cultura, contrasti e futuro – .

cultura, contrasti e futuro – .
cultura, contrasti e futuro – .

In questi giorni ho avuto il piacere di sperimentare un modo di fare cultura, coinvolgendo trasversalmente un territorio e partendo da una narrazione alta.

L’occasione sono stati i duecento anni del Duca di Salaparuta a Villa Cattolica al Museo Renato Guttuso di Bagheria, ma in realtà è stata coinvolta Solunto, le Ville della zona e le Terme Diana di Cefalà e molto altro ancora.

La scusa – e che scusa – un film documentario prodotto appositamente e proposto al pubblico “La teoria dei contrasti” diretto da Carlo Loforti, una narrazione diversa e autentica, nulla di autoreferenziale ma in una direzione ostinata e contraria per raccontare un territorio ricco di storia ma per troppo tempo abbandonato a se stesso.
E che un’azienda decida di uscire dal suo perimetro e di partire per prima con un vettore come un documentario ricco di testimonianze (Rosario Lentini, Alessandro Bazan, Arrigo Musti, Paolo Pintacuda, Michele Ducato, Nico Bonomolo, Ignazio Buttitta) è un segnale importante: forse è il momento di cambiare passo.
L’esigenza di raccontare una delle cento Sicilie care a Bufalino e di sgombrare il campo, cito un amico e la quarta di copertina di un saggio pubblicato qualche anno fa


«Non sopporto più Verga, Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Sciascia. Non sopporto più i vinti; uno, nessuno e centomila; i leopardi; gli uomini, i mezzi uomini, gli ometti, i leccaculo e i ciarlatani. E sono stanco del Padrino, parte prima e parte seconda, di Sedotta e abbandonata, di Divorzio all’italiana, dei marescialli sudati e dei baroni in lino bianco. Non sopporto più la Sicilia. Non quella vera, perché mi piace ancora percorrerla con la stessa frenesia che prendeva Vincenzo Consolo ogni volta che tornava. Non sopporto più la Sicilia immaginaria, costruita e ricostruita dai libri, dai film, dalla fotografia in bianco e nero. Oggi c’è una Sicilia diversa. Basta raccontarla.»

Gaetano Savatteri _ La Sicilia di una volta non c’è più Edizione Laterza

La parola scritta, una sceneggiatura, le tante testimonianze e un filo conduttore che accompagna man mano la narrazione e quel filo si chiama amore per la propria terra in una forte tensione a guardare al futuro attraverso il presente.
Una preghiera immensa (cit.) per affermare con forza che questo tempo ha bisogno di essere abitato da più soggetti coinvolti con l’arco in un’unica direzione e dove una cantina sorregge un Museo ma ha bisogno della follia di una Villa animata da mostri irriverenti, dove si sente la forza della storia di un Parco (Solunto) o delle Terme arabe di Cefalà Diana in terra di Sicani ma tutto è coerente: millenni di storia in pochi chilometri quadrati.
È autentica poesia, la lucida follia di avere il coraggio di esporsi per andare oltre, contaminando la comunità circostante.
Conosciamo la storia offesa di un territorio, la conosciamo stancamente e non la puoi più far leva, nessuno ti ascolta più.
Diverso recitare con un coro di attori che viaggiano a velocità diverse per sensibilità per pensieri e scartando di lato racconta, mi piace pensare che quel tempo che Faber racconta sia finito


Recitare un rosario di piccole ambizioni
Di paure millenarie, di astuzia inesauribile
Coltivare pacificamente l’orribile varietà
Del loro orgoglio, la maggioranza si erge

Siamo Isole nell’Isola e basta restare e difendere conquiste di posizione oggettivamente indifendibili, conosciamo la realtà e fuori da essa c’è quella Sicilia unica e meravigliosa che dobbiamo ripercorrere attraverso un racconto di indagine di poesie quel vasto territorio che non finirà mai di stupirci, rendiamogli onore. La passione non si trasmette attraverso il DNA – è sciocco anche solo pensarlo – concentriamoci su suggestioni e frequenze poco studiate e crediamoci; siamo una terra di contrasti spesso letti al contrario.

Come laico, mi hanno colpito alcune parole di Papa Francesco e un breve brano dell’enciclica del 2020 “Fratelli tutti”

(224) “La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra nei rapporti umani, dall’ansia che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno il diritto di essere felici.
…La pratica della gentilezza non è un dettaglio secondario né un atteggiamento superficiale o borghese. Poiché presuppone stima e rispetto, quando si crea cultura in una società essa trasforma profondamente lo stile di vita, le relazioni sociali, il modo di discutere e confrontare le idee”.

Il pronome Noi per provare a volare, ragionando per Isole ha mostrato limiti chiari, l’indicazione è la gentilezza di fare a meno di strade machiavelliche.
Andare sempre oltre, questo è lo Zeitgeist che ci deve animare (spirito del tempo, rendiamo omaggio a Goethe che tanto ha raccontato di noi); la nostra Isola come parte del tutto e che può raccontare altre storie: pensare globalmente, agire localmente ma con parole nuove perché viviamo in tempi connessi ed è doloroso restare ancorati a un passato drammatico.

Giuseppe Prode

 
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