“Frutta e verdura sono in difficoltà, ma la distribuzione farà la sua parte” – .

“Frutta e verdura sono in difficoltà, ma la distribuzione farà la sua parte” – .
“Frutta e verdura sono in difficoltà, ma la distribuzione farà la sua parte” – .

Ortofrutta e GDO, un rapporto difficile. Il tema prezzi è un campo minato, il tiro alla fune tra acquirenti e fornitori è prassi quotidiana, l’andamento dei consumi è preoccupazione comune. Federdistribuzione continua a ripetere che i consumi non sono in ripresa. “Restano fragili in un contesto ancora caratterizzato da incertezza e debolezza nella capacità di spesa delle famiglie”.

Claudio Mazzini, responsabile Freschissimi di Coop Italia, frutta e verdura sono migliori o peggiori delle altre?

“Conosciamo il contesto economico, l’inflazione non si allenta ancora, siamo in una fase che potremmo definire di deinflazione, ma i prezzi al consumo sono ancora decisamente più alti rispetto a due anni fa e i consumi, almeno di frutta e verdura, sono diminuiti dal 2020 al 2023 di quasi 7 punti, che in volume significa 400mila tonnellate in meno di frutta e verdura. Certo siamo diventati più virtuosi e sprechiamo meno, ma purtroppo questo significa un ulteriore allontanamento dalle 5 porzioni consigliate per una dieta sana, solo consumi fragili, ma maggiore polarizzazione, nomadismo tra i brand alla ricerca di offerte e maggiore convenienza. Il primo trimestre vede una timida ripresa, ma con un clima così incerto anche fare previsioni diventa più complicato che in passato”.

Frutta e verdura soffrono gli effetti del cambiamento climatico (minore produzione), un aumento medio dei prezzi e molti lamentano anche una scarsa qualità organolettica. Come uscirne?

“Il cambiamento climatico è la vera grande emergenza del settore, perché a differenza di altri settori, l’ortofrutta, fatta eccezione per alcuni prodotti, non ha capacità di stoccaggio; ogni evento, sempre più estremo, ha effetti diretti su produzione e consumi. Non solo sono aumentati i prezzi medi, ma è aumentata la variabilità stessa della qualità. Faccio un esempio: in Sicilia non piove in modo significativo da giugno 2023, praticamente da 12 mesi e, almeno sui nostri scaffali, la Sicilia è il primo produttore con un’incidenza superiore al 17%. Questo significa non solo una minore produzione ma anche mettere a rischio il futuro di interi distretti produttivi che, a differenza di un’industria, non possono essere spostati altrove, perché i pomodori di Pachino e le arance Tarocco devono le loro caratteristiche uniche all’unicità del luogo. Non c’è via d’uscita, almeno non nel breve periodo e senza investimenti importanti. Un distretto agricolo non può essere spostato”.

L’Italia è diventata importatrice netta di frutta e verdura in quantità. Il mondo manifatturiero chiede più spazio sugli scaffali per i prodotti Made in Italy. Cosa dice Coop Italia?

“Per noi viene prima il prodotto locale, quello prodotto possibilmente vicino ai nostri punti vendita, poi quello regionale e nazionale, che rappresentano oltre il 90% delle vendite se si escludono i prodotti tropicali. Per noi il baricentro è e sarà italiano, le importazioni sono eventi estemporanei o in caso di mancanza di prodotto o in caso di copertura di periodi in cui l’Italia non produce. Non credo che più spazio sia possibile, è invece possibile avere spazio con maggior valore, e su questo lo confermano i dati degli ultimi anni che dicono che nonostante l’aumento dei prezzi, l’incertezza della produzione, il calo dei consumi, i prodotti di ottima qualità, mi riferisco alla nostra linea Fior Fiore, sono in continuo aumento, perché quando il consumatore riconosce una qualità maggiore e costante, è disposto a riconoscere anche un prezzo più alto. La produzione nazionale ha ancora molti margini in questo senso se saprà lavorare con coerenza in questa direzione”.

Al settore ortofrutticolo viene sempre più richiesta più innovazione e più aggregazione, più capacità di progettazione. Non è stato fatto abbastanza finora?

“Questo è un punto dolente, è chiaro che per competere, per innovare, per affrontare le sfide dei nuovi mercati, bisogna aggregare volumi, fare economie di scala, avere una postura diversa, ce lo hanno insegnato i nostri amici spagnoli. Purtroppo, se escludiamo alcuni casi di successo (penso alle mele ad esempio), la tendenza è ancora quella di essere tante teste di sardina piuttosto che la pinna di un grande squalo. Questo limite, credo in parte culturale, prima di tutto, va superato. L’arrivo massiccio della finanza anche in agricoltura (nell’agroindustria c’è da tempo) sta cambiando i paradigmi, ma anche togliendo quella capacità di innovare e cogliere le opportunità tipica dell’imprenditoria nazionale, bisogna cercare modelli di aggregazione che mettano insieme volumi e risorse, lasciando ai singoli la possibilità di fare impresa. Gli strumenti ci sono, la UE li finanzia pure, mi riferisco all’AOP che è stato applicato di recente nel mondo delle pere”.

È anche vicepresidente dell’OI-Organismo interprofessionale Ortofrutta Italia, luogo di incontro per tutta la filiera. Il mondo della produzione e della grande distribuzione sono pronti a una collaborazione leale, superando le continue e spesso sterili polemiche?

“Sì, lo sono, e lo sono da molto tempo, da prima del mio mandato, ma anche in questo caso dobbiamo superare il dilemma dell’apparizione di Ecce Bombo, ricordate? Sarò notato di più se vengo e resto in disparte o se non vengo affatto? Quando riusciremo a superare questo dilemma avremo un luogo di confronto leale, collaborazione, progettazione e crescita di questo meraviglioso settore. Nella mia esperienza, le controversie non riguardano mai i contenuti, il cosa fare, ma sempre il come, il territorio proprio o presunto tale da tutelare”.

 
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