), continua ad accusarli di essere “inaffidabili” perché ad esempio hanno votato contro la riforma del Patto di stabilità e contro il Patto per le migrazioni e l’asilo. Loro rispondono che l’affidabilità è garantita con un ingresso maggioritario. In ogni caso, quei dossier sono stati invece approvati – seppur con qualche distinguo – da Fratelli d’Italia. Gran parte del partito popolare preferirebbe poter contare sull’appoggio esterno di Fratelli d’Italia e parte dei conservatori anziché accogliere i Verdi nella maggioranza di Ursula perché a quel punto il Ppe finirebbe in minoranza, soprattutto sui temi del Green deal: la maggioranza allargata ai Verdi avrebbe 453 seggi di cui “solo” 188 sarebbero del Partito popolare. Nessuna delle due opzioni è esente da rischi: i Verdi chiederanno di non fare marcia indietro sulle politiche climatiche e questo potrebbe creare attriti con il Ppe, mentre gli ultraconservatori con cui Meloni condivide il gruppo sono una linea rossa per socialisti e liberali. Per convincere Meloni, von der Leyen potrebbe mettere sul tavolo – in modo del tutto informale per non aprire la porta a richieste da altri Paesi – l’offerta di una vicepresidenza o di un commissario importante nella prossima squadra del Collegio, in linea con il ruolo dell’Italia. Una volta confermata, von der Leyen dovrà avviare ufficialmente le trattative per formare la sua nuova squadra. Tuttavia, se von der Leyen non dovesse superare il muro di Strasburgo, si aprirebbe una crisi istituzionale senza precedenti. La sua candidatura decadrebbe e i leader del Consiglio europeo dovrebbero riunirsi di nuovo entro un mese, in piena estate, per proporre un altro candidato.

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