“Voglio vederla un’ultima volta.” Ma quando arrivò era troppo tardi – .

“Voglio vederla un’ultima volta.” Ma quando arrivò era troppo tardi – .
“Voglio vederla un’ultima volta.” Ma quando arrivò era troppo tardi – .

PADOVA – La morte improvvisa della dottoressa Margherita Salvucci, 28 anni, avvenuta venerdì in seguito ad un incidente in mare sull’isola portoghese di Madeira, ha profondamente scosso le grandi famiglie dell’Azienda Ospedaliera e dell’Università di Padova, a cominciare da la Scuola di Specializzazione e l’intera Unità Operativa di Psichiatria. Una giovane e promettente professionista, originaria delle Marche ma che viveva a Padova dove aveva deciso di mettere radici: presa residenza da poche settimane, nei prossimi mesi era pronta a trasferirsi con il suo ragazzo (e collega) veneziana e di dare una svolta alla sua già brillante carriera con il tanto desiderato posto a tempo indeterminato. I sogni si sono infranti giovedì pomeriggio contro gli scogli di Seixal, dove è stata inghiottita da un’onda.

Margherita Salvucci, per lei una targa e un albero

Ieri mattina, più di settanta colleghi di Margherita si sono incontrati online per ricordarla e iniziare a elaborare un lutto difficile da accettare. La 28enne, cresciuta a Colmurano (Macerata), era giunta a Padova per studiare Medicinale. Si è laureata brillantemente a luglio 2021 e non ha mai lasciato la città del Santo. Era al terzo anno di scuola di specializzazione Psichiatria e ha lavorato in cliniche per la prevenzione delle malattie mentali e dei disturbi affettivi, dove ora c’è una grande mobilitazione per ricordarla. “Viviamo una situazione altamente traumatica – ha spiegato il professor Fabio Sambataro, direttore della Scuola e relatore della tesi di Margherita -. Accettare una perdita del genere è ancora più difficile per chi fa il nostro lavoro. Abbiamo creato bacheche virtuali e reali per i nostri ricordi con lei, a lei vorremmo dedicare una targa e un albero a simboleggiare la persona vivace, solare, interessata che era, e che continuerà a crescere insieme a noi ogni giorno. Vorremmo anche intitolare a lei un premio o magari una Giornata dello Studente di Specializzazione. Coinvolgendo anche la sua famiglia, se vogliono. Nel frattempo, a partire da mercoledì, organizzeremo altri incontri e momenti di riflessione e ricordo. Tutto ciò che di bello fu Margherita va ricordato”. I funerali richiederanno tempo (almeno un paio di settimane), ma quando sarà fissata la data saranno presenti Sambataro e una delegazione da Padova: “Vorremmo portare tutti i nostri compagni del terzo anno, confidiamo che saranno tanti di noi”, ha spiegato il professore. Ieri anche la rettrice Daniela Mapelli ha dedicato un pensiero a Margherita: “La notizia ha toccato profondamente l’intera grande comunità che forma l’Università di Padova. È difficile anche solo provare ad immaginare il dolore della famiglia di Margherita, del suo fidanzato, dei parenti e degli amici. Esprimiamo la nostra solidarietà a tutti loro, così come ai nostri colleghi della psichiatria, sconvolti da quanto accaduto.”

Il crepacuore del fidanzato

Il gruppo di Psichiatria tutela anche il fidanzato di Margherita, il veneziano Marco Romanelli, che lavora nella stessa clinica. “È un ragazzo esemplare, sta attraversando un momento devastante” spiega Sambataro. Giovedì è stato informato dell’incidente e da allora è rimasto in costante contatto con i medici portoghesi, essendo lui stesso medico e parlando un buon inglese, facendo da intermediario con i genitori e la sorella di Margherita, che sono in vacanza con lei. Sapeva che la sua ragazza versava in condizioni gravissime. “Voglio andare a vederloanche se sarà l’ultima volta” confidava venerdì ad amici e colleghi salendo sul primo aereo disponibile per Madeira. Quella mattina Margherita se n’è andata, ma nessuno ha voluto dirglielo finché non è arrivata sull’isola in serata. Lì lo ha accolto la brutta notizia. Con lui la 28enne aveva deciso di mettere radici in Veneto. Tre settimane fa avete preso residenza a Padova. Presto sarebbero andati a vivere insieme. «Non avevano tempo – commenta con voce rotta il professore -. Margherita aveva vinto un concorso a tempo indeterminato all’Ulss 3 veneta e avrebbe iniziato a lavorare nell’autunno 2025. Tra due settimane sarebbe tornata qui da noi, poi ad agosto doveva andare a Bolzano e poi in Canada fino alla primavera, prima di tornare per finire tesi e tirocini. Era emozionata per questo viaggio in famiglia perché non avrebbe più potuto stare con i genitori per un po’. Era una professionista e una persona meravigliosa, i pazienti le volevano bene. Se c’erano casi delicati la indicavo sempre. Non la dimenticheremo».

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