ecco come si sta perdendo il (piccolo) talento del nostro calcio – .

ecco come si sta perdendo il (piccolo) talento del nostro calcio – .
ecco come si sta perdendo il (piccolo) talento del nostro calcio – .

Come è possibile che un movimento calcistico all’avanguardia nelle competizioni giovanili non giochi un Mondiale dal 2014? E che esca in disgrazia dall’Europeo di Germania, rifiutandosi di difendere il titolo conquistato a Wembley solo tre anni fa? Che non giochi un Mondiale a eliminazione diretta dalla finale di Berlino 2006? E soprattutto: chi è il responsabile della dispersione di talenti nel passaggio definitivo dall’allevamento alla produzione?

Premesso che il flop dell’Europeo è stato innanzitutto una questione di errori di chi ha gestito la Nazionale nel mese di preparazione e poi in Germania (scarse condizioni fisiche, confusione tattica, giocatori come paralizzati dal caos e dalla paura), il dibattito è tornato a spostarsi sulla progressiva perdita di competitività del nostro calcio. Nel mirino c’è la FIGC di Gabriele Gravina. Sul banco degli imputati ci sono i club di Serie A, poco disposti però a farsi additare come responsabili dell’impoverimento dell’Italia.

In mezzo ci sono i numeri, che mentono raramente. E che nel caso dell’Italia spiegano perché le nazionali da Marcello Lippi in poi abbiano avuto sempre meno materiale umano a disposizione, fino al paradosso che la Serie A è il campionato tra i massimi campionati d’Europa in cui i giocatori selezionabili sono in percentuale inferiore insieme alla Premier League inglese. Come se il filo tra il bacino dei giovani talenti che resiste e il calcio dei grandi si spezzasse di continuo, disperdendo un patrimonio di potenzialità che non riesce a emergere.

SERIE A PIENA DI STRANIERI (MA QUALCUNO HA MIGLIORATO ANCHE IL NOSTRO)

Il campionato italiano non è per… gli italiani. Nella scorsa stagione, solo il 37,6% dei minuti giocati è stato giocato da atleti eleggibili per le nazionali italiane. Il resto (62,4%) è stato coperto da stranieri con una percentuale altissima anche tra le grandi, se è vero che il Milan, per la prima volta nella storia, non ha avuto nessuno convocato dall’Italia per un torneo importante. C’è stato il blocco italiano dell’Inter, un’inversione di tendenza, qualche segnale dalla Juventus e poco altro. Solo la Premier League ha fatto peggio di noi in Europa con il 36,9% di minuti inglesi. Nella Liga la proporzione si è invertita: 60,9%.

Il sindacato dei calciatori ha condotto una battaglia contro il Decreto Crescita (sgravi fiscali per chi arriva dall’estero) e alla fine il Governo lo ha rimosso, nonostante le proteste della Lega Serie A. È stata soprattutto una guerra ideologica. Va ricordato, infatti, che il Decreto Crescita era già in vigore nel 2021 quando Mancini ci fece vincere l’Europeo e che, oltre ad alcuni giocatori scarsi, in Italia sono arrivati ​​anche campioni che ci hanno permesso di tornare ai vertici nelle coppe nelle ultime tre stagioni: la vittoria dell’Atalanta in Europa League nel 2024 e della Conference League 2022 della Roma, le finali di Champions League dell’Inter (2023), l’Europa League della Roma (2023), la Conference League della Fiorentina (2023 e 2024), tre semifinaliste nelle varie coppe e il secondo miglior ranking UEFA.

Invece di difendere gli interessi di bottega, gli stipendi e il lavoro degli italiani di basso valore, sarebbe stato più intelligente mantenere le agevolazioni fiscali alzandone il tetto, in modo da incentivare solo i migliori; la FIGC ci ha provato, ma il vento soffiava nella direzione opposta.

