«Nuovo logo di Latina? È quello che fanno tutti, dateci tempo» – .

«Nuovo logo di Latina? È quello che fanno tutti, dateci tempo» – .
«Nuovo logo di Latina? È quello che fanno tutti, dateci tempo» – .

Prima la Juventus, con la doppia “J” al posto dello storico stemma ovale. Poi è stata la volta dell’Inter, che ha abbandonato le lettere “F” e “C” per fare spazio solo alla “I” e alla “M”. Una rivoluzione estetica per presentarsi al mondo in maniera più moderna e iconica attraverso il logo ufficiale, che nei giorni scorsi ha interessato anche il Latina Calcio, che ha detto addio alla torre comunale e alla data di nascita della città per esaltare il volto di il Leone Alato di San Marco.

L’obiettivo? «Mantenere l’identità creando prospettiva ed esportare il brand all’estero» ha spiegato ieri Daniele Botti, amministratore delegato di Modì, l’agenzia di comunicazione che lo ha ideato. «Le linee del nuovo marchio si ispirano ai metodi architettonici della città, in stile razionalista – ha spiegato Botti, che ha tenuto a precisare la similitudine con quello del Venezia: «Il club lo ha di fatto abbandonato, lasciando a noi la possibilità di “appropriarcene” rendendolo coerente con le esigenze progettuali, restituendo a Latina il suo autentico Leone Alato. Abbiamo mantenuto le iconiche strisce nere e blu, giocando con la tonalità oro per conferirgli la maestosità che merita.”

Una scelta che non tutti i tifosi latini hanno apprezzato. Questo spiega la conferenza stampa, diciamo “riparatrice”, ma anche la protesta avvenuta fuori dai cancelli dello stadio.

«Si tratta di un progetto più ampio per dare maggiore visibilità a Latina a livello internazionale – ha provato a rilanciare il direttore generale Biagio Corrente -. Un rebranding che dà una ventata di novità: una società moderna non può non tenere in considerazione anche il mondo dei millennials”. Impossibile far finta di nulla e ignorare che il nuovo logo non ha scaldato il cuore dei tifosi che anche ieri non hanno mancato di esprimere il loro disappunto, soprattutto per le modalità di comunicazione.

“Non c’era malafede nel non volerli coinvolgere – la risposta dell’azienda -. Possiamo comprendere l’amarezza e il senso di spaesamento, ma è stato fatto per il bene della società e del suo posizionamento sulla scena internazionale, nel massimo rispetto della città e di quanto fatto fino ad oggi. Anche il presidente Marani ci ha chiamato: solo così si può innovare, andando oltre i 90 minuti in campo. Crediamo che questo percorso possa portarci a dei risultati: il tempo dirà se abbiamo sbagliato oppure no”. “Il racconto del processo è stato fatto nei giorni precedenti al lancio – ha voluto precisare il responsabile marketing Francesco Terracciano -. Basti pensare all’ufficializzazione della collaborazione con Modì ed EZ, che hanno questo tipo di operazioni tra i loro tratti distintivi. La trasparenza nei confronti dei nostri tifosi è stata massima: volevamo dare alla piazza qualcosa che fosse un’identità. Poi si entra nel giudizio estetico, dove nessuno ha davvero ragione e, soprattutto, ci vuole tempo per interiorizzare la novità. Cerchiamo di elevarci a punto di riferimento per l’intera provincia, raccontando una storia anche fuori nazione attraverso il linguaggio del calcio”. “Non c’è reazione internazionale che possa compensare la delusione dei tifosi – ha aggiunto Botti -. D’altronde, quando si parla di brand, il tempo è gentiluomo. Penso al lupacchiotto romano di Gratton che oggi, dopo tanto tempo, è tornato di moda. Nel sistema del marchio un vecchio logo non scompare mai, ma diventa parte della storia”.

Fabrizio Scarfò

© TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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Il Messaggero

 
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