3 tesori (inaspettati) nel borgo in Sicilia – .

Voci popolari (documentate) dicono che sia stata fondata su tre pilastri. Vi portiamo in un tour che nasconde sorprese

“Alcuni luoghi sono un enigma. Altri una spiegazione.” Le parole di Fabrizio Caramagna sono le “vere” e “uniche” protagoniste della visita al Monte Castellaccio di Santa Ninfa.

E all’improvviso, come in una fiaba, tutto ha avuto inizio grazie ad una foto […].

L’immagine ritrae la piccola cittadina di Ninfa Sacra nel lontano 1860. Un piccolo villaggio, con poche case, strade strette e lassù, in cima, un castello.

Voci popolari (documentate) dicono che sia stata fondata Santa Ninfa tre capisaldi.

Quale? Il monte, la croce e il castello stesso. Addentrati nelle prime nozioni, tra gli obiettivi prefissati senza ombra di dubbio c’è quello di ritrovare (eventualmente) tracce dell’antica struttura. Invece, anche eliminando possibili omonimie con altri luoghi (tra cui il Castellaccio di Monreale), la visita regala emozioni ben lontane da quelle attese.

Giunti a Santa Ninfa e percorso un breve tratto della strada statale 119, le ultime case segnano la fine del paese e l’inizio del bosco ad esso adiacente.

Avv

Indicazioni per Monte Finestrelle possono ingannare i visitatori, ma un bivio improvviso segna la separazione tra i due luoghi. Ancora un centinaio di metri e, lasciato il mezzo, in lontananza, su una collina, i tuoi occhi scrutano una “garitta forestale”.

I vigneti e gli uliveti arricchiscono un paesaggio tutto da scoprire, nascosto tra i territori di Santa Ninfea e Gibellina. La prima parte – sullo sterrato – alimenta “aspettative di speranza”. Dopo un paio di curve inaspettate, il paesaggio cambia pelle e il giallo diventa il colore predominante.

I Monti Gibellinesi provano a scuotere le coscienze degli intrepidi visitatori. Le periferie di Santa Ninfese sono un lontano ricordo e ormai prevale il comune di GibellinaUna fortezza domina la collina come a segnare i confini territoriali.

Ancora poche centinaia di metri e dopo una “ripida salita” si vede il Foresta di Finestrelle. Uno scatto, anche se ne meriterebbe molti altri. Il viaggio continua imperterrito e la storia del “Castello” è ancora tutto da scrivere.

Il sentiero giusto è segnato dalla presenza di un cancello verde. È quello giusto, rappresenta uno dei tanti ingressi/uscite dei sentieri forestali. Fin dai primi passi si respira un’aria diversa, pura. Le caratteristiche da annotare sul quaderno delle sorprese cominciano a fioccare.

Il bosco – controllato dal Demanio Forestale 3 – è caratterizzato da un sentiero principale e da alcune deviazioni. Questi ultimi rendono piacevole la passeggiata.

Sui versanti prevale la vegetazione, in molti casi fitta e in altri – a causa degli incendi passati – in attesa di consolidarsi. In mezzo alla vegetazione ci sono strutture nascoste (bagli? No). Il conteggio diventa improbabile (alcuni di essi sono stati coperti dalla natura stessa). Presumibilmente (?) si trattava di un antico borgo agricolo fondato per rilanciare il settore.

Una deviazione consente di salire su una piccola collina, in presenza di forme calcarenitiche ancora da decifrare (quarzite?). Queste ultime sono visibili anche all’interno della Bosco di Torello e nella zona “Monte” di Castelvetrano. Sguardi attenti “penetrano” una serie di buchi particolari.

L’elemento archeologico diventa una prerogativa. L’incuria ha seppellito parte degli scavi, ma gli oggetti ritrovati hanno segnato un periodo storico importante.

Buona parte dei reperti si trova infatti all’interno del Castello Rampinzeri, dove Museo dei reperti preistorici, protostorici e paleontologici. Sono ospitate le collezioni relative al Paleolitico superiore (Epigravettiano finale) e lo splendido cratere frammentario con ceramica geometrica incisa della facies Protoelima.

Giunti al penultimo gradino, con annessi riferimenti storici, la meta finale è la vetta. La salita è breve, anche se “leggermente” impegnativa. Manca poco e la cima del Castellaccio è conquistata. A 500 metri sul livello del mare, il respiro affannoso lascia spazio alle emozioni.

I battiti aumentano davanti all’incantevole paesaggio che ruota a 360°. La campagna trapanese ne avvolge parte e in lontananza, non molto, si stagliano dalla “massa agricola” le forme imperfette delle montagne.

È giunto il momento della discesa. Semplice, senza alcuna difficoltà. A poco a poco la struttura in alto diventa un minuscolo elemento di un quadro perfetto. La mente ripercorre velocemente le considerazioni finali, le fasi conclusive, altrimenti corriamo il rischio di rimanere intrappolati nella bellezza del Monte Castellaccio.

 
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