GIOVANI POCO USATI

Seconda nota dolente: i giovani giocano poco. Molto poco, anzi. I dati del CIES dicono che nessun azzurro è presente nella top twenty Under 20 per impiego nell’ultima stagione. Scorrendo la classifica, Kayode della Fiorentina compare con i suoi 2.586 minuti, lontano dalla vetta (Joao Neves del Benfica 4.905′) seguito, per quanto riguarda la Serie A, dall’argentino del Bologna Santiago Castro (1.913′) e dal turco della Juventus Kenan Yildiz (1.873′). Tre su 100: un’ammissione di colpa per chi ha portato avanti queste scelte, non per chi ha dovuto fare i conti con l’eredità del proprio campionato di riferimento.

La Serie A investe nelle giovanili, ma poi abbandona i frutti dei propri sforzi. Solo il 5,5% dei minuti totali è stato garantito dai cosiddetti ‘Club Trained’, prodotti dei settori giovanili dei club, contro il 19,6% della Spagna e il 18,3% della Svizzera. Solo Grecia e Turchia sono più in basso di noi. A pari merito con le altre, però, ci sono anche Francia (14,9%) e Belgio (14,8%).

TANTI STRANIERI ANCHE NEI CAMPIONATI MINORI

Chi pensa che il problema sia solo la Serie A sbaglia. Nell’ultima stagione di Serie B gli stranieri hanno raggiunto il 33,2% delle rosa: 265 su 798. Difficilmente di un livello così alto da giustificarne l’impiego. Nel 2023 erano di più, ma il trend è in crescita costante da qualche anno. E la Lega Serie B si batte furiosamente per chiedere alla FIGC di liberalizzare il tesseramento del primo giocatore extracomunitario per ogni squadra; il tutto mentre è pronta a fare causa alle squadre B che sono la piccola/grande riforma che finalmente sta prendendo piede: dopo la Juventus c’è stata l’Atalanta e ora il Milan. Bisognerebbe spingere, invece siamo trincerati nelle nostre posizioni di reddito e il sistema sta soffrendo.

La Primavera è anche piena di giocatori non convocabili dalle nazionali italiane. Non come si dice in giro (il Lecce campione d’Italia 2023 senza italiani è un’eccezione), ma comunque con una progressione impressionante: dal 29,2% del 2021 siamo arrivati ​​al 32,4% del 2024 per la Primavera 1 che è il top della categoria.

GLI AZZURRI ALL’EUROPEO SENZA ESPERIENZA

Risultato: la Serie A ha mandato all’Europeo 68 giocatori, che non è poco. Anzi. Vuol dire che non è vero che gli stranieri che vengono da noi sono scarsi: spesso sono un arricchimento. Il problema è che l’Italia di Spalletti è stata, dopo l’Inghilterra, la squadra che ha pescato meno dagli altri tornei (12%), il che significa aver avuto come bacino di riferimento solo i giocatori selezionabili dalla Serie A, che, come dimostrato prima, sono troppo pochi. Spagna (27%) e Francia (68%) indicano che la strada giusta è un’altra.

Abbiamo quindi schierato una nazionale giovane (solo due under 30), inesperta con una media di 21 presenze a giocatore contro le 35 della Germania, le 34 della Francia, le 43 della Svizzera e il record di 45 della Croazia. Moltiplicato per 26 giocatori convocati, significa un divario di oltre 600 tappi di essere gettati in campo con tutto il peso dell’esperienza necessaria per navigare nei mari tempestosi di un grande evento. Lo stesso divario in termini di minuti giocati in Champions League durante tutta la loro carriera: 24.808 per gli italiani, 82.797 per i tedeschi, 73.139 per i portoghesi, 59.314 per i francesi e così via. Un confronto imbarazzante nato dalle legittime scelte dei club.

Torniamo quindi alla domanda iniziale. Chi è il responsabile della dispersione di talenti (pochi o tanti) che esiste in Italia a livello giovanile? Chi dovrebbe battersi il petto e dire mea culpa e chi, quantomeno, dovrebbe evitare di lucrare su posizioni di presunto vantaggio dopo il flop dell’Europeo, cercando di ragionare e lavorare come sistema anziché spingere per la resa dei conti?

